Si intendono. E si aiutano a vicenda. Palazzo Chigi, sala dei Galeoni. Tra “Giorgia” e “Volodymyr” è nata «un’amicizia personale» e per questo si chiamano per nome, si abbracciano e sorridono i due leader all’uscita da un incontro a tu per tu, niente interpreti, durato più di un’ora. Per Meloni la visita di Zelensky a Roma ha un doppio significato. È l’occasione per ribadire una convinzione cresciuta nel suo recente viaggio a Kiev: gli ucraini stanno combattendo «per difendere l’Europa intera». Per questo «una pace giusta» passa «dalla vittoria dell’Ucraina».
IL SORPASSO
Al tempo stesso, la tappa romana di Zelensky fa dell’Italia - di questo almeno è convinta la premier - il “garante” della causa ucraina in Europa e nella Nato.
Zelensky apprezza, non chiede né recrimina. Fatta eccezione per il Samp-T, il sistema missilistico italo-francese che farà scudo ai cieli delle città ucraine di cui auspica «una consegna veloce», sa che sul fronte militare l’Italia ha già dato molto. La premier, questo sì, promette di aumentare la produzione di munizioni coordinandosi con l’Ue. Ma per farlo, è ormai deciso, non ricorrerà ai fondi del Pnrr come pure ha proposto la Commissione europea: dirottare sulle armi i fondi europei per la ripresa accenderebbe la miccia dentro e fuori la maggioranza. Né sembra all’ordine del giorno la fornitura di caccia a Kiev: gli unici aerei che l’Italia è in grado di cedere, gli Amx Ghibli, sarebbero poco utili alla causa.
I DOSSIER
Durante il pranzo di lavoro tra delegazioni - menù a base di branzino e gelato alla vaniglia - si parla a lungo dei dossier economici. La ricostruzione ucraina: Zelensky attende dall’Italia un aiuto per la fase del “fast-recovery”, a partire dalla riapertura delle scuole bombardate a settembre. Poi la stretta sulle sanzioni a Mosca. È in arrivo un nuovo pacchetto Ue per colpire i Paesi terzi che cercano di eluderle e l’Italia continuerà a fare la sua parte congelando i beni degli oligarchi russi: ad oggi il tesoro sequestrato dalla Guardia di Finanza ammonta a 2,3 miliardi di euro. Quanto all’accordo tra Kiev e Mosca per l’esportazione di grano nel Mar nero, mediato dalla Turchia di Erdogan, l’Italia ritiene «fondamentale» il suo rinnovo. Il timore infatti è che il blocco dell’export aggravi la crisi alimentare dei Paesi nell’Africa subsahariana e di conseguenza i flussi migratori verso il Mediterraneo. Sul tavolo anche un “patto” tra Roma e Odessa per Expo 2030: in caso di vittoria, la Capitale ospiterà una parte dell’esposizione ucraina.
Agenda ricca, insomma. Sono ormai lontani gli incidenti di percorso, i distinguo della Lega e le vecchie sortite filorusse di Berlusconi che tanto hanno irritato la controparte ucraina. Acqua passata. Non a caso a Roma Zelensky evita qualsiasi accenno alle note stonate in maggioranza, anzi in serata confessa che incontrerebbe «volentieri» Matteo Salvini. Un altro assist alla premier e leader di FdI che a fine giornata può tirare un sospiro di sollievo. «Grazie a Mattarella, Draghi e Meloni l’Italia è rimasta fedele agli impegni internazionali ed oggi è più forte», è il bilancio di un ministro meloniano.
Tra i fedelissimi della presidente del Consiglio la convinzione è che la visita di Zelensky sia uno spartiacque. Sarà il biglietto da visita con cui Meloni volerà a Washington DC a giugno, da Joe Biden. Ma anche una carta da giocare in vista delle elezioni europee. La professione di fede atlantista pronunciata a Roma dalla Meloni e dal vicepremier forzista Antonio Tajani accorcia infatti le distanze tra le rispettive famiglie politiche, Conservatori e Popolari, nella corsa che deciderà gli equilibri e i futuri assetti a Bruxelles.