Conte e lo spettro della crisi: il premier avvia la verifica. Dal Pd altolà a Renzi: no alternative al voto

Conte avvia la verifica, dal Pd altolà a Renzi: con la crisi si va al voto
di Marco Conti
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Sabato 12 Dicembre 2020, 00:34 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 07:35

I primi contatti già oggi e gli incontri delle delegazioni dei partiti, uno ad uno, subito dopo. Ha fretta Giuseppe Conte di avviare la verifica di maggioranza chiesta a gran voce da Pd ed Italia Viva. Se non fosse che quest’ultima ha alzato notevolmente i toni minacciando la crisi di governo, provocando l’irritazione dei dem e l’alzata di scudi del M5S. Il primo a reagire è stato il capodelegazione grillino Alfonso Bonafede che bolla come «irresponsabile» Renzi.

Segue, ma con toni molto diversi, il segretario del Pd Nicola Zingaretti che sollecita «coralità», ma prende nettamente le distanze da Renzi avvertendo che una crisi di governo porterebbe non ad un nuovo esecutivo ma al voto.

L’invito di Sergio Mattarella «alla serietà e all’unità» la dice lunga sulle preoccupazioni del Capo dello Stato per lo sfilacciamento della maggioranza, anche se al Colle è da tempo è avvertita l’esigenza di maggiore incisività nell’azione di governo. Il format pensato da Conte per «la verifica sul programma», come la definisce il vice segretario dem Andrea Orlando, prevede incontri separati con i capigruppo e poi una riunione congiunta. Un modo per cercare di tenere il più possibile la verifica in un ambito istituzionale ed evitare, forse, il faccia a faccia con Renzi che lunedì presenterà il piano di allocazione delle risorse del Recovery. Dopo le bordate al progetto di governance proposto da Conte - che non vuole però rinunciare alla cabina di regia - si ricomincia dai capitoli di spesa dove si intendono impegnare i 209 miliardi.

L’obiettivo del premier è quello di recuperare la brutta figura fatta ieri l’altro a Bruxelles licenziando quanto prima dal Consiglio dei ministri un documento programmatico che esprime la volontà della maggioranza, anche se poi sarà oggetto di incontri con le parti sociali e di un confronto in Parlamento. Delle unità di missione, non più dei commissari, e di chi e come seguirà l’attuazione dei progetti si discuterà quindi solo dopo. Le tensioni sui piani del Next Generation Ue arrivano però dopo lunghi mesi di strisciante polemica interna per un’azione di governo lenta e paludosa, con i dem critici quanto i renziani per i tantissimi nodi rinviati da mesi. «Nei prossimi giorni - ha affermato Conte da Bruxelles - ci confronteremo con le singole forze politiche e poi collettivamente. Cercheremo di capire che fondamento hanno queste critiche e che istanze rappresentano».

Ovvero il presidente del Consiglio intende capire se il problema è lui o le divergenze sul programma di governo. D’altra parte i capitoli sui quali i dem sono in pressing da mesi li conosce, mentre sospetta che Iv voglia soprattutto il suo scalpo o che tutti e due intendano piazzargli due vicepremier perché a palazzo Chigi non c’è il «Gianni Letta mediatore», evocato dal dem Orlando, ma «si fa ricorso alla comunicazione».

Il timore di Conte è che la verifica possa finire con una sorta di “rimpastone” che però da qualche tempo il premier non bolla più come «roba da vecchia politica». Ma se i partiti vogliono cambiare qualche ministro o mettere dei vicepremier «lo devono chiedere in maniera trasparente», sostiene Conte, guardando con sospetto anche al suo ministro degli Esteri.
 

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