Governo, e ora tutti abbracciano Draghi. Grillo: «Mario? Si è adeguato a me». Salvini: «Vuole i cantieri chiesti da noi»

Governo, e ora tutti abbracciano Draghi. Grillo: «Mario? Si è adeguato a me». Salvini: «Vuole i cantieri chiesti da noi»
di Mario Ajello
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Giovedì 11 Febbraio 2021, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 11:56

Non sono io che voto Draghi, è lui che è come me. Ecco, i partiti hanno fatto partire il gioco dell'appropriazione indebita, della subalternità spacciata per superiorità, delle formule lessicali (è lui come noi più che noi come lui) che sono un modo per darsi un tono di fronte all'opinione pubblica quando invece la realtà dice altro: che non possono che obbedire al professore, sia pure obtorto collo.
Il Pd che di doppiezze se ne intende e che viene da una tradizione ferratissima nell'uso depistante delle parole per ragion di partito, esulta individuando - che scoperta! - nell'europeismo il tratto saliente di Draghi: «È europeista come noi». Lui come voi e non voi come lui? Evidentemente, sì. Draghi l'europeismo non l'avrà certo imparato da Ciampi o alla Bce o magari fin da piccolo al liceo Massimo con i gesuiti. Ma al Nazareno, ossia il botteghino che ha preso il posto del Bottegone, o alle Frattocchie (la scuola Pci) o da qualche consigliere di Zingaretti o in qualche sezione del Pd. Sicuramente sarà stato così. E allora - ecco qual è lo scopo politico delle finzioni espressive dei dem - il Draghi europeista «come noi» non può accettare Salvini il finto europeista dell'ultim'ora o almeno deve mantenerlo in posizione scomoda e subordinata. E invece il nocciolo duro del nuovo governo non può essere che il Pd perché il Pd è come Draghi anzi Draghi è come il Pd.

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IL LIBERALE
E non gioca allo stesso gioco Grillo? Eccome. Non è lui ad essersi convertito alla dottrina Draghi ma è Draghi che è diventato - parola di Beppe - «più grillino di noi». Dunque è come loro. E questa falsa immagine diffusa dal fondatore di M5S non serve soltanto a convincere i malpancisti stellati a dire di sì al nuovo governo, infischiandosene di Dibba e di Rousseau, ma soprattutto ad affermare una sorta di primazia tarocca sulla figura dell'ex presidente della Bce e stabilire la propria appropriazione indebita contro quella che stanno tentando gli altri partner della futura maggioranza. «Mario è un liberale come me», è il ritornello di Silvio Berlusconi. E anche un «moderato» e un «europeista» e un «uomo del fare» e un «grande italiano» come Silvio. Si potrebbe metterla anche così - Silvio è un europeista e tutto il resto come Mario - ma non servirebbe a nulla. Ciò che serve è la rappresentazione del dominus della situazione, cioè Draghi, non per quello che è ma per quello che si vuole, a dispetto della logica e della realtà, che sia: un interprete sia pure di altissimo lignaggio e non il regista, il coprotagonista e non il padrone della scena.
Il mio Mario contro il tuo Mario è un fumo negli occhi lessicale che nasconde che Mario è di Mario.

Sennò il suo governo in fieri non avrebbe l'approvazione, secondo i sondaggi, di oltre il 60 per cento degli italiani molti dei quali dei partiti se ne infischiano o ne hanno un giudizio pessimo e ancora di più alla luce di questa crisi di governo che non hanno saputo gestire fino ad essere di fatto commissariati diventando più o meno ascari dell'ex banchiere a cui rivolgono tanti complimenti ma in fondo cercano di descrivere come un (improbabilissimo) ascaro.

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IL SINISTRESE
«Ovviamente il Pd - ironizza il leghista Giorgetti - ha già inserito Draghi tra i suoi padri nobili». O tra i suoi figliol prodighi? Salvini ne parla praticamente come un fratello: «Come noi, Draghi vuole cantieri aperti e grandi opere». Come dire: M5S e sinistra se ne facciano una ragione, lui sta più con noi che con loro perché è più simile a noi che a loro. In realtà Draghi è simile a se stesso e ai suoi silenzi. E la forza che ha, o che gli viene attribuita dai cittadini, sta nel fatto che non somiglia a nessuno dei partiti e degli attori politici in campo. Ma vallo a spiegare a questi ultimi. Secondo Leu o come si chiama, insomma il partitino di sinistra-sinistra, «Draghi è per l'economia sociale di mercato, proprio come noi». Non loro come lui, che conosce i libri di Keynes a memoria, ha studiato con Federico Caffè e a in America con Franco Modigliani, Premio Nobel dell'economia, mentre i leuini o leuisti okkupavano le scuole.
Il Mario si è adeguato a me è diventato così non solo l'ultimo rifugio verbale degli sconfitti ma anche la nuova forma di ricatto tra inimicissimi alleati: se è uguale a me, non è uguale a te, e quindi comando io. Anche se in verità comanda Draghi.

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