M5S, Di Maio si smarca da Casaleggio: mossa del leader per uscire dall'angolo

M5S, Di Maio si smarca da Casaleggio: mossa del leader per uscire dall'angolo
di Simone Canettieri
3 Minuti di Lettura
Lunedì 13 Gennaio 2020, 08:50 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 07:37

Smarcarsi dalla Casaleggio Associati. Arginare il potere di «influenza» di Davide fino ad arrivare a un clamoroso divorzio nella gestione del blog delle stelle, il sito del M5S. Luigi Di Maio in queste ore di assedio sta maturando un'unica convinzione: basta fare il «parafulmine» delle scelte prese a Milano, spostandosi così verso Beppe Grillo, anche lui autonomo sul web. Obiettivo: scrollarsi di dosso i sospetti di conflitto d'interessi che periodicamente spuntano fuori quando si parla della società privata di consulenza.

Di Maio e l'inesorabile declino sui social: su Facebook persi 10mila fan in 2 mesi

M5S, 35 lettere ai morosi: in otto verso l'espulsione
 




I deputati e i ministri a lui più vicini gli ricordano gli ultimi casi che hanno creato scompiglio interno. A dicembre la decisione di nominare Enrica Sabatini, socia di Rousseau, nel team del futuro con il centrale ruolo di responsabile dell'organizzazione, è stato motivo di scontro - mai emerso - tra Davide e Luigi. Ma il figlio di Gianroberto ha avuto la meglio, mentre al capo politico sono arrivate solo le critiche per aver nominato una dirigente «poco riconosciuta dalla base». Per non parlare delle polemiche di quando sempre Casaleggio andò a parlare all'Onu, per l'Italia, di democrazia digitale. Fatti che ritornano in mente a Di Maio e che ora «per salvarsi» e rimanere alla guida del Movimento lo costringeranno a una svolta. D'altronde il documento dei senatori pentastellati, oltre a dividere i ruoli di partito da quelli di governo, mette alla berlina proprio il sistema Rousseau: dalla quota fissa di 300 euro al mese che devono versare i parlamentari fino all'obbligo anche per il personale tecnico-amministrativo dei gruppi di essere iscritti alla piattaforma.

Intanto, una scelta nel solco del «distaccamento» dalla casa madre di Milano è stata già presa: i disavanzi delle restituzioni non andranno più all'associazione. Un primo segnale inviato appunto a Casaleggio, percepito come «un corpo estraneo» dalla maggioranza delle truppe. In queste ore il cerchio di fedelissimi intorno a Di Maio gli consiglia in tutti i modi di staccarsi, per spuntare così un'arma a chi lo attacca. E per un leader «stanco» del fuoco amico questa sembra essere una scelta obbligata.



LE FRONDE
Anche perché i focolai sono ovunque. Nei giorni scorsi il collegio dei garanti del M5S ha respinto il ricorso del senatore Gianluigi Paragone confermando così la sua espulsione. Ma il senatore è intenzionato a muoversi nell'alveo dei grillini anti-sistema: «Farò qualcosa con Alessandro Di Battista». Molto probabilmente un tour nei teatri o comunque «un progetto culturale». Ecco perché Di Maio punta - per rimanere in sella - ad allargare la gestione del Movimento. Se Chiara Appendino si sfila («Penso ad amministrare Torino») sicuramente è in corso un tentativo di coinvolgere Paola Taverna per evitare che diventi un'antagonista, così come vuole un maggiore «protagonismo» del presidente della Camera Roberto Fico, altro storico nemico interno. «All'inizio lo schema dei facilitatori doveva prevedere questa formula, ma Casaleggio si oppose», dicono adesso i parlamentari legati al capo politico. Ma potranno bastare queste mosse per evitare la slavina post elezioni regionali? La domanda rimbalza nel bunker dove da giorni è asserragliato Di Maio. Anche perché la scure sui parlamentari morosi potrebbe accelerare la nascita del gruppo Eco dell'ex ministro Lorenzo Fioramonti. Che ieri, candido, ha ammesso: «Non mi aspettavo che le mie dimissioni venissero accettate».
 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA