Grillo-Zingaretti, divisi su tutto ma con la stessa voglia di ricostruire l'area progressista

Grillo-Zingaretti, divisi su tutto ma con la stessa voglia di ricostruire l'area progressista
di Simone Canettieri
4 Minuti di Lettura
Lunedì 2 Settembre 2019, 07:22

E pensare - era il 13 luglio del 2009 - che tutto iniziò con un «mai». Fu quello del gruppo dirigente del Pd davanti alla richiesta di Beppe Grillo di prendere la tessera dem per correre alle primarie. «Il partito è una cosa seria», disse appunto l'allora candidato al Nazareno, Pierluigi Bersani. Trovando favorevole il chirurgo dem Ignazio Marino (lo stesso che da sindaco-marziano di Roma provò a fare entrare in giunta i grillini, che poi conquisteranno il potere sputando sul «Pd di Mafia Capitale»).

Nicola Zingaretti "scrive" a Beppe Grillo: «Mai dire mai, cambiamo tutto»

DECENNIO
Dieci anni dopo, siamo al sabato sera del «mai dire mai» via Twitter di Nicola Zingaretti a Beppe Grillo. Un'apertura forte ed esplosiva a scenari inediti che potrebbero scaturire da questa travagliata alleanza giallorossa. Eppure le fortune del Garante-Elevato sono speculari alle posizioni del Pd: sempre dieci anni fa Piero Fassino consigliò al «comico-blogger», come da definizione del tempo, che se voleva fare politica «fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende».
Una valanga nel 2013 a colpi di vaffa e ancora di più cinque anni dopo: 11 milioni. Consensi conquistati sulle spalle della sinistra, puntando sulla purezza. Ma anche sul giustizialismo dipietrista anti-casta e anti-sviluppista, poi sull'anti-renzismo.
Adesso lo schema volge al futuro senza una direzione certa. «Beppe - racconta chi ha parlato con lui nelle ultime ore - nel suo appello si è rivolto ai giovani del Pd perché sogna un movimento nuovo che possa coinvolgere le forze che adesso sono tra i dem, purché siano fuori dalla partitocrazia».
Nicola Zingaretti viene da una tradizione di un partito che ha fatto dell'egemonia un marchio di fabbrica. E in questa partita a scacchi si fida sì e no del progetto del nuovo Movimento che punta all'opposto. «Beppe e Nicola - assicurano al Nazareno - non si sono mai parlati».
 



INTUIZIONE
Ma il rischio di un abbraccio mortale per il Pd, c'è eccome, tutto in funzione di nuovo ordine progressista, green e anti-nazionalista sognato da Grillo. Un'intuizione, certo, come lo furono il mito della democrazia diretta (annunciata e mai applicata) o dell'«uno vale uno» (teorema che ha messo l'onestà davanti alla competenza con risultati eloquenti).
La grillina Roberta Lombardi, che con Zingaretti, in Regione ha dato vita un anno fa a un patto di desistenza per la guida del Lazio. giorni fa raccontava ai suoi colleghi scettici: «Il segretario governatore ha sempre avuto in testa un accordo con noi a livello nazionale, un processo che doveva svolgersi in maniera lenta, magari dopo anni di opposizione insieme a Salvini». Adesso però tutto si è ribaltato. E dunque se nascerà un esecutivo, alle prossime regionali Pd e M5S potranno remare dalla stessa parte e chissà di questo passo cosa potrebbe accadere. Di sicuro la componente più liberal e meno populista del Nazareno al sol pensiero ha già i capelli dritti: da Matteo Renzi a Maria Elena Boschi tutti ripetono che «questo non è un matrimonio politico» e che anzi le ferite del passato non si rimargineranno (vedi le querele). E se Carlo Calenda, uscito proprio dal Pd per questa alleanza, trasecola quando vede su Twitter il dialogo dei dirigenti dem con Grillo, c'è chi strizza l'occhio al prodotto finito di questa alleanza che dovrebbe vedere la luce. Soprattutto chi teorizza il ritorno al bipolarismo: i progressisti da una parta, i sovranisti dall'altra.

CONTROPIEDE
Ecco perché Luigi Di Maio (ma anche Davide Casaleggio) sono ormai presi in contropiede: la loro idea di M5S (nel Palazzo e come network) è trasversale e dunque «ago della bilancia». Quel Fondatore-Garante no: guarda a una nuova sinistra. Al Nazareno quando hanno visto il video di Grillo rivolto ai «giovani del Pd» si sono sentiti come dieci anni fa: «Ci sta entrando in casa un'altra volta». E così è partito il rilancio di Zingaretti, continuato anche ieri dai pesi massimi del Partito democratico.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA