Durigon verso l'uscita e Salvini si smarca da FdI sul caso Lamorgese: non voterà le dimissioni

Durigon verso l'uscita e Salvini si smarca da FdI sul caso Lamorgese: non voterà le dimissioni
di Marco Conti
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Giovedì 26 Agosto 2021, 07:17

«Un membro del Governo si dimette o perché lo chiede il presidente del Consiglio, o perché lo chiede il suo partito, o perché glielo chiede la sua coscienza. Posso solo aggiungere che, quando si hanno responsabilità di governo, occorre stare sempre attenti...». Il vademecum di Giancarlo Giorgetti, per dimettere un sottosegretario o un ministro, è perfetto e si adatta perfettamente alla doppia partita che sta giocando in questi giorni Matteo Salvini. Da un lato la richiesta di Pd e M5S di dimissioni del sottosegretario al Mef Claudio Durigon, dall'altro il fuoco polemico acceso dallo stesso Salvini contro la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese.

Durigon, il passo indietro è più vicino: ipotesi dimissioni per il sottosegretario

IL PARCO
A tutti e due si applicano i criteri ricordati dal ministro leghista dello Sviluppo Economico, ma la richiesta del partito di dimettersi, per evitare problemi al governo, è arrivata di fatto solo a Durigon e dopo l'incontro che il leader della Lega ha avuto a palazzo Chigi con Mario Draghi.

Il sottosegretario è sotto accusa per aver proposto di reintitolare il parco comunale di Latina - dedicato ai giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - al fratello del duce Arnaldo Mussolini così come era stato fatto nel 31. Ma Giorgetti ci tiene a sottolineare che ciò che vale per Durigon vale anche per Lamorgese. Ovvero - come sostengono nella Lega - «prudenza nelle dichiarazioni e magari, dato che la Lamorgese è un tecnico, non serviva che si esprimesse in favore dello ius soli».

La soluzione delle tensioni tra leader della Lega e Viminale è stata rinviata ad un incontro a tre - Draghi, Salvini, Lamorgese - già previsto ad inizio mese e che potrebbe tenersi a breve. Sul tavolo soprattutto la questione degli sbarchi dei migranti che arrivano ormai non solo dalla Libia quanto dall'Egitto e dalla Tunisia. Più complicata, per Salvini, la soluzione del caso-Durigon, anche perché il sottosegretario resiste. Durigon è in silenzio stampa da giorni. Salvini continua a difenderlo sostenendo che «è in gambissima» e che «è l'ultimo a poter essere accusato di fascismo» oltre ad essere «il papà di Quota 100». Comunque ribadisce che intende incontrarlo e «insieme vedremo come andare avanti per il governo e il Paese». «Lo faremo in totale serenità», aggiunge quasi ad attendersi che Pd e M5S mettano la sordina alle polemiche in modo da rendergli più facile il compito. D'altra parte Durigon è l'uomo di punta della Lega nel centrosud e soprattutto nel Lazio dove tra poco si vota per eleggere il nuovo sindaco di Roma.

Senza contare che Durigon fa parte di quella Lega-salviniana più in difficoltà con il governo Draghi. Non a caso il Pd e il M5S continuano a picchiare duro contro il sottosegretario. Salvini ha però deciso di risolvere il problema tirando fuori dal governo Durigon che potrebbe essere sostituito dall'ex sindaco di Padova Massimo Bitonci - che ha svolto lo stesso ruolo nel primo governo-Conte - o dall'ex viceministro Edoardo Rixi che fu costretto a dimettersi nel Conte 1 per un'inchiesta dalla quale è stato assolto.

Malgrado le polemiche quotidiane, Salvini non ha nessuna intenzione di forzare la mano che rischierebbe di portare la Lega fuori dalla maggioranza come spera una parte del Pd e del Movimento. «Se il ministro è capace lo faccia. Se ha voglia lo faccia, altrimenti lasci il posto a qualcun altro», sostiene il segretario della Lega che però non chiede, come ha fatto sino a due giorni fa, «il cambio» prendendo quindi le distanze dalla mozione di sfiducia di FdI. La ministra dell'Interno è comunque un tecnico suggerito dal Quirinale già in occasione del Conte 2, e una sorta di scambio politico con il sottosegretario di Latina è «impossibile» pensarlo, come osserva Osvaldo Napoli deputato di Coraggio Italia.

L'avvicinarsi della campagna elettorale amministrativa ha riacceso lo scontro tra i partiti e nella maggioranza di governo ci sono tutti, tranne FdI che infatti marca stretto la Lega consapevole che, tra green pass, legge Zan e ius soli, la ripresa di settembre si annuncia infuocata per il leader del carroccio che teme il sorpasso e, forse, proprio per questo evita di presentarsi al consiglio comunale di Milano dove si è sempre candidato dal 93.

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