Fondi, duello Lega-M5S. Al Colle vertice con Draghi

Fondi, duello Lega-M5S. Al Colle vertice con Draghi
di Alberto Gentili
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Venerdì 5 Ottobre 2018, 08:44

ROMA Il presidente della Bce Mario Draghi ha incontrato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si sono visti mercoledì. Un colloquio che sarebbe stato promosso dallo stesso Capo dello Stato nelle ore in cui la reazione dei mercati e dello spread al Def stava destando le maggiori preoccupazioni. Mattarella e Draghi hanno condiviso la preoccupazione sulla tenuta dei conti e per lo stato dei rapporti con la Ue.
Intanto, già mercoledì sera, con il nuovo accordo sul deficit ancora caldo, sono cominciati i bisticci tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. E ieri la lite è continuata. Lo scontro è sul tesoretto da 16 miliardi (in piena euforia mercoledì notte erano diventati 20) saltato fuori dal vertice tra i due leader, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia, Giovanni Tria. Soldi destinati a finanziare il reddito di cittadinanza e la riforma della legge Fornero.

IL BRACCIO DI FERRO
Dietro al braccio di ferro, che andrà avanti fino a lunedì 15 ottobre quando sarà presentata la manovra economica, c'è la classica questione della coperta troppo corta. I 5Stelle chiedono almeno 10 miliardi per far partire il reddito da gennaio, insieme alla riforma dei centri per l'impiego. E tirano la coperta per non vedersi ridurre le risorse con cui finanziare la loro misura di bandiera. Quella che, secondo la strategia di Di Maio, permetterà al Movimento di resistere al sorpasso della Lega alle elezioni europee di fine maggio. Salvini, esattamente per la stessa ragione, strattona la coperta dalla sua parte in modo da finanziare quota 100 per le pensioni. La battaglia sui soldi è collegata alla guerra sui tempi. Se il reddito di cittadinanza partisse davvero a inizio anno, avrebbe bisogno dei 10 miliardi pretesi da Di Maio. Se invece dovesse scattare dopo, la dote scenderebbe in quanto i mesi di applicazione e di erogazione sarebbero inferiori. Lo stesso vale per la riforma della legge Fornero. Tant'è, che i 5stelle hanno fatto filtrare una tabella che assegna a quota 100 appena 5,2 miliardi, contro i 7-8 rivendicati da Salvini. La ragione: per i grillini l'anticipo dell'età per andare in pensione deve partire da aprile e non da febbraio, come invece chiede il capo della Lega. Il problema, che innesca lo scontro, è che il tesoretto ideato dal viceministro Massimo Garavaglia non è stato ancora suddiviso.
I nervi sono già decisamente tesi. Salvini alle otto del mattino detta i suoi numeri: «Se la matematica non è un'opinione, se ci sono 7-8 miliardi per la Fornero, ce ne sono 8 per il reddito». Stefano Buffagni, sottosegretario 5stelle, a stretto giro replica: «Salvini ha parlato di mattina presto, forse era confuso. Al reddito andranno 10 miliardi». Passano pochi minuti ed è Garavaglia a sganciare la controreplica: «Dispiace che ci siano alleati di governo che vadano in giro con tabelle frutto di mere simulazioni. Confermo che alla riforma della Fornero andranno 7-8 miliardi e che faremo di tutto per renderla operativa dal primo gennaio». Il fattore tempo, infatti, non influenza solo la distribuzione delle risorse. E' essenziale a Lega e 5Stelle per dare seguito alle promesse elettorali e farsi trovare pronti per le elezioni di maggio.

LA CLAUSOLA
I problemi non finiscono qui. Di Maio è già in trincea per impedire che l'erogazione del reddito avvenga solo l'anno prossimo. Tria, infatti, con la sponda di Garavaglia e Salvini, ha previsto una clausola di salvaguardia che suona più o meno così: se nel 2019 scatta davvero la crescita dell'1,5%, il reddito sarà replicato anche nel 2020. Se non dovesse scattare, sarà sospeso. Una tagliola, accompagnata dal rischio che la misura possa essere erogata alla stessa persona per non più di 18 mesi (invece dei 3 anni promessi) che manda su tutte le furie i 5stelle.
Come se non bastasse, Salvini si tiene strette le altre misure non incluse nel tesoretto. Dalla flat tax al 15% per le partite Iva (2 miliardi) al taglio dell'Ires per le imprese che assumono o investono. In serata, con la presentazione del documento in parlamento arriva la tregua. Il pallino si ferma su queste cifre: per il reddito di cittadinanza 9 miliardi più 1 per i centri per l'impiego; 7 miliardi per la riforma della Fornero; 1 miliardo per le assunzioni nelle forze dell'ordine. Ma resta il fatto che la manovra di popolo celebrata da Di Maio, rischia di diventare una manovra di segno leghista. Un epilogo che in vista della competizione elettorale i grillini non si possono permettere.

 
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