M5S, venti di scissione, Grillo: «Questi mi costringono a riprendermi il Movimento»

Venti di scissione, Grillo: «Questi mi costringono a riprendermi M5S»
di Simone Canettieri
4 Minuti di Lettura
Martedì 16 Giugno 2020, 06:43 - Ultimo aggiornamento: 12:49

A chi domenica, dopo il tweet che ha incenerito Alessandro Di Battista, gli ha mandato messaggi ed emoticon con mille cuoricini Beppe Grillo ha risposto così: «Presto starò a Roma, voglio starvi vicino». E se nel 2017, con l'elezione a capo politico di Luigi Di Maio il fondatore annunciò un «passo di lato», adesso è pronto a farne un altro, ma «in avanti».

M5S, ombre sui 3,5 milioni di Maduro: documento svelato da un giornale spagnolo

Caso M5S. Venezuela, soldi ai partiti anti Usa. Ma dubbi sul verbale chiave
 




Di fatto, registra chi parla spesso con lui in queste ore convulse, «Beppe è tornato». La linea del Garante, confessata agli amici con una battuta delle sue, è questa: «Sono pronto a ritornare e a indicare la via!». Ergo: un accordo organico nell'alveo del centrosinistra con la destra sovranista.
Grillo, a 71 anni, sa che non potrà essere presente su tutti i temi come prima. Ma allo stesso tempo è consapevole che «se non scende adesso in campo, il governo potrebbe cadere nel caos, in una fase storica in cui gli italiani chiedono altro».

Ecco perché la prima preoccupazione dell'«Elevato», intenzionato a calarsi per un po' tra i comuni mortali, è la tenuta dell'esecutivo Conte. E la consapevolezza che altrimenti il caos sarebbe più di uno scenario giornalistica. Dalla scissione parlamentare di chi sostiene Di Battista su una linea identitaria, ai giochi di Palazzo di qualche enfant prodige.

E proprio Luigi Di Maio, abile a fiutare l'aria che tira, a cercare in queste ore una posizione mediana che tenga dentro tutti: da Dibba a Beppe. «Io ci sarò», dice infatti il ministro degli Esteri. Pronto subito ad allinearsi con il Garante e contro Dibba sul congresso del Movimento: «Non è una priorità per l'Italia».
Intanto nelle segrete stanze del Movimento, tra gli uffici notarli di Milano e Roma, il grosso dei ragionamenti gira sullo Statuto. Che al momento prevede un capo politico (Vito Crimi), ma che in futuro dovrebbe essere cambiato - previa voto sulla rete, cioè su Rousseau - per arrivare alla famosa «gestione collegiale». «Un direttorio 2.0», lo chiama Roberta Lombardi, volto storico dei pentastellati e membro del comitato di garanzia.

LE IPOTESI
In questo scenario Grillo potrebbe fare due cose: candidarsi pro-tempore «ma per plebiscito sapendo che nessuno lo sfiderebbe», raccontano i suoi amici; oppure accompagnare, ma questa volta in prima fila, tutte le anime tumultuose che, in maniera diversa, si riconoscono in questo esecutivo. Da Di Maio a Fico, passando appunto per Paola Taverna e Stefano Patuanelli. Il problema in questa fase rimane proprio Di Battista, una mina vagante. Che sembra comunque intenzionato ad andare avanti, a cercare la guida del Movimento soprattutto in ottica futura. Quando cioè ci saranno le elezioni e solo lui, tra i big, potrà correre senza andare in deroga alla regola del secondo mandato. Un pallino in questo momento di Davide Casaleggio, «sempre di più sotto attacco». Tanto che quando ieri mattina alle 7, prima che la notizia arrivasse sui rulli delle agenzie di stampa italiane, è stato avvisato dello scoop del quotidano Abc, ha messo in fila gli ultimi fatti: le inchieste tv su Rousseau, la rivolta dei parlamentari, spalleggiati dai big, contro l'obolo mensile di 300 euro da donare alla piattaforma, la tentazione di estrometterlo dalla gestione del Movimento relegandolo a puro «service esterno».

Una serie di fatti in vorticosa sequenza - per ultima, appunto, c'è la vicenda dei presunti fondi dati dal regime venezuelano al padre Gianroberto nel 2010 - che fa pensare ai suoi collaboratori a «un dossieraggio interno». «Anche perché si tratta di una vicenda già uscita», ammettono fonti governative del Movimento ostili a Davide, ma comunque oggettive.

LE MOSSE
In questa fase l'attuale capo politico Vito Crimi è comunque in stand by. Non prende decisioni sugli Stati Generali (se ne riparla in autunno) né sui dossier più caldi. A partire dalle ricandidature di Virginia Raggi a Roma e di Chiara Appendino a Torino. La sindaca della Capitale, volto forte e popolare del Movimento ma fuori dai giochi di potere, aspetta che la sua situazione si sblocchi (Appendino non sembra intenzionata a ripresentarsi).
Ma che sa che in questa situazione tutto diventa complicato perché è in corso una guerra di veti. L'ennesimo capitolo del Todo Modo grillino, per gli amanti del genere. E chi potrebbe sbloccare l'impasse se non Grillo? D'altronde è tornato, anche se chissà per quanto.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA