Letta-Renzi, c'eravamo tanto (e sempre) odiati: da «Enrico stai sereno» alla lite sulle alleanze

L’ultimo capitolo della disputa tra i due leader, ed è fin troppo facile tornare con la memoria a quelle immagini del febbraio 2014

Letta-Renzi, c'eravamo tanto odiati: da «Enrico stai sereno» alla lite sulle alleanze
di Andrea Bulleri
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Sabato 6 Agosto 2022, 16:45 - Ultimo aggiornamento: 17:14

«Vendetta personale». «Lui ha tentato di affondare il partito scappando sulla sua scialuppa». Che tra Enrico Letta e Matteo Renzi non sia mai corso grande feeling, non è un mistero. E chi pensava che i tempi dell’«Enrico, stai sereno» (la frase con cui Renzi anticipò il disarcionamento di Letta da Palazzo Chigi, sostituendolo alla guida del governo) fossero ormai lontani, si è dovuto ricredere. Perché nonostante da allora siano trascorsi ormai 8 anni, con cinque diversi premier passati per la guida dell’esecutivo, non importa quale sia l’oggetto della discussione: è sempre lì che, quando i due bisticciano, si torna. 

Letta-Renzi, la lite sulle alleanze

L’ultimo capitolo della disputa è quello delle alleanze.

Con Renzi che lamenta di aver ricevuto un veto da parte del Pd per via di «piccole vendette personali» di Letta «per via di vicende del passato». Vendetta che si spiega, secondo il leader di Italia viva, ancora con quel maldigerito passaggio della campanella tra i due. «Ma vedendo come sono andate le cose - rintuzza Renzi, alludendo all’accordo tra il Pd e la sinistra di Fratoianni - non finirò mai di ringraziarlo». 

Rispondono per le rime dal Nazareno: «Per rosicchiare qualche margine di visibilità in più, Matteo Renzi trova il tempo e l'audacia di dare lezioni al Partito Democratico - è l’affondo - Quello stesso partito che, prima di scappare sulla sua personale scialuppa, da segretario ha tentato di affondare lasciando macerie, lacerazioni e un 18% da guinness dei primati negativi». Poi la bordata finale: «Non stupisce che praticamente la totalità degli elettori e dei militanti del Pd abbia maturato un giudizio durissimo, senz'appello, su di lui e sulla sua parabola politica». Replicano ancor più piccati da Italia Viva: «Noi facciamo politica e non viviamo di rancori personali - twitta il partito renziano - pensiamo che la strategia di Letta sia un regalo alla Meloni. Ma ne parleremo il 26 settembre. Per adesso buona campagna elettorale. Anche a chi ha gli #OcchiDiTigre». Messaggio corredato, non a caso, dal video di una tigre che non riesce a catturare la preda. 

«Enrico, stai sereno»

Ed è fin troppo facile tornare con la memoria a quelle immagini del febbraio 2014, quando a Palazzo Chigi andò in scena il più gelido scambio della campanella che la storia repubblicana ricordi. Da una parte un Renzi impacciato, dall’altra un Letta che per tutta la durata della cerimonia (brevissima) evita di guardare il rivale negli occhi, senza sorridere e concedendosi ai fotografi giusto per i pochi secondi della (debole) stretta di mano con il successore. Erano passate solo poche settimane da quel tweet («Enrico, stai sereno»), divenuto negli anni divenuto sinonimo di sgambetto (o peggio, pugnalata alle spalle) in arrivo. E dire che i due ci avevano provato, ad andare d’accordo. In principio c’era stato il “patto della schiacciatina”, come in Toscana viene chiamata la focaccia: chiunque fosse stato indicato dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di formare il governo, avevano concordato i due dopo le elezioni del 2013, avrebbe avuto il totale supporto dell’altro. Ma come si è visto, già quella prima intesa non andò a finire bene. 

La sfida toscana

C’è perfino chi per spiegare la rivalità ricorre agli antichi astii di campanile, tutti toscani. L’odio tra quella Pisa che Dante (fiorentino) definì nella Commedia «vituperio delle genti», e Firenze in favore della quale nel medioevo i pisani persero la loro centralità. Le battute e le stilettate, tra Letta e Renzi, su questo non sono mai mancate. «Che ne penso di Letta? Beh - rispose l’allora sindaco di Firenze quando l’altro fu incaricato di formare il governo - è pisano…». Per non parlare dei commenti comparsi sulla curva nord dell’arena Garibaldi, lo stadio di Pisa, subito dopo la “cacciata” di Letta da Chigi: «Renzi - scrissero i tifosi della città della torre pendente su uno striscione -  la prossima volta atterra a Peretola (il piccolo aeroporto fiorentino inadatto ai voli intercontinentali, ndr) con l'aereo della Barbie». 

E poi i commenti al vetriolo, spie di un'antipatia rimasta sottotraccia ma ancora accesa, perfino negli anni in cui l'attuale segretario dem era direttore a SciencesPo. Eccone un esempio: «Il vero titolo del libro di Renzi? - twittò Letta all'uscita del volume di Renzi "Un'altra strada", nel 2019 - #Nonhoimparato ....ops! #sischerza». 

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