Iran, sale il pressing del governo italiano: «Ma resteremo a Teheran»

Palazzo Chigi invoca «fermezza» e si dice pronto a nuove sanzioni Ue. La promessa agli Usa: non isoliamo un Paese che si sta dotando dell’atomica

Iran, sale il pressing del governo italiano: «Ma resteremo a Teheran»
di Francesco Malfetano e Cristiana Mangani
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Mercoledì 11 Gennaio 2023, 23:52

Sentinelle a Teheran. L’Italia non richiamerà il proprio ambasciatore in Iran, tantomeno ci si aspetta che vengano espulsi i rappresentati della diplomazia internazionale. Se da un lato la linea è - a maggior ragione dopo le parole di ieri del presidente Sergio Mattarella - che «sui diritti umani non si può transigere» e che siamo sempre «pronti a varare nuove sanzioni» insieme all’Europa, dall’altra Roma ha intenzione di proseguire un dialogo minimo con il regime degli Ayatollah. A meno di ulteriori escalation, il filo non potrà essere spezzato. 
Non solo per i rapporti economici che vincolano i due Paesi (molto ridimensionati dopo le sanzioni del 2017), ma soprattutto per tenere fede a una “promessa” fatta agli alleati atlantici di non isolare un Paese che sta cercando di dotarsi della bomba atomica. Ritirarsi infatti, segnerebbe inevitabilmente un ulteriore avvicinamento iraniano alla Russia

RAPPORTI

Il rapporto è quindi delicatissimo, anche se il pressing per un’azione diplomatica più incisiva è cresciuto in maniera significativa nelle ultime settimane, specie tra l’opinione pubblica. Dopo la cooperazione necessaria per la liberazione della giovane Alessia Piperno dalle carceri di Teheran, in molti hanno considerato il proseguimento del dialogo «meno necessario». Le condanne a morte di alcuni manifestanti e la repressione sempre più sanguinosa delle proteste, ha fatto il resto. Tuttavia, nella piena consapevolezza di quanto detto in precedenza e del fatto che sono in arrivo nuove importanti sanzioni europee, «l’Italia lascerà l’Iran solo se cacciata». 
Una prospettiva «terribile» che però non può essere sottovalutata. Anche perché la pressione nei confronti delle ambasciate occidentali sta notevolmente crescendo nel Paese. I manifestanti che sostengono la Repubblica islamica, in questa fase stanno iniziando a concentrare cortei e atti dimostrativi (il più delle volte scritte anti-occidentali sulle mura di cinta) proprio nei dintorni delle rappresentanze europee. Nel dettaglio, sono già state oggetto di contestazione tanto l’ambasciata inglese, quanto quella tedesca e francese. E, ricorda chi segue da vicino il dossier, nel 2011 proprio a causa dei tragici attacchi nei confronti della sede diplomatica britannica, l’Italia richiamò «per consultazioni» a Roma l’allora ambasciatore Alberto Bradanini, per provare a scongiurare uno scontro frontale. 
Uno scontro che, del resto, anche in quest’occasione è stato già ad un passo.

Quando a fine dicembre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ricevuto il nuovo ambasciatore iraniano a Roma per ottenerne le credenziali (il presidente Mattarella stava ancora facendo i conti con il Covid e ha rimandato, appunto, a ieri), ha usato dure parole nei confronti del regime chiedendo non solo «l’immediata moratoria» contro la pena di morte e lo stop delle violenze, ma anche «l’apertura di un dialogo tra governo, giovani e donne». Una posizione forte a cui hanno fatto più volte seguito le esternazioni del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Se le repressioni non dovessero cessare - ha spiegato durante la conferenza di fine anno il premier - l’atteggiamento dell’Italia dovrà cambiare completamente» passando da «un’interlocuzione a livello di alleati per capire come rendere più incisiva la nostra azione».

LA RISPOSTA

Occasioni che hanno scatenato una piccata risposta da parte di Teheran. Poco prima della fine dello scorso anno infatti, il ministro degli Esteri iraniano ha convocato l’ambasciatore italiano a Teheran, Giuseppe Perrone, per esprimere la «forte protesta» per «gli atti e le osservazioni di alcuni funzionari italiani che continuano a intervenire negli affari interni» dell’Iran, definendo «inaccettabili» le politiche «selettive e doppie rispetto ai diritti umani» messe in atto dall’Italia e come tali vengono «respinte dalla Repubblica islamica dell’Iran». 
Secondo Teheran è stata l’Italia ad aver «danneggiato gli interessi della nazione iraniana e violato i suoi diritti con l’imposizione di sanzioni illegali». Per Teheran «le posizioni negative e irrazionali di alcuni funzionari italiani non sono compatibili con i rapporti storici tra i due Paesi».
In altri termini, il rischio di una escalation diplomatica è dietro l’angolo ma, sono convinti ai vertici dell’esecutivo come al Colle, che per ora vada scongiurata. 

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