Enrico Letta conferma l'obiettivo di costruire per le politiche del 2023 un campo largo, assieme al Movimento 5 stelle , sinistra e forze verdi e civiche; ospite della Conferenza programmatica di Europa Verde, il segretario Dem ha usato quattro aggettivi per definire il profilo di questa «alleanza», che secondo gli schemi tradizionali indicherebbero una identità «di sinistra». In ogni caso l'alleanza si dovrebbe candidare per «governare il Paese», frase che spazza via l'idea di una coalizione post-elettorale diversa da quella pre-elettorale, magari sul modello Ursula, proposta in questi giorni da Carlo Calenda, confermando Draghi a palazzo Chigi.
«Vinciamo nel 2023 con un'alleanza eco-progressista»
Il padrone di casa, il co-portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli, aveva lanciato dal palco l'idea di una alleanza progressista ed ecologista, che la crisi provocata dalla guerra spinge a dar vita con maggior forza, vista la necessità di affrancare l'Italia dalla dipendenza del fossile di provenienza russa e, in generale, straniera.
IL MOVIMENTO 5STELLE
Parlando con i cronisti Letta ha anche ribadito che M5s deve essere della partita, nonostante le difficoltà che sta attraversando il Movimento: «Non mi sembra che ci siano elementi nuovi. Anzi, confermo la volontà di continuare questo dialogo positivo che c'è stato nei mesi scorsi». Tutto bene, dunque, nel Pd? A dar voce allo scetticismo di Base Riformista, ci ha pensato Salvatore Margiotta: «Il campo largo era ieri a Firenze (la manifestazione pro Ucraina di sabato ndr). Basato su questioni serie e discriminanti: atlantismo, europeismo, difesa della democrazia, e della libertà». Detto in altri termini: le titubanze di M5s e dello stesso Giuseppe Conte nei confronti delle scelte del governo Draghi sull'Ucraina, sono questioni «discriminanti» non secondarie, che rientrano nella «chiarezza» invocata da Letta stesso. A questa obiezione si risponde con un dato di fatto: in vista delle comunali di fine maggio Pd e M5s stanno stringendo accordi ovunque (in settimana dovrebbe arrivare il via libera per L'Aquila e Catanzaro). Cinque anni fa, il 2017, fu l'annus horribilis per il Pd che vinse solo in 5 dei 21 capoluoghi dove si votò: quest'anno si potrà almeno raddoppiare il numero delle città conquistate, grazie anche a M5s, sinistra e Verdi, mentre a mettere il bastone tra le ruote sono i partiti riformisti (Azine e Iv) tentati dalla corsa in solitaria.