Governo, nel Pd cresce il malumore sul 5Stelle: «Ormai ci stiamo appiattendo su di loro»

Governo, nel Pd cresce il malumore sul 5Stelle «Ormai ci stiamo appiattendo su di loro»
di Simone Canettieri
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Mercoledì 15 Gennaio 2020, 11:38 - Ultimo aggiornamento: 12:01

«Il posizionamento del Pd indicato da Franceschini non mi convince tanto, primo perché mette in secondo piano la produzione della ricchezza rispetto alla protezione. Inoltre trascura la specificità del caso italiano - in cui il Pil è fermo da anni - ed è piegato all'obiettivo dell'alleanza con il M5S, con il governo come incubatore». Per dire che il re è nudo, che l'alleanza rosso-gialla «anche se si dovesse arrivare a nuove elezioni» non è affatto scontata nel corpaccione dei dirigenti e soprattutto degli amministratori democrat, doveva arrivare fin quassù Giorgio Gori, sindaco di Bergamo.

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Il secondo giorno del seminario dem in abbazia nel Reatino vede diversi interventi critici nei confronti della linea di maggioranza tracciata ieri dal ministro dei Beni culturali. Con una convergenza tra la minoranza di Matteo Orfini e quella ben più consistente di Base Riformista sulla revisione o cancellazione dei decreti sicurezza: alla leadership si chiede di agire senza indugi. Ma il tema-chiave, come si diceva, è quello dell'alleanza con i grillini.

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SCELTA DI CAMPO
«Non la escludo affatto», fa sapere sempre Gori, «ma non in un campo che non è il nostro, quello dell'assistenzialismo e della protezione - ha aggiunto il coordinatore dei sindaci dem -. Dario dice che loro devono venire di qua, invece mi sembra che stiamo andando noi di là. È essenziale l'impegno per la crescita, sennò c'è poco da redistribuire. Fondamentale inoltre il tema della produttività, ferma dagli anni 90».
Orfini è ancora più netto: «Costruire una forza di centrosinistra insieme a una forza che di sinistra non è, è un errore drammatico. E stiamo caricando troppo di aspettative questo governo. Stiamo incubando i virus di subalternità più che aprire a una nuova stagione politica. La doppia debolezza del governo e del Pd non è di buon auspicio per il governo e per la legislatura».

Ecco, insomma il clima rosso-giallo a oltranza del primo giorno di conclave, al secondo è già svanito. «Noi non vogliamo nessun matrimonio ma diciamo che per governare il Paese serve un'alleanza che abbia un progetto, altrimenti rischiamo di ottenere il minimo risultato con il massimo sforzo. Se questo ritengono che porti voti io rifletterei», insiste Andrea Orlando, che dell'alleanza strutturale con i pentastellati è il teorico numero due (stante che il numero uno è Franceschini, appunto).
 


«Altro che subalternità al Movimento», risponde lo stesso Zingaretti ai critici interni. Per il leader dem «sono le disuguaglianze sociali a minacciare la democrazia e il Pd ha il dovere morale di trovare risposte». Certo le resistenze non saranno facili da superare. Vincenzo De Luca, che pure non esclude di dialogare anche con M5S per ricandidarsi alla presidenza della Campania, invita a «non omologarsi con chi si rinnova sotto la guida di Toninelli...». Orlando però avverte: «Ai nostri alleati dobbiamo dire, visto che l'antipolitica crea angoscia, o rinunciate all'antipolitica o la difficoltà di portare avanti questo governo crescerà».

Intanto le Sardine, bendisposte verso il Pd, con un proprio esponente criticano in tv Matteo Renzi sui diritti civili. Il leader di Italia Viva risponde «tenetevi stretti i vostri pregiudizi, noi ci teniamo strette le nostre leggi di civiltà». Il timore è forse quello di un asse con Zingaretti, una tenaglia che potrebbe far sentire i suoi effetti alle prossime tornate elettorali. E per le regionali in Puglia Renzi lancia l'idea di una candidatura alternativa a quella del dem Michele Emiliano, sua bestia nera quando era segretario. Carlo Calenda, leader di Azione, plaude e propone al senatore «troviamo insieme un nome».
 

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