Governo, Padoan: «Per lo sviluppo serve impulso fiscale fuori dal Patto le spese per investimenti»

Governo, Padoan: «Per lo sviluppo serve impulso fiscale fuori dal Patto le spese per investimenti»
di Alberto Gentili
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Mercoledì 11 Settembre 2019, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 11:47

Ministro Padoan, Gentiloni commissario agli Affari economici: è un premio all'Italia tornata nell'alveo europeista o un riconoscimento dell'autorevolezza dell'ex premier?
«Un po' tutte e due le cose. Del resto l'autorevolezza dell'Italia dipende dai suoi governanti. Il presidente Gentiloni è stato un ottimo primo ministro, dunque è un riconoscimento sia al Paese che alla persona».

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La von der Leyen ha affiancato a Gentiloni il vicepresidente Dombrovskis, un falco del rigore. Come valuta questa decisione?
«È un elemento di continuità. Anche Moscovici, nella precedente Commissione, era affiancato da Dombrovskis».

Dunque nessun commissariamento?
«Un commissariamento del commissario? No, non lo interpreto così. Si tratta di un elemento di equilibrio all'interno della Commissione, tra falchi e colombe, su un portafogli molto delicato. In più, l'attività è molto intensa, ogni mese ci sono riunioni di Ecofin ed Eurogruppo».

Non sarà che Gentiloni quando dovrà affrontare il dossier dei conti italiani avrà le mani legate? Qualcuno sostiene che è stato messo agli Affari economici per evitare il solito braccio di ferro Roma-Bruxelles e se dovesse concedere flessibilità all'Italia sarà accusato di fare favoritismi...
«No, non credo. Gentiloni non si occuperà solo dell'Italia ma anche di altri 26 Paesi e avrà l'equilibrio per trovare una linea apprezzata da tutti».

La von der Leyen annunciando l'incarico a Gentiloni, ha detto: «Le regole e i limiti del patto di stabilità sono chiari. Ci muoveremo all'interno di queste regole». Non sembra lasciare molti margini alla revisione del Patto sollecitata anche da Mattarella...
«Va chiarita una cosa. Da una parte c'è la questione della flessibilità, che è già all'interno delle regole del patto di stabilità. E queste dicono che la flessibilità non è automatica, ma va meritata. Poi c'è il tema più ampio della revisione del Patto che si inserisce in una strategia di miglioramento del modello economico dell'Unione europea che comprende il dibattito sulla capacità fiscale centralizzata: il bilancio europeo. Che solo in parte si sta modificando e che andrebbe rafforzato con quella che si chiama la funzione di stabilizzazione. Cioè uno strumento anticiclico: a maggior ragione adesso che l'economica europea è in rallentamento ci sarebbe bisogno di più impulso fiscale».

Può spiegare meglio?
«L'impulso fiscale dovrebbe essere di aiuto alla politica monetaria della Bce che ha già fatto molto ma che sta, ovviamente, incontrando dei limiti. E ci dovrebbe essere impulso fiscale da quei Paesi che hanno il cosiddetto spazio fiscale. In primo luogo la Germania, la quale ha un surplus di bilancio, un debito che scende e una chiara carenza di investimenti in infrastrutture. Poi, in una prospettiva molto lontana, in una situazione come questa, agirebbe anche uno strumento anticiclico europeo, sovranazionale, a rafforzamento della politica monetaria».

In soldoni?
«Il patto di stabilità andrebbe modificato andando ad analizzare il tipo di spesa. Ad esempio gli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici andrebbero calcolati nel deficit perché sono spesa corrente. Invece le spese per gli investimenti a favore di capitale umano, innovazione, ricerca e infrastrutture (magari quelle che proteggono l'ambiente) non dovrebbero essere calcolati nel deficit».

E secondo lei è maturo il tempo per abbattere il muro alzato dai Paesi rigoristi?
«Vedremo. Forse i rischi di recessione renderanno i falchi meno aggressivi. La von der Leyen ha mostrato aperture, ha citato il meccanismo di assicurazione contro la disoccupazione ciclica proposta del governo italiano negli anni scorsi. Questo può essere l'embrione di una politica fiscale unica».

Sta per scattare la sessione di bilancio. Lei in manovra, oltre al taglio del cuneo fiscale, prevederebbe una sforbiciata all'Irpef?
«I margini sono strettissimi. E se si tagliano le tasse in deficit si danno brutti segnali ai mercati. Non dimentichiamoci che circa un anno fa, di fronte all'annuncio di politiche fiscali giudicate insostenibili, i mercati hanno fatto aumentare di molto lo spread».

Un danno fatto da Salvini con i proclami sulla flat tax?
«Purtroppo sì. In più la caduta della fiducia di imprese e famiglie, di fronte agli annunci del governo e alle conseguenti incertezze, ha fatto fermare l'economia».

Cancellerebbe quota 100?
«La farei esaurire, non la cancellerei in modo brusco perché è giusto rispettare i cittadini che hanno deciso di utilizzarla. Ma sicuramente non è una misura sostenibile nel lungo termine».

E il reddito di cittadinanza?
«Il discorso è diverso. Qui il problema è la confusione tra le due funzioni: il sostegno ai redditi più bassi e l'avvio di un meccanismo di ricerca di occupazione. Le due cose sono diverse, non si possono mischiare in uno strumento solo. Tornerei perciò al reddito di inclusione (Rei) e lavorerei a un sistema di collocamento che funzioni davvero».
 

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