M5s, alt di Grillo a Conte: «Non voglio una mini-Dc e non cedo poteri»

M5s, alt di Grillo a Conte: «Non voglio una mini-Dc»
di Mario Ajello
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Sabato 19 Giugno 2021, 06:22 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 10:08

La trattativa legale è avviata. Lo scambio di testi del nuovo statuto M5S, quelli che Conte ha mandato a Grillo e quelli che Grillo insieme al nipote avvocato (Enrico, che è anche legale di Ciro nel processo per il presunto stupro), s'intrecciano in una via vai da giorni, ma adesso è in arrivo Beppe a Roma per il faccia a faccia domani con il leader in pectore dei 5 stelle: «Mi vuoi esautorare? Non permetterti, sai...». «Ma Beppe, come mai puoi pensare che farei una cosa del genere...». Questo sarà il tenore del confronto. Vogliono andare d'accordo ma diffidano l'uno dell'altro. Lo stato dell'arte del nuovo corso m5S è più sul variabile, o tempestoso, che sul sereno. Tra martedì e mercoledì dovrebbe essere varato il codice rifondativo del movimento ma ancora non si sa quale sarà il nuovo simbolo e quale sarà il nuovo nome. «Lasciare tutto uguale a prima», è il diktat del Fondatore ma il possibile Rifondatore qualche segnale personale lo vuole mettere sennò l'operazione è tutta in perdita per lui e la leadership non diventa piena.

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M5s, Grillo e Conte sul futuro del movimento

La distanza è sul terzo mandato.

Grillo insiste: «Resti il divieto». Conte pretende un 10-20 per cento dei parlamentari meritevoli ammessi al terzo giro - così si fa il suo pacchetto di sfondamento, la corrente degli ultra-contisti - e la trattativa Beppe Giuseppi dovrebbe concludersi così: Grillo consente le deroghe, e in cambio ottiene la non eliminazione dei poteri del garante, cioé della sua persona, che Conte amerebbe tanto inserire nello statuto. A chi tra i parlamentari in preda all'orror vacui lo chiama preoccupato, alla vigilia del suo arrivo a Roma, l'Elevato risponde: «Tranquilli, non vi libererete mai di me». Lo stesso Conte tranquillizza tutti: «Con Beppe si lavora benissimo, ed è impensabile il nostro movimento senza di lui». Se non fosse che Grillo ha la tegola giudiziaria pesante sulla sua famiglia - l'inchiesta sul figlio Ciro e la male gestione comunicativa della vicenda da parte del genitore: il famoso video-boomerang - e ha posizioni ingombranti anche in politica estera (forza Cina).

Non ci sono insomma, tra i problemi, soltanto quelli relativi al ruolo del Garante che non vuole diventare un fantasma ed essere mangiato dai grillini ribaltando una scena di un suo spettacolo di qualche anno fa: con lui che ingurgitava grilli fritti. L'ingurgitato non vuole essere lui. Ma soprattutto: «Non dobbiamo morire democristiani!», questo il timore con cui Grillo arriva a Roma. Teme che il combinato disposto pomiglianese-pugliese, cravattone più pochette, formato da Di Maio e Conte possa portare a un partitino tradizionalissimo, a una sorta di mini Dc, o addirittura alla situazione che il Dibba ha sempre denunciato: «Rischiamo di diventare come l'Udeur». Sotto sotto a molti grillini questa evoluzione, o involuzione, non dispiacerebbe: restare pochi ma buoni, e tutti con poltrone ministeriali o di sottogoverno al seguito non sarebbe un cattivo destino.

IL RILANCIO
Il «non morire democristiani» di Beppe significa: «Dobbiamo rilanciare la democrazia diretta, l'ecologia, la partecipazione, il pensiero, la fantasia». Più futurismo e meno pochette (intanto Conte la cravatta l'ha tolta) è il partito che vorrebbe Grillo. Conte lo asseconda almeno a parole: «C'è piena sintonia tra di noi». Ma la tutela di Beppe non è, come prospettiva, in cima alle preferenze dell'ex premier. Che vuole essere il primus inter pares in un vertice a quattro: lui più tre vice ovvero (forse) Chiara Appendino, il fedelissimo ex sottosegretario Turco e l'amico Bonafade.

Ma sulla Appendino c'è anche il pressing sia di Conte sia di Grillo per ricandidarla a sindaca a Torino: per salvare il rapporto con il Pd il cui candidato uscito vittorioso dalle primarie, Lo Russo, i grillini torinesi giudicano: «Invotabile. E' stato il nostro peggior nemico». Ma anche a Napoli fioccano i problemi: si teme che molti 5 stelle nel segreto dell'urna scelgano il candidato civico del centrodestra, il pm Maresca, e non il rossogiallo Manfredi.
 

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