​M5S-Beppe Grillo, la scissione di Conte è una mina per il governo

M5S-Beppe Grillo, la scissione di Conte è una mina per il governo
di Marco Conti
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Mercoledì 30 Giugno 2021, 00:25

Alla ricucitura non crede nessuno. Tanto meno Giuseppe Conte che evita commenti ma con i suoi più stretti collaboratori parla oramai al passato constatando che «Grillo ha fatto la sua scelta di fare il padre-padrone della sua creatura» e che tutto ciò è «la riprova che l’attuale statuto necessitava di un deciso salto di qualità in termini di democrazia interna». D’altra parte il comico genovese ha usato parole pesanti che non concedono spazi alle mediazioni. Si propone ora con forza la domanda che era logico farsi anche qualche giorno fa: che fa Conte senza Grillo?

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Conte-M5S, la strategia

Nella strategia dell’ex premier si ritrovano molte somiglianze e gli stessi consiglieri (da Travaglio a Casalino) che lo hanno costretto a lasciare Palazzo Chigi dopo l’estenuante e fallimentare caccia di voti al Senato.

Anche stavolta l’ex premier rischia di ritrovarsi con meno supporter della vigilia sulla strada della costruzione di quel partito che ha da sempre rappresentato il “piano-b”. A parte lo statuto già pronto, il progetto è ancora tutto da costruire e la pattuglia dei grillini “contiani” spinge, ma nessuno ha il coraggio di uscire allo scoperto contro il Fondatore che detiene quel simbolo che fa la differenza. Tra i membri del governo, sicuramente vicini al leader in pectore della nuova forza politica, ci sono il capodelegazione Stefano Patuanelli, la sottosegretaria Alessandra Todde, il sottosegretario Giancarlo Cancelleri e la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il capogruppo del Senato Ettore Licheri e il senatore Mario Turco. L’idea sarebbe quella di partire costituendo dei gruppi parlamentari con la provvisoria denominazione di “lista-Conte”, con l’obiettivo poi di costituire un vero e proprio partito dai forti connotati ambientalisti.

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L’ex premier si muove però con la consueta prudenza e sempre in stretto coordinamento con il Pd di Enrico Letta che però ieri ha fatto sfoggio di una super-cautela dettata dalle intese che i dem hanno con i 5S alle prossime amministrative e dalla volontà di non creare difficoltà al governo Draghi. Letta è consapevole che una scissione del Movimento, anche parlamentare, accentuerebbe i rischi sul governo anche per l’inevitabile concorrenza elettorale che si verrebbe a creare. Senza contare che l’avvicinarsi del semestre bianco, con l’impossibilità da parte del Capo dello Stato di sciogliere le Camere, rende il rischio ancor più concreto. Inoltre Letta rischia di avere il problema interno di dover spiegare “l’investimento” fatto su Conte, che i dem avevano da mesi impalmato leader del M5S e sicuro alleato nella costruzione di una nuova alleanza di centrosinistra, e che ora potrebbe guidare un partito, diverso dal M5S, e ancor più simile al Pd.

Eppure le dinamiche del rapporto tra Conte e Grillo ricordano molto da vicino gli scontri del Cavaliere con Follini, poi con Fini o la stessa liquidazione di Alfano che «non ha il quid». E’ per questo che c’è chi nel Pd, per evitare scossoni al governo Draghi, ipotizza e auspica un futuro ingresso dello stesso Conte nel partito in modo da sterilizzare la fronda che potrebbe costituirsi al Senato dove l’ex premier può contare su numeri sufficienti a mettere in difficoltà il governo. La vicenda del Cashback, sospeso da Draghi dal 1 luglio e contestata dal ministro Patuanelli, è il primo segnale di come l’ex premier voglia togliere a Di Maio l’interlocuzione con Draghi per poter avere un rapporto diretto con palazzo Chigi anche, se non soprattutto, quando si dovrà discutere di nuovo di nomine. Rai compresa.

Conte continua ad avere un alto indice di gradimento nell’elettorato, ma per conservarlo sino all’appuntamento elettorale del 2013 ha necessità di marcare una differenza rispetto al governo che è succeduto al suo. L’Avvocato, per non scomparire, deve fare in fretta anche se lui e i suoi consiglieri hanno sottovalutato Grillo e le difficoltà che ora ci sono nel “restare a galla” senza essere parlamentare, senza un partito, un simbolo e, soprattutto, fondi consistenti per provvedere ad una nuova forza politica che, per avere spazio e visibilità, dovrà contrapporsi all’attuale esecutivo avendo all’interno parlamentari che però non vogliono perdere la poltrona anzitempo.

Ma i problemi del M5S senza Conte sono evidenti anche nel post di Grillo. L’«Elevato» è stato uno dei più convinti sostenitori del governo Draghi ma da tempo è alle prese con il rumoreggiare della base e i mugugni degli eletti che sono senza guida da anni, contestano alcune scelte del governo e accusano Draghi di aver operato «uno spoil-system tutto ai danni del M5S». Il fatto che ieri a solidarizzare con Grillo siano stati molti dei parlamentari a suo tempo espulsi dal Movimento, la dice lunga sul caos interno che ora rischia anche di aumentare con la votazione sulla Piattaforma Rousseau del nuovo direttorio a cinque. Aver descritto Conte come un incapace non aiuta anche a trovare suoi possibili successori, tanto più cinque. 
 

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