Governo, duello su Viminale e vice: il capo 5Stelle in difficoltà

Duello su Viminale e vice: il capo 5Stelle in difficoltà
di Marco Conti
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Martedì 27 Agosto 2019, 07:21 - Ultimo aggiornamento: 16:24

Il format delle delegazioni che si sono incontrate ieri sera a palazzo Chigi, è un'equazione di primo grado e segna il cambio di schema sul quale dovrebbe essere costruita la maggioranza e il governo. Da un lato del tavolo Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, dall'altro Nicola Zingaretti e Andrea Orlando. Non più il presidente del Consiglio e i leader dei due partiti, ma Conte che diventa l'esponente più importante del partito di maggioranza relativa (M5S) e che incontra Zingaretti in quanto rappresentante del secondo partito (Pd) della possibile coalizione. Ovvero Conte sta a Zingaretti come Di Maio sta a Orlando.

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L'ANGOLO
Il via libera al Contebis rischia di costare non solo e non tanto al segretario Dem, che avrebbe voluto far partire la «discontinuità» da palazzo Chigi, ma soprattutto al leader grillino che, incassato il successo sul presidente del Consiglio, rischia in prospettiva un ridimensionamento. Le tensioni di una giornata si sono infatti scaricate sul vertice serale, ma sono iniziate di prima mattina quando dal quartier generale grillino si cercava di accreditare uno schema a tre punte con Conte premier e vice Di Maio e Zingaretti. A tutti gli effetti una riedizione dello schema gialloverde che non piace al Pd e che fa anche rizzare i capelli sul Colle al solo pensiero di ciò che ha significato nel predecente governo. I Dem sono infatti pronti ad accettare il bis di Conte solo a patto che lui sia di fatto presidente del Consiglio espressione del M5S e quindi con un vice del Pd che potrebbe essere Dario Franceschini. A metà giornata, prima del summit a casa di Dettori, Di Maio capisce di essere in un angolo e prova a reagire chiamando Zingaretti a palazzo Chigi. Quando il segretario Dem è a Chigi scopre che Conte non è ancora arrivato dal G7 di Biarritz. Lo chiama e si aggiornano per le 21, ma all'incontro va con Orlando.
Ad un possibile declassamento, Di Maio prova a reagire chiedendo il ministero che fu di Salvini e posti sicuri per i suoi fedelissimi Bonafede e Fraccaro. Il Pd non molla il Viminale e, soprattutto, pretende di incassare sui nomi dei ministri quella «discontinuità» non avuta con un nuovo inquilino a palazzo Chigi. Tutte e due i partiti sanno che il Presidente della Repubblica riserverà particolare attenzione ai ministeri più delicati come Interno, Esteri ed Economia. Non è certo questioni di nomi, ma di coerenza con gli impegni assunti dall'Italia in campo internazionale. Principi un tempo scontati, ma che nella stagione dei neofiti-sovranisti, non lo è. Nessun problema solleva il nome dell'ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che potrebbe tornare alla Farnesina. Nè quello dell'uscente Elisabetta Trenta alla Difesa. Se non fosse che a quel ministero potrebbe andare lo stesso Di Maio qualora dovesse accettare il trasferimento dai due dicasteri di Lavoro e Sviluppo Economico. Per Di Maio il problema del dicastero non è di poco conto. Nel Movimento il ruolo istituzionale ha forgiato quasi tutti i leader, se si esclude Alessandro di Battista. Senza poltrona pesante e con il Pd e tutto il governo che interloquisce direttamente con Conte, il declassamento rischia di partire il giorno dopo il ringraziamento che sicuramente incasserà alla prossima riunione dei gruppi per essere riuscito ad evitare la fine della legislatura.

IL CAMBIO
D'altra parte anche Beppe Grillo, che ieri ha avuto una vivace telefonate con Di Maio, ha riconosciuto che ora «l'elevato» è Giuseppe Conte. L'avvocato del popolo non è più il premier-mediatore tra due leader (Di Maio e Salvini), ma il presidente del Consiglio al quale, come Costituzione prevede, è affidato la direzione dell'intero esecutivo. Poichè è molto difficile che nel M5S possa esserci - come accaduto in altri partiti - una diarchia tra premier e leader, Di Maio teme di essere oggetto di un cambio in corsa che Grillo cerca e Casaleggio più o meno subisce. Ieri pomeriggio, appena il Pd ha rimosso le riserve sul Contebis e il Quirinale ha diffuso il calendario delle consultazioni, la palla è passata da Di Maio a Conte. Con tanto di riunioni a palazzo Chigi che da domani sera - dopo l'incarico - riprenderanno.
 

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