All'ora di pranzo la strada per un accordo di governo Pd-M5S sembra in discesa, ma nel giro di mezz'ora si torna sulle montagne russe. È Luigi Di Maio ad alzare il tiro: «O siamo d'accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti». Anzi, aggiunge: «Altrimenti, meglio il voto». Così il leader dei Cinque stelle gela i quasi alleati del Pd, uscendo dall'incontro con il premier incaricato Giuseppe Conte, l'ultimo delle consultazioni a Montecitorio. I Democratici, prima si confrontano increduli, poi replicano con durezza: niente diktat e minacce.
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Il più netto è il segretario Nicola Zingaretti: «Basta con gli ultimatum inaccettabili o non si va da nessuna parte». E ricorda su Twitter: «patti chiari, amicizia lunga». Altissima tensione quindi, tanto che viene annullato un vertice (tenuto segreto) tra lo stesso Zingaretti e Di Maio che era previsto per le 15. In pochi minuti la tensione schizza, il governo giallorosso è di nuovo in alto mare e sale pure lo spread (il picco a 176 punti, chiude la giornata a 170) mentre la Borsa scende (l'indice Ftse Mib ha ceduto lo 0,35%).
Patti chiari, amicizia lunga. Stiamo lavorando con serietà per dare un nuovo Governo all’Italia, per una svolta europeista, sociale e verde.
Ma basta con gli ultimatum inaccettabili o non si va da nessuna parte— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) 30 agosto 2019
Dl sicurezza, Zingaretti: «Recepire i rilievi del Presidente della Repubblica»
In serata è Conte, che dopo un incontro veloce con il Papa ai funerali del cardinale Achille Silvestrini, prova a mettere pace. Lo fa in una nuova riunione a Palazzo Chigi con i due partiti (senza i leader) e rinviando a un'altra in mattinata, per lavorare sul programma. Proprio lì, almeno ufficialmente, si è incagliata di nuovo la trattativa. In particolare si profila lo scontro sui decreti sicurezza. Zingaretti, mezz'ora prima di Maio, riferisce ai giornalisti di aver proposto a Conte che su quei decreti fortemente voluti dalla Lega e benedetti col voto dai 5S, si va «almeno» verso «il recepimento delle indicazioni del presidente della Repubblica.
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Rilievi su più punti e di peso, da parte del Colle, su cui anche il Movimento apre. Ma «senza modificare la ratio di quei provvedimenti», aggiunge Di Maio scatenando le polemiche.
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Infine invoca le stesse parole usate da Conte accettando l'incarico con riserva al Quirinale: «Non è momento degli attacchi ma del coraggio e ne servirà tanto». Ma i sospetti dei Dem in chiave anti M5s riprendono fiato e si moltiplicano. Anche sui decreti sicurezza. Non vanno rivisti? «Secondo me vanno abrogati», tuona su Facebook il deputato Matteo Orfini. Gli fa eco Nicola Fratoianni di Liberi e uguali, convinto che «andrebbero abrogati perche assai difficilmente si può rintracciare qualsiasi elemento di razionalità all'interno». Passano le ore e dal Movimento i toni si placano, fino quasi a rinnegare l'idea che vogliano far saltare il banco: «Cambio idea? Chiedere di abbassare le tasse significa cambiare idea? - scrivono in una nota - Ribadiamo: contano le soluzioni, non le poltrone. E qui il punto è un altro: noi vogliamo cambiare veramente il Paese».
Il Pd non si fida fino in fondo e in una nota il partito del Nazareno rilancia chiedendo «un chiarimento sulle dichiarazioni di Luigi Di Maio, al termine delle consultazioni». Siano «precondizione per proseguire nel percorso avviato negli scorsi giorni». E la partita continua. Il premier incaricato Giuseppe Conte, forte dell'investitura del Colle, per ora tiene la barra dritta e procede in autonomia.