Enrico Letta: «Un dovere stare insieme, ma patti separati con gli alleati». Più vicino l'accordo con Verdi e Si

«Se vincessero Salvini e Meloni, l’Italia cambierebbe posizionamento europeo»

«Se vincessero Salvini e Meloni, l Italia cambierebbe posizionamento europeo»
di Francesco Malfetano
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Venerdì 5 Agosto 2022, 01:18 - Ultimo aggiornamento: 11:27

«Mi criticano perché da giorni vado in giro da una parte all’altra per provare a tenere unito il centrosinistra. Ma con questa legge elettorale, che è la peggiore della storia, ci obbliga a stare insieme. Ed è un mio dovere quindi fare di tutto, perché io so cos’è la destra di Meloni e so cos’è la destra di Salvini. Se - periodo ipotetico dell’impossibilità - vincessero, il governo italiano sposterebbe il proprio asse in Europa per allinearsi con Polonia e Ungheria. Il Paese sarebbe in mano alle destre contrarie ai diritti civili». Camicia azzurra, fronte sudata e lo sguardo divertito di chi, da sempre, ama stare tra i giovani. Quando Enrico Letta sbarca sulla costa laziale, a Riva dei Tarquini, sotto il sole cocente del pomeriggio, le trattative con Europa Verde e Sinistra Italiana sembrano lontanissime. La scena anzi è quasi surreale. La pineta è invasa dalle tende del villaggio studentesco più grande d’Italia, organizzato - assieme agli incontri del Revolution camp - dall’Unione degli universitari e dalla Rete degli studenti medi. 

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Il segretario dem, prima di rispondere a qualche domanda del Messaggero, non fatica a calarsi in un contesto fatto di giovani e giovanissimi a torso nudo, diffidenti nei confronti di «un sistema che ignora gli studenti e l’ambiente, e si disinteressa dei diritti civili». Vogliono risposte. E Letta, in un’ora di confronto, prova a dargliene, spesso tirando fuori qualche metafora nel tentativo di evitare l’effetto lezione universitaria. 
«L’Europa è un condominio in cui si litiga come si litiga per un ascensore - dice a chi chiede un nuovo intervento a favore dei migranti - Basta Viktor Orbàn a bloccarlo.

Dobbiamo fare una politica migratoria tra coloro che vogliono farla, tra i Paese volenterosi. È l’unico modo per superare le regole attuali e il potere di veto». E così, dopo aver annunciato che sabato sarà a Civitanova Marche nel corteo per Alika «in rigoroso silenzio» e dopo aver rivendicato il tentativo di far passare lo Ius Scholae in un Parlamento già prossimo alla rottura, punta il dito (ancora) contro Matteo Salvini. «Capite che la campagna elettorale è in arrivo perché Salvini molla tutto e parte per Lampedusa per iniziare ad alzare l’attenzione sui migranti». Ma la logica della contrapposizione non è mai stato il punto forte di Letta che, infatti, preferisce fare di tutto perché i ragazzi e le ragazze presenti si convincano che le loro battaglie sono le sue e quelle che il Partito democratico metterà al centro della campagna elettorale. 

La campagna elettorale

«Sono tornato da Parigi con un’idea precisa in mente - spiega cercando con lo sguardo chi è seduto in prima fila mentre le cicale e il richiamo del mare a poche decine di metri mettono a dura prova la soglia dell’attenzione di tutti - mettere i giovani al centro del nostro programma elettorale. Anche all’interno del Partito mi dicono di lasciare perdere perché i giovani non partecipano e il nostro elettorato ha i capelli bianchi. Ma io so che anche loro sono preoccupati per voi. Sarà questo il centro del programma che presenteremo il 10 agosto». E allora ecco i temi che strappano qualche applauso ai molti che sembravano poco convinti: «Addio ai finti stage ed interventi economici a favore degli apprendistati», «la dote ai 18enni da investire nello studio, nell’avvio di un’attività o per permettergli di non restare a casa fino a 31 anni com’è diventato normale in questo Paese». 

 

L’atmosfera non si riscalda particolarmente, se non quando parla della transizione ambientale. In quel momento gli ascoltatori si fanno molto più attenti. E Letta marca il punto, ricordando che «a giugno il Parlamento Ue ha votato il pacchetto Fit for 55», approvando la carbon tax alle frontiere e altri provvedimenti solo «con una maggioranza stretta». «Tutte le destre hanno votato contro, loro scelgono il nero fossile» e «boicottano le politiche ambientali». E c’è tutta la differenza del mondo: «È la stessa tra il sole e la luna». 
A quel provvedimento però in Europa si opposero anche Carlo Calenda e Azione/+Europa, a testimonianza della difficoltà evidente nel tenere insieme il fronte progressista. 

Il patto

Il leader dem, terminati i selfie di rito e qualche rapida battuta con gli amministratori locali, risponde: «Nel patto infatti c’è scritto autonomia programmatica, sono questioni sulle quali possono esserci posizioni diverse» dice alludendo anche al tema dei rigassificatori che per Sinistra italiana e Verdi sono argomento molto critico. «Non è che su tutti i temi si deve essere d’accordo su tutto». 
E poi, sottolinea, il «patto tra noi e Calenda, non è il patto di tutti, quello è il punto sul quale su alcuni temi abbiamo trovato con Calenda e +Europa» un accordo. In pratica, l’idea lettiana è trovare un’altra intesa anche con SI ed EV, rispettando le prerogative e gli elettori dei due partiti. 
Non a caso lasciata Tarquinia, Letta torna subito a Roma per incontrare proprio Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, e ricucire quelle posizioni fondamentali per avere qualche speranza di vittoria, o almeno di pareggio, il 25 settembre. «Devo tornare a quel lavoro che sto facendo di tentare di tenere insieme le forze progressiste, le forze che si contrappongono alla destra» saluta i campeggiatori. E prima di salire in macchina un’ultima ventata di ottimismo. Il centrosinistra resterà unito? «Sono sempre ottimista».

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