Legge elettorale, proporzionale con sbarramento al 5%: intesa per essere pronti in caso di elezioni

Legge elettorale, proporzionale con sbarramento al 5%: intesa per essere pronti in caso di elezioni
di Marco Conti
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Giovedì 14 Novembre 2019, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 13:34

L'intesa viaggia velocemente e anche se nella maggioranza tutti, o quasi escludono l'ipotesi di un ritorno a breve alle urne, ci si attrezza con una legge elettorale nuova di zecca. Nella riunione di ieri a palazzo Montecitorio si è infatti deciso di stringere i tempi in modo da incardinare a metà dicembre un testo in commissione. Intorno al tavolo il ministro D'Incà con il capogruppo Pd al Senato Marcucci, i parlamentari Parrini e Ceccanti, i capigruppo di Leu Fornaro e De Petris, i rappresentanti M5S Perilli e Macina e il deputato di Italia Viva Marco Di Maio.

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LA SOLUZIONE
Oltre al timing si sono sfrondate quelle che Fornaro chiama «le proposte estreme» perché, come si legge nel comunicato finale «si è convenuto che non siano praticabili soluzioni fondate su collegi uninominali maggioritari né modelli proporzionali senza correttivi». No, quindi alla legge elettorale che verrebbe fuori dal referendum Calderoli, e no ad un proporzionale senza sbarramento. In mezzo rimangono in ballo due sistemi, il doppio turno sul modello dell'elezione dei sindaci, ed un proporzionale con sbarramento alto. Il primo piace al Pd di Nicola Zingaretti, il secondo a M5S, Leu e IV.

In attesa della sintesi che si cercherà di trovare in Commissione, è significativo che l'attuale maggioranza decida di accelerare su uno dei punti d'intesa raggiunti nel momento di formazione del governo. Ovvero una legge elettorale che impedisca ad uno solo di assumere «pieni poteri» pur non avendo il 50% dei voti. E' probabile che alla fine il proporzionale con sbarramento al 5% sia il punto di caduta anche perché obiettivo della maggioranza è di licenziare il testo entro marzo tentando di allargare il perimetro dell'accordo a buona parte di FI, mentre FdI e Lega restano contrari a sistemi non maggioritari. Il pressing più deciso lo esercita il Pd.

Le tensioni interne alla maggioranza e il rischio di un risultato negativo in Emilia Romagna e in Calabria agitano i Dem. Stretto tra l'esuberanza renziana e il caos grillino, al Nazareno ci si chiede con sempre maggiore insistenza sino a che punto si potrà andare dopo l'approvazione della legge di Bilancio. Premere l'acceleratore in questo momento, sullo scudo penale per ArcelorMittal o sulla prescrizione, può essere ora pericoloso, ma a gennaio il Pd lo pretenderà anche a rischio di limare i numeri della maggioranza scontando l'addio di qualche grillino.
 



Resta il fatto che a gennaio l'agenda del governo è pressoché vuota, al punto che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha proposto ai capi-delegazione dei quattro partiti della maggioranza di ritrovarsi in una sorta di conclave per stilare una serie di punti programmatici per il 2020. A battere sul tempo Pd e M5S è stato ancora una volta Renzi che domani a Torino lancerà l'agenda di Italia Viva per l'anno nuovo. Ma la ruota sgonfia della maggioranza è il M5S dove ormai nessuno riesca a fare più sintesi. Di Maio viene costantemente sconfessato mentre Conte subisce il fuoco amico che parte dalla Farnesina ogni volta che tenta di trovare il bandolo della matassa in un Movimento dove ex ministri guidano pattuglie di scontenti.

Alla crescente insofferenza dei Dem, i grillini rispondono mettendo i sacchi di sabbia in difesa della legislatura. Alle firme per indire il referendum sulla riforma costituzionale che ha tagliato in maniera lineare e inconsulta il numero dei parlamentari, mancano solo i parlamentari grillini che attendono l'ultimo giorno utile in modo da guadagnare quanto più tempo possibile. Malgrado nelle settimane scorse sia filtrata dal Quirinale l'idea che si può anche andare al voto con l'assetto attuale - e quindi anche prima dell'entrata in vigore del taglio dei parlamentari - nel M5S c'è chi tenta di mettere zeppe allo scioglimento anticipato.

Eppure, come dimostra la vicenda dell'ex Ilva e il faticoso iter della manovra di bilancio, il filo rischia di spezzarsi ugualmente anche perché nel Movimento aumenta il numero di coloro che non escludono la bella morte.
 

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