Ilva, mossa di Renzi sullo scudo: Conte convoca i ribelli M5S

Ilva, mossa di Renzi sullo scudo: Conte convoca i ribelli M5S
di Diodato Pirone
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Lunedì 11 Novembre 2019, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 10:19

Il premier Giuseppe Conte ha convocato per le prossime ore i parlamentari “ribelli” M5S che hanno fatto cadere lo scudo giudiziario per l’Ilva. Il presidente del Consiglio sta delineando la sua strategia per piegarli e tentare di trovare un accordo con il colosso franco-indiano.

La trincea dei “ribelli” del resto rischia di ricalcare le orme di quella della Tav, quando il Movimento - ad agosto - si ritrovò sconfitto in Aula e con il sì del Senato alla Torino-Lione. Non sarà facile, per il capo del governo, impegnato in una doppia partita: quella della trattativa con la multinazionale dell’acciaio e quella con il partito che lo ha designato presidente del Consiglio. C’è un duplice presupposto dal quale Conte dovrebbe partire: che lo scudo penale è necessario per mantenere a Taranto ArcelorMittal. E che la permanenza dell’azienda, nonostante lo schiaffo inferto all’Italia, resta la migliore e più rapida soluzione praticabile al momento per dare un futuro sia ai lavoratori che ai progetti di risanamento.

IL PUNTO
Su questo punto il premier sarà costretto a insistere nell’incontro programmato a inizio settimana (forse oggi, forse nella mattinata di domani) con la pattuglia di parlamentari pugliesi del M5S prima del vertice con ArcelorMittal. Una pattuglia armata fino ai denti che però, già nelle prossime ore, potrebbe mostrare qualche crepa. «Anche perché, non votare lo scudo impedendone l’approvazione in Aula non solo non salva l’Ilva ma rischia di innescare una vera e propria crisi di governo», spiega una fonte di maggioranza dando il senso della drammaticità della situazione. Di certo non calma le acque l’emendamento che Italia Viva presenterà questa mattina al decreto legge fiscale per ripristinare lo scudo penale così come era stato pensato da Matteo Renzi. Su quell’emendamento, se non verrà ritirato, la maggioranza si spaccherà certamente. E non rasserena gli animi, soprattutto del M5S, il sì annunciato da Matteo Salvini allo scudo penale con il chiaro obiettivo di infilare un cuneo nelle crepe della maggioranza.

L’INTERVENTO
Toccherà al governo, invece, intervenire. Trovando prima un accordo all’interno della maggioranza e mettendo in campo un decreto ad hoc, che non comporti solo lo scudo penale ma anche una serie di misure per l’ex Ilva e, forse, anche per il rilancio di Taranto. Non è detto che per ArcelorMittal basti ma Conte è intenzionato a «fare di tutto». Incluso convincere personalmente i parlamentari M5S più riottosi.

Nel Movimento l’agitazione è ai massimi livelli. Barbara Lezzi, ieri, in un video su Facebook, è tornata a gridare il suo «no» e annuncia che, assieme ai colleghi pugliesi, porterà al premier una serie di proposte di soluzione. Proposte che, plausibilmente, non prevedono la permanenza di ArcelorMittal a Taranto. Ma anche nel Movimento c’è chi, silenziosamente, lavora ad una mediazione.

IN SILENZIO
Alla Camera, in particolare, alcuni pentastellati stanno lavorando ad una proposta che, senza neanche citare la parola scudo penale, valga erga omnes e interpreti, di fatto l’articolo 51 del codice penale, che stabilisce la non perseguibilità per chiunque adempia un dovere o un obbligo stabilito dalla legge (nel caso di Arcelor il piano ambientale normato con un Dpcm nel 2017).

Ieri il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa si è mostrato possibilista: «Ritengo - ha detto - si possa arrivare ad una soluzione positiva con ArcelorMittal. Secondo il ministro Arcelor Mittal sarebbe danneggiata sul pianodell’immagine internazionale. «L’Ilva adesso - ha proseguito - è in mano al premier, ci sarà una cabina di regia della quale faccio parte anche io per quanto riguarda il piano di risanamento ambientale e molto dipenderà dai prossimi incontri».

Di Maio, in questo contesto, tiene fermo il «no» allo scudo. Ma certo, lo stop del leader M5S (che uno scudo parziale lo aveva inserito nel decreto legge imprese) potrebbe pragmaticamente ammorbidirsi di fronte alla necessità di salvare l’ex Ilva. E a quel punto, chi nel M5S voterà contro un decreto ad hoc voterà contro il suo stesso governo.
 

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