Letta e l’attacco da Berlino: «Avvio della destra incendiario». Meloni: «Un danno all’Italia»

La leader FdI: «Gravissime le parole pronunciate all’estero. Si scusi subito»

Letta e l’attacco da Berlino: «Avvio della destra incendiario». Meloni: «Un danno all’Italia»
di Mario Ajello
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Domenica 16 Ottobre 2022, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 10:00

Negli anni scorsi, e ancora all’inizio della campagna elettorale, Meloni e a Letta venivano soprannominati Sandra e Raimondo. Perché bisticciavano affettuosamente nei convegni, nelle presentazioni dei libri e in qualsiasi evento dove andavano insieme volentieri in un gioco di vicendevole legittimazione conveniente a entrambi (io sono la sinistra, lei è la destra e gli altri niente). Si punzecchiavano e si volevano bene. La fiaba è finita verso la metà della campagna elettorale, quando il leader dem si è accorto che avrebbe stravinto la «carissima nemica». 

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I toni cominciano a inasprirsi allora, e adesso siamo alla guerra.

Nella quale Letta non riesce a farsi una ragione che al governo sta per andare Giorgia e la sua destra, e quando la sinistra si sente defraudata del bastone di comando parte nell’opera ideologica di demolizione dell’avversario. Sempre contando sulla sponda straniera, sul sostegno internazionale. Guarda caso, è mentre sta a Berlino che Letta attacca duramente Meloni, delegittimando lei per stroncare l’intera coalizione scelta dagli elettori. 

«La legislatura comincia con una logica incendiaria da parte di chi ha vinto le elezioni. Ma chi semina vento non può che raccogliere tempesta». Un avvertimento, lanciato durante il congresso dei socialisti tedeschi proprio per amplificarne l’eco e per trascinare il contesto europeo nella demolizione della nuova fase italiana e di chi la rappresenta, che fa molta impressione (cattiva impressione) per durezza e minacciosità e che non ci si sarebbe aspettati da un tipo solitamente pacato, e che conosce bene Giorgia e ne sa l’affidabilità democratica, qual è Letta. La replica della leader di FdI non può che essere nettissima: «È scandaloso ciò che dice Letta. Le sue parole gravissime rappresentano un danno per l’Italia, per le sue più alte istituzioni e per la sua credibilità internazionale». 

L’APPELLO 

La richiesta di «basta odio» da parte di Meloni evidentemente non trova orecchie dem pronte ad accoglierla. E se la depressione da sconfitta e la propaganda ideologica sono ingredienti tipici per mascherare errori politici compiuti ed evidenti a molti (Renzi non fa che dire: «Meloni deve ringraziare Letta per il fatto che sta per entrare a Palazzo Chigi»), ci si sarebbe aspettati un comportamento più olimpico da parte delle opposizioni e del suo leader. Il quale è talmente insidiato, in questo ruolo, da Conte, che deve alzare i toni fino all’esagerazione più plateale e anti-nazionale. Criticare, sì; satanizzare, no. Quello che dovrebbe essere il codice di comportamento della politica post-ideologica sembra saltato prima ancora che la destra sia andata al governo. 

La replica di Meloni scatena la contro-replica di Letta: «Non è la maggioranza che deve dire all’opposizione che cosa dire e come dirlo». Lo scrive su Twitter il segretario dem. E ancora lui: «Meloni governi, se ne è capace, e noi ci regoliamo come crediamo giusto di fare». A testa bassa, per ora. E dentro una tenaglia che vede da una parte i renziani vogliosi di fare un’opposizione non ideologica e dall’altra M5S che, nella strategia di Conte da nuovo partito della sinistra dura e pura e populista, è destinata a surclassare il Pd con un obiettivo chiarissimo: arrivare alle elezioni europee e superare, in quella occasione, il partito del Nazareno che sarà guidato da Letta o da chissà chi. 

La campagna di delegittimazione di Giorgia, da parte di Enrico, risponde proprio a questa esigenza: non fari scalzare dall’ex carissimo amico Giuseppe il quale, nel suo schema da tanto peggio tanto meglio, sembra muoversi nel post 25 settembre con un’agilità superiore a quella del segretario del Pd. Letta ha detto ai suoi d’infilarsi in testa l’elmetto e la battaglia sta diventando cruenta. Meloni non si tira indietro: «Affermare all’estero che l’elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento italiano sia motivata da una sedicente “logica perversa” e “incendiaria” e che la scelta dei parlamentari italiani confermi “le peggiori preoccupazioni in giro per l’Europa” è davvero scandaloso». Lei chiede a lui di scusarsi, lui dice a lei che non si scuserà mai. 

 

L’EX FORMAT

Non siamo proprio al format Sandra e Raimondo. E questa non è una pochade, ma rischia di essere una tragedia, perché un Paese dilaniato corre il pericolo grave della perdita di credibilità e di spinta.
Giorgia ai suoi confida: «Mi sarei aspettata da Enrico una opposizione patriottica, come quella che noi abbiamo fatto a Draghi». Ora pensa di essere stata troppo ottimista.

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