Raggi, la guerra M5S blocca la sua ricandidatura. Rinviato il voto on line

Raggi, la guerra M5S blocca la sua ricandidatura. Rinviato il voto on line
di Simone Canettieri
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Sabato 13 Giugno 2020, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 14:06

Niente di personale. Ma la guerra in corso nel M5S tra «il sistema Casaleggio», come lo chiamano i parlamentari sempre in rivolta, e le alte sfere dei grillini di governo rischia di paralizzare anche una pratica che tutti davano per imminente. Ovvero: il via libera alla ricandidatura di Virginia Raggi a Roma e quella (non certa) di Chiara Appendino a Torino. Il fatto è semplice: il figlio di Gianroberto e titolare della piattaforma Rousseau al momento non vuole mettere a disposizione il suo sito per far votare gli iscritti su una deroga allo Statuto.

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Si tratta dell'estensione ai sindaci «del mandato zero» che da mesi già vale per i consiglieri comunali. La possibilità, cioè, per chi guida un Comune, ma ha fatto anche un altro mandato elettivo, di correre per la terza volta. Un modo per superare l'aurea regola dei «due giri» per gli eletti, regola che, per i consiglieri comunali che puntano al Parlamento, già non vale più.

Casaleggio, come raccontato da Il Messaggero, teme che «il caso Roma» possa servire per buttare giù l'ultimo totem. Raggi come un grimaldello per permettere all'attuale classe dirigente nazionale di non andare in pensione alle prossime elezioni? Sì, il timore di Casaleggio è questo. Ecco perché l'altro giorno ha detto: «Sulle questioni del movimento generale e sulle regole dei due mandati e tutte le altre regole che abbiamo, noi, come Russeau, gestiamo i processi quindi nel momento in cui ci sono queste regole facciamo in modo che vengano rispettate oppure facciamo in modo che i probiviri abbiano le informazioni che gli servono».

Casaleggio, che lamenta di non essere più centrale con la sua democrazia diretta nelle scelte del Paese e del M5S, non vuole che Luigi Di Maio, Paola Taverna, Roberto Fico, Danilo Toninelli, Vito Crimi e tutti gli altri big arrivati alla seconda elezione ottengano una deroga. Preferirebbe, invece, ripartire dalle origini, con Alessandro Di Battista (l'unico ad avere ancora un jolly in tasca) capo politico di una formazione nuova e gestibile. Dove soprattutto i parlamentari eletti - al contrario di adesso - versino i 300 euro al mese a Rousseau, come da accordi.
Visioni che si scontrano con le prospettive dell'attuale nomenklatura che punta a ridimensionare la società di Milano a puro «service esterno». La tensione alle stelle nasce da qui. E paralizza tutto. Anche la scelta sul futuro di Raggi che, senza scalpitare ma con una crescente insofferenza, è costretta tutte le volte che va in tv a ripetere questa litania: «Se mi ricandido? Io, guardi, non penso alle poltrone, ma a tutte le cose che ci sono da fare a Roma». Giusto.

LA FRONDA
Anche perché non potrebbe dire altrimenti. I suoi ambasciatori, come il capostaff Max Bugani, da tempo stanno cercando di sbloccare la situazione. Ma i piani di complessità e le teste da mettere insieme, al netto dei conflitti, sono sempre di più. Il deputato Francesco Silvestri, romano e responsabile dei facilitatori del Lazio, apre le braccia: «Mi auguro che presto, in un modo o nell'altro, si possa arrivare a una soluzione». Peccato che manchi il candidato sindaco. O meglio c'è, ma è imprigionato in quella che in molti chiamano «guerra tra bande». Tecnicamente da statuto spetta a Vito Crimi, attuale capo politico, indire questo voto sulla piattaforma digitale, ma per farlo, appunto, serve il via libera del titolare della «roba» (nell'accezione verghiana del termine): Casaleggio. E così il voto che in Campidoglio tutti vogliono entro giugno - cioè a un anno esatto dalle sfida per le comunali - si allontana. E potrebbe «agganciarsi» alla partita degli Stati Generali, previsti in autunno, dopo le elezioni regionali che si preannunciano (al netto della Liguria, ancora tutto da vedere) una catastrofe per il M5S. Sicché o Crimi trova un'intesa con il figlio di Gianroberto o il dossier rischia di finire sul tavolo del nuovo capo politico (o direttorio). Tutti (o quasi) vogliono ricandidare Raggi, anche solo per togliersi un problema. E la sindaca potrebbe rompere gli indugi, stanca della litigiosa burocrazia interna con il più classico dei «chi mi ama, mi segua».
 

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