M5S, tensione con il governo: ecco chi spinge per l'addio a Draghi (e chi invece vorrebbe restare)

Tra i "fedeli" al governo Patuanelli e Dadone, chi spinge per l'uscita resta in incognito

M5S, tensione con il governo: ecco chi spinge per l'addio a Draghi (e chi invece vorrebbe restare)
di Andrea Bulleri
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Venerdì 1 Luglio 2022, 13:34

La tempesta, almeno a osservare tutto dall’esterno, sembra essersi placata. E il cielo sopra Palazzo Chigi pare tornato limpido. Pace fatta tra Giuseppe Conte e Mario Draghi, che in giornata torneranno a sentirsi per quel «chiarimento» anticipato nei giorni scorsi dal premier (l’incontro, previsto inizialmente nel pomeriggio, è slittato a lunedì). Eppure molti, dentro e fuori il Movimento 5 Stelle, sono pronti a scommettere che i nuvoloni neri della crisi non tarderanno a ripresentarsi. Perché nonostante la smentita netta del governo su quelle parole attribuite a Draghi (che secondo il sociologo Domenico De Masi avrebbe chiesto a Grillo di “mollare” Conte), tra i pentastellati la frattura si fa ogni giorno più profonda. Chi insiste sulla necessità di sostenere l’esecutivo, chi invece spinge per la rottura. Perché «così - ripetono - non si può più andare avanti». 

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I "fedeli" al governo

Dell’ala “governista” fanno parte, e non è una sorpresa, ministri e sottosegretari stellati.

Il titolare dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, quello dei rapporti col parlamento Federico D’Incà e delle politiche giovanili Fabiana Dadone. Ma pure i sottosegretari Carlo Sibilia (esteri) Anna Macina (giustizia) e la viceministra Alessandra Todde, che del M5s è anche vicepresidente. E già qui cominciano i problemi. Perché dei cinque vice di Conte, tre sono annoverati con varie sfumature nel secondo schieramento. Quello dei “falchi”, sempre più convinti che con Draghi («se le nostre posizioni continueranno a non essere ascoltate», lamentano) sarebbe meglio rompere: Mario Turco, Riccardo Ricciardi e Michele Gubitosa. 

Dicono i rumors di palazzo che buona parte del gruppo parlamentare dei Cinquestelle al Senato sia d’accordo con loro. Numeri precisi, nessuno sa darli. Ma la voce che circola è che su 62 senatori rimasti con Giuseppe Conte, in parecchi - c’è chi assicura diverse decine - sarebbero più che felici di uscire dalla maggioranza. A cominciare dallo stesso Turco, dal vice capogruppo Gianluca Ferrara e dal barricadero Alberto Airola, alla testa del fronte della rivolta a Palazzo Madama. 

L'opposizione

Più nascosta l’opposizione interna alla Camera. Anche se pure a Montecitorio i mal di pancia, nei giorni della crisi sfiorata e poi rientrata, si sono diffusi a macchia d'olio. Sofferenze che già si cominciavano a osservare nei giorni del dopo amministrative. Testimoniate da esternazioni come quelle di Stefano Buffagni: «Valutiamo se uscire dall’esecutivo», sputò fuori qualche giorno fa, salvo poi ricevere la smentita dei dirigenti. 

Molto, sull'esito dello scontro interno, dipenderà da come finiranno le partite dei prossimi giorni. Il superbonus, l’ipotesi di un quarto invio di armi all’Ucraina, l’inceneritore di Roma. Temi fondamentali, per lo zoccolo duro grillo, su cui i più oltranzisti tra gli stellati non intendono chinare il capo di nuovo, di fronte l’imperativo della «responsabilità». Se poi i molti mal di pancia resteranno tali, oppure si tradurranno in qualcosa di più rischioso, resta da vedere. Ma è facile prevedere che nelle prossime settimane nuove nuvole nere si addenseranno sul cielo di Palazzo Chigi.

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