Massimo Cacciari: «Ormai siamo oltre il trasformismo ma non si dà un futuro al Paese»

Massimo Cacciari: «Ormai siamo oltre il trasformismo ma non si dà un futuro al Paese»
di Diodato Pirone
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Sabato 16 Gennaio 2021, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 09:46

Professor Cacciari, come giudica lo spettacolo politico di queste ore. Siamo di fronte all'ennesimo episodio di trasformismo?
«Ma no, il trasformismo ha radici profonde in Italia e ha accompagnato per molti anni la nascita dello stato unitario. Ma qui siamo ben oltre il trasformismo che con tutte le sue sconcezze era pur sempre un fenomeno politico».


Cosa vuol dire?
«Che con questo parlamento scassato, in una condizione di generale inadeguatezza del governo e della classe dirigente nel suo complesso, non c'è bisogno del trasformismo per mantenere in piedi un esecutivo e evitare le elezioni.

Il 90% dei parlamentari punta alla sopravvivenza fisica, non ha intenzione di consentire elezioni anticipate perché non vuol tornare a casa spesso a svolgere nessuna mansione. Mi permette di dare il classico consiglio non richiesto a Conte e al Pd?».


Prego.
«Non affannatevi, non andate a pesca di voti. Conte non ha bisogno di chissà quali traffici per sopravvivere perché i parlamentari gli si stanno offrendo».


Sta dicendo che non sono in corso trattative?
«Naturalmente niente è gratis. Dico però che la sopravvivenza del governo Conte non corre seri pericoli. Questo è matematico. Quindi non ha senso dare vita a fenomeni di compravendite indicibili di senatori, come accaduto in passato, oppure alla faticosa costruzione di patti politici o pseudopolitici per strappare pezzi di una coalizione al di qua o al di là dei confini fissati dalle elezioni. Siamo di fronte ad una fase di sopravvivenza, di galleggiamento, che ha poco a che fare con equilibri di carattere politico».


Sta dando ragione a Renzi?
«Neanche per idea. Renzi sa benissimo che non si andrà a votare e gli do atto d'aver ottenuto un miglioramento dei piani sul Recovery Fund. Ciò detto, solo Dio sa quali calcoli ha costruito nella sua testa per commettere questa follia. Provo persino qualche simpatia per lui ma, come la stragrande maggioranza degli italiani, lo trovo incomprensibile».


Non trova che la sinistra perda un altro pezzo della sua cosiddetta superiorità morale accettando la collaborazione di parlamentari eletti nel centro-destra?
«Ma no. Ripeto che non siamo di fronte all'ennesimo episodio di trasformismo. Operazioni politiche di quel genere compiute dalla sinistra sono ormai storia. Vogliamo ricordare la nascita del governo D'Alema con i cossighiani, il governo Letta e lo stesso Renzi appoggiato da un partito che si chiamava Nuovo Centrodestra? Il problema della sinistra oggi è un altro».

Quale?
«Diciamo la verità: l'opinione pubblica di sinistra si accontenta di tenere Salvini lontano del governo. E' vero che una destra antieuropea a palazzo Chigi sarebbe dannosa ma non avverto a sinistra quella forte spinta riformista e per il miglioramento delle condizioni di eguaglianza che andrebbe coltivata».


Insomma per la sinistra italiana oggi è meglio la minestra insipida di Conte che saltare dalla finestra?
«Mi pare che oggi sia così. Ma, Renzi o non Renzi, non credo che potranno andare avanti così a lungo con provvedimenti sconclusionati e raffazzonati di un governo debole».

Perché?
«Perché presto saremo in un dramma economico e sociale e perché ci sarà da gestire al meglio le enormi risorse del Recovery Fund. Sono cose da far tremare i polsi e invece si respira un'atmosfera di ovattata inconsapevolezza. Altro che Covid: se continuiamo così fra 4-5 mesi saremo tutti cadaveri».


Cosa si aspetterebbe dal governo?
«Sfruttare il Recovery plan per far ripartire il Paese un po' alla volta e soprattutto spalmare i sacrifici nel modo più equo possibile. Quei soldi non servono ad assistere. Non possiamo solo tamponare gli enormi buchi che si stanno creando scaricando il nostro enorme debito sulle spalle di qualcuno e non di altri. Serve ciò che non vedo: una grande consapevolezza e la capacità di agire di conseguenza in una fase difficilissima».

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