Letta cerca i moderati, ma Calenda non cede: «Meglio andare da soli». Il Pd guarda agli ex di Forza Italia

Il leader di Azione attacca Orlando e punta al proporzionale

Letta cerca i moderati, ma Calenda non cede: «Meglio andare da soli». Il Pd guarda agli ex di Forza Italia
di Mario Ajello
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Sabato 23 Luglio 2022, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 19:56

C'è il Pd che guarda al centro, eccome. Ma anche qui: mica facile l'operazione tutto dentro il campo largo o come si chiama ora. Carlo Calenda non si fida affatto. «Non c'è alcuna intenzione da parte di Azione - dice il leader e ex ministro - di entrare in cartelli elettorali che vanno dall'estrema sinistra a Di Maio. Questi cartelli sono garanzia di ingovernabilità e sconfitta». Caro Letta: ti chiudo la porta in faccia. Perché l'«Agenda Draghi e l'Agenda Landini non possono stare insieme. Si prendono in giro gli elettori se le si vogliono impossibilmente coniugare». Calenda è quasi spietato di fronte alle difficoltà di Letta: «L'Agenda Draghi non è una mano di vernice per nascondere il No ai rigassificatori, il Si ai sussidi a pioggia e al giustizialismo. In questa legislatura avete sbagliato tutto. Fermatevi e riflettete».

L'immagine del ministro dem Andrea Orlando che va a complimentarsi con i 5 stelle dopo il loro intervento contro Draghi o che difende le ragioni di Conte a crisi aperta agli occhi dei calendiani in effetti è un segnale brutto.

Di poca chiarezza. Il leader di Azione dunque si chiama fuori di fronte alle offerte di alleanza che vengono dal Pd e che continueranno ad arrivare. La sua linea è un'altra. Andare alle elezioni del 25 settembre da solo, contando di fare un ottimo risultato nella quota proporzionale e di strappare magari anche qualche raro collegio uninominale. E poi i giochi del governo che sarà, se sarà un governo non populista e magari all'insegna dell'Agenda Draghi, quella in cui tutti i progressisti dicono di riconoscersi, almeno per ora, si faranno nel nuovo Parlamento che nascerà in autunno. Lo schema di Letta è quello di un Pd che arrivi al 30 per cento («Ora dobbiamo pensare a noi») e che con l'aiuto di altre forze possa toccare e superare il 40. Verso il versante centro si pensa a un'operazione a rete che coinvolga molte liste territoriali. Quella del sindaco di Milano, Sala, ma anche di altre realtà civiche ed ecologiste da Nord a Sud: per esempio l'esperienza dell'ex sindaco ex grillino di Parma, Pizzarotti, ma anche altre realtà di questo tipo. Letta è particolarmente interessato intanto - con l'occhio proprio alle alleanze - a quanto si sta muovendo nel mondo ex berlusconiano. Ragiona con i suoi sul fatto che la tendenza Gelmini, Brunetta e Carfagna - se quest'ultima rompe davvero con Forza Italia - rappresentano quell'Agenda Draghi di cui lui si sente legittimo titolare non in esclusiva.

Tra rete e bricolage 

«Non abbiamo preclusioni verso nessuno che abbia il riformismo come riferimento», è la linea del vertice del Nazareno. Da qui il diverso atteggiamento verso Renzi, ma se un pezzo di dem sta operando perché un po' di renziani entrino nelle liste del Pd, quasi come un tempo facevano gli indipendenti di sinistra con il Pci, un altro pezzo dem teme che «saranno più i voti che i renziani ci tolgono piuttosto che quelli che ci portano». Quel che è certo, al di là di quale sarà la forma dell'accordo, nell'apertura al centro il Pd ritroverà il suo ex segretario. E anche figure importanti come l'ex sindacalista Cisl, Marco Bentivogli.
Ed eccoci a Di Maio. La rapidità con cui si va al voto è un problema per Insieme per il Futuro che non ha avuto il tempo di radicarsi nel Paese (come simbolo sarà legato a quello del Centro democratico di Tabacci). Una lista civica nazionale, con dentro i dimaiani, sarà il contenitore giusto con cui il Pd si rapporterà in chiave di alleanza. E tutto somiglia a un bricolage.

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