IL NEGOZIATO
Macron ascolta in silenzio, non chiude la porta ad un sostegno alle istanze di Roma ma non si spinge più in là di una semplice comprensione. Il negoziato in ogni caso si è aperto ufficialmente: nel colloquio tra i due le nomine Ue, con l'esecutivo italiano che potrebbe appoggiare una candidatura francese alla Bce per evitare che il dopo-Draghi sia affidato ad un falco tedesco, ma anche il tema dell'immigrazione. Macron chiede al premier di voltare pagina, fa notare come anche l'ultima vicenda che ha per protagonista la Sea Watch sia stata gestita malissimo, del resto nel pomeriggio al summit Med7 aveva ringraziato pubblicamente il padrone di casa, il premier maltese Muscat, chiedendo a tutti gli altri «maggiore solidarietà». Che Macron non veda di buon occhio il governo giallo-verde non è un mistero, ma a Nicosia, nello scorso vertice dei paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, il clima con Conte era stato alquanto gelido. A La Valletta il premier e il presidente francese si scambiano invece sorrisi e opinioni anche sul salario minimo europeo, sul tema dei cambiamenti climatici, sulla Libia e sulla sicurezza. Ma Conte è concentrato sulla sua partita con Bruxelles.
Il bilaterale con Macron è solo una tappa, il presidente del Consiglio intende raccogliere i frutti della sua tela diplomatica magari già al Consiglio europeo del 20 e del 21 giugno. Da qui l'appello ai Paesi del Sud Europa affinché facciano blocco, «quelli dell'Europa del nord sono coesi invece noi rischiamo sempre di dividerci», la considerazione. «Serve la riflessione del presidente del Consiglio - una governance economica rivolta alla crescita con maggiori investimenti pubblici. Non possiamo solo limitarci a guardare l'obiettivo della stabilità nel segno dell'austerità». L'Italia punta dunque tutte le sue fiches affinché i vertici istituzionali dell'Europa non siano espressione di quell'ala rigorista della Ue che ha messo da tempo Roma nel mirino. Conte ha chiesto anche a Macron il via libera affinché il nostro Paese ottenga un commissario economico.
Il momento è delicato, l'ammissione del presidente del Consiglio che sa di giocarsi tutto in questa partita. Dal palco allestito davanti al palazzo di Castiglia ha usato termini altisonanti: «Siamo all'aurora di una nuova legislatura» e alla «vigilia di un Consiglio europeo che si annuncia importante». Cercando così di mettere fine all'isolamento e fornendo garanzie ai suoi partner europei. Gli stessi concetti ribaditi davanti a tv e taccuini: «La lettera è quasi pronta, la stiamo rivedendo. Quello che conta sono i contenuti. I nostri fatti e le nostre azioni sono nei nostri bilanci, nei conti e nelle entrate. I fatti ci sono, non abbiamo bisogno di misure correttive». Ed ancora: «Vogliamo tagliare le tasse tenendo i conti in ordine, siamo sicuri di riuscire ad evitare la procedura di infrazione». Il premier ha fatto la voce grossa sull'immigrazione («E' frustrante vedere che l'Europa si limiti solo alle parole. E' inaccettabile che si continui a declamare solidarieta' senza fatti, questa cosa crea disaffezione dei cittadini nei confronti dell'Europa») ma sui conti pubblici Roma resta osservata speciale. È notte quando il premier lascia il castello maltese dove si intrattenuto a parlare con Sanchez, Tsipras, Muscat e gli altri leader. Il suo auspicio è quello di essere riuscito a convincere Macron. Intanto il tempo stringe.
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