Roberto Fico, dall'occupazione del tetto alla vetta di Montecitorio

di Mario Ajello
5 Minuti di Lettura
Domenica 25 Marzo 2018, 12:13 - Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 10:14

«Una casa di vetro». Ecco come s'è trasformato Montecitorio, o meglio: come diventerà, secondo la nuova dottrina Fico. Non sarà più una scatoletta di tonno da sventrare con l'apriscatole la Camera. Ma il luogo sacro in cui si esercita al massimo livello «il valore umano delle nostre azioni». Espressione lirica, che rientra nel personaggio. Cioè, appunto, Roberto Fico. La terza carica dello Stato è lui, finalmente munito di cravatta: «Avete visto? Questa volta l'ho dovuta proprio indossare». Nove anni fa, stava ai banchetti napoletani per l'acqua pubblica, per gli inceneritori da non fare, per le lotte alternative e di movimento, e ora grida «e vaiiii!» quando viene sancita la sua vittoria e dal primo istante assume i panni, anche se gli stanno un po' larghi, di Pietro Ingrao.

LEGGI ANCHE: Yvonne: la compagna fotografa del presidente della Camera
LEGGI ANCHE: A Fico 60 voti in meno. Imbarazzo M5S a votare Casellati

ABBASSO LA PROSA
Il poeta del grillismo, l'eretico poco in linea con Di Maio (che però raggiante s'alza ad applaudirlo in aula perché «questa è una giornata storica»), il dissenziente che non rompe mai (anche se «Coraggio!», è stata la prima parola che ha rivolto all'emiciclo di cui è diventato guida) e in questo proprio il vecchio Ingrao ricorda, come il Pietro del Pci rappresenta in piccolo l'avvicinamento di una forza d'opposizione nell'area della maggioranza, anche se la maggioranza di governo ancora va trovata. E da poeta a poeta, il primo a omaggiarlo dopo l'elezione è stato Beppe Grillo. Di cui è il prediletto. Di Maio una necessità (politica e realpolitica), Roberto una possibilità (di un mondo diverso, ma con i voti procacciati da Salvini e ogni urrà in aula non riesce a nascondere questo imbarazzo M5S): così egli appare agli occhi dell'inventore del grillismo. Il quale gli telefona e gli dice: «Roberto, il nostro sogno è andato al potere». Per Dibba - lui è Che e l'altro è Guevara - Fico «è l'etica fatta persona». Definizione impegnativa, naturalmente. Ma gonfia di promesse. E Virginia Raggi lo incita così: «Buon lavoro, Roberto!».
La trasformazione di Fico sta nel fatto che, appena esce da Montecitorio, alcuni videomaker dall'impatto combat - un po' come lo è stato anche lui nella vita precedente - lo assediano in modalità vetero-grillina: «E allora, e allora... Quando li taglia i costi della politica?». Lui, nei nuovi panni, resta sorpreso da tanta foga anti-casta ma rassicura: «Ho detto nel mio discorso che i tagli alla politica saranno una delle mie priorità». Da leader che viene dalla piazza e dalla mistica dei «territori» («Sui territori si esprimono le soggettività»), non si smentisce Fico nel suo esordio. Si mette alla guida di un mini-corteo, una sorta di scena da Quarto Stato ma punteggiato dalle grisaglie dei deputati M5S, che è diretto al Quirinale per l'omaggio a Mattarella. Verso il Colle i pentastellati si dirigevano quando c'era da protestare. Ora ci vanno per raccogliere la benedizione: «Grazie Presidente», dice Fico al Capo dello Stato. Mai accaduto che un presidente della Camera si fosse avviato a piedi sul Colle, in mezzo a passanti che lo applaudono («Non dimenticare il Sud») e battono il cinque sulla sua mano. In questa marcia si può vedere in nuce che stile sarà quello del nuovo presidente: da ami du peuple. Che non sale più, però, sui tetti di Montecitorio per protestare. Ma garantisce la fase governista di M5S. Quando Fico e i suoi diretti al Colle salgono lungo via della Dataria, dalle finestre di un palazzo si sporgono tutti per vedere la scena. Lui: «Ma che cos'è questo palazzo?». «E' la redazione dell'Ansa», gli viene risposto. «Ah, questa è una notizia!», sorride. Quasi si commuove quando una bimba di colore, con il gelato in pugno, gli lancia casualmente un sorriso. La compagna - in look da ceto medio riflessivo - è con lui. «Tanti auguri a voi e tanti auguri al Paese», dice lui quando lo acclamano i passanti. Mentre Montecitorio, specie chi come Fratoianni lo considera «un compagno» e gli altri che lo hanno acclamato, sono impazienti di vederlo all'opera e si aspettano molto da questo personaggio apocalittico (gli piace dire di no) ma integrato. Che si è laureato in comunicazione, con una tesi intitolata «Identità sociale e linguistica nella canzone neomelodica napoletana». E Spelacchio - su Twitter ancora esiste - commenta: «Io come terza carica dello Stato me ce vedrei».
SI BALLA
Fico ha tracciato così la sua missione: «Garantirò discussioni di alto livello e lo spirito di cambiamento che gli elettori hanno espresso». Il cittadino Roberto si fa dunque portavoce dei cittadini che aspettano un'altra Italia. Mentre a lui, in serata, lo aspettano all'Hotel Forum dove Grillo gli ha organizzato una festa. Gli amici sono in apprensione: «Gli toccherà ballare». Così, magari, si allena per le danze a Montecitorio. Che saranno politicamente vorticose, e con il rischio forte - anche per lui - di non riuscire a reggere il ritmo.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA