Intercettazioni: c'è l'intesa, rinvii su Giustizia e Legge elettorale

Intercettazioni: c'è l'intesa, rinvii su Giustizia e Legge elettorale
di Alberti Gentili
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Venerdì 20 Dicembre 2019, 10:02 - Ultimo aggiornamento: 10:24

Intesa sulle intercettazioni, ma nuovo braccio di ferro tra Pd e 5stelle sulla prescrizione. Si chiude così un lungo vertice di maggioranza che ha stabilito che la riforma del dem Andrea Orlando sugli ascolti verrà inserita domani nel decreto Milleproroghe, per entrare però in vigore soltanto il 2 marzo. Acque agitate anche sul fronte della legge elettorale: la maggioranza resta divisa e Matteo Salvini, a sorpresa, dice sì al proporzionale di tipo spagnolo che piace a Pd e grillini.

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A fotografare le conclusioni del vertice con il premier Giuseppe Conte e il Guardasigilli Alfonso Bonafede, è Walter Verini responsabile della giustizia per il Pd: «Sulla prescrizione non c'è stata una convergenza tanto che abbiamo deciso di rivederci il 7 gennaio. Ira dei renziani: «Inutile rivedersi il 7 gennaio, quando la prescrizione sarà già entrata in vigore. Il rinvio poteva esere inserito nel Milleproroghe». La posizione del Pd è chiara: l'entrata in vigore della prescrizione non garantisce affatto i cittadini. Abbiamo riproposto l'urgenza e la necessità di forme che garantiscano la ragionevole durata dei processi». Tant'è, che dopo Natale i dem presenteranno una loro proposta con la sospensione fino a 30 mesi della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Lo stesso farà Italia Viva che nel summit ha chiesto (inutilmente) un rinvio dello stop alla prescrizione che scatterà a inizio anno.
I dem, nonostante Bonafede celebri come un successo lo slittamento al 2 marzo della riforma delle intercettazioni, preferiscono vedere il bicchiere mezzo pieno: «Nessun rinvio della riforma», spiega Verini, «abbiamo solo concesso qualche settimana di tempo su richiesta di alcune Procure».

Tra le novità, che potrebbero essere limate nel Consiglio dei ministri di domani, c'è l'uso del trojan (il virus che trasforma i cellulari in una micropsia ambientale) solo per i reati che prevedano una pena superiore ai 5 anni. Corruzione inclusa. C'è la decisione di restituire ai pm la scelta delle intercettazioni da ritenere penalmente rilevanti. E c'è la possibilità per gli avvocati difensori di leggere gli ascolti trascritti e di ascoltare quelli giudicati non rilevanti.

LA RIFORMA ELETTORALE
Non è meno complessa la partita della legge elettorale. Questa volta a sparigliare è stato Salvini, cogliendo di sorpresa Pd, 5Stelle e gli alleati di centrodestra dicendo sì, appunto, al sistema proporzionale spagnolo. «Qualunque meccanismo va bene, l'importante è che si faccia la legge elettorale e si vada subito a votare», ha detto Roberto Calderoli al termine del vertice con i rappresentanti della maggioranza. Ma è un sì tattico, volto a individuare una via di uscita elettorale («che garantisca minore frammentazione possibile») nel caso in cui la Consulta il 15 gennaio dovesse bocciare il referendum leghista a favore dei collegi uninominali (maggioritario puro, cancellando la quota proporzionale del Rosatellum) su tutto il territorio nazionale.

IL PERCHÉ DEL DOPPO NO
L'apertura al proporzionale iberico ha spiazzato Fratelli d'Italia e Forza Italia. E ha spaccato il centrodestra. Ignazio La Russa, di FdI, è stato tranchant: «Siamo ferocemente contrari al proporzionale, getterebbe il Paese nel ricatto post-elettorale e non garantirebbe la governabilità. Faremo l'inferno se si va su questa riforma». Contraria anche Forza Italia: «Vogliamo essere della partita e cerchiamo una soluzione condivisa», ha detto Francesco Paolo Sisto, «ma questa non può essere il sistema spagnolo». La ragione della doppia contrarietà sta nel fatto che sia Silvio Berlusconi che Giorgia Meloni preferiscono un gancio maggioritario che obblighi Salvini a un accordo pre-elettorale. In tutto questo anche la maggioranza è lacerata. Pd, 5Stelle e Leu sono per il sistema spagnolo (circoscrizioni piccole che riducono naturalmente la frammentazione). Matteo Renzi invece si dice d'accordo per il proporzionale con sbarramento al 5%. Meglio se al 3%. Così, nell'attesa «di una riflessione», slitta da fine mese a metà gennaio la presentazione di una proposta di legge rosso-gialla. «Ciò che va sottolineato», ha detto Federico Fornaro, capogruppo di Leu, «è il clima sereno, inconsueto in questo periodo in Parlamento».

 

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