Crisi di governo, l’offerta del centrodestra: elezioni non per forza, possibile esecutivo con noi

Crisi di governo, l offerta del centrodestra: elezioni non per forza, possibile esecutivo con noi
di Barbara Acquaviti
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Domenica 17 Gennaio 2021, 08:04 - Ultimo aggiornamento: 12:53

Al quarto vertice in quattro giorni, è Matteo Salvini questa volta anche nel ruolo di padrone di casa a indicare, agli alleati riuniti in via Bellerio, la contromossa: «La nostra prima opzione resta il voto, ma dobbiamo offrire un'alternativa al Quirinale e a chi ha paura di andare a casa. Perché, diciamoci la verità, sappiamo bene che le elezioni sono difficili da ottenere».

Una «prospettiva diversa» che, al termine di un'ora di riunione, lo stesso leader della Lega riassume così: «Se hanno i numeri li tirino fuori e ricomincino a lavorare. Se non hanno i numeri si facciano da parte e, o si va alle elezioni, cosa che in democrazia mi sembra naturale, oppure lascino al centrodestra l'onore e l'onere di farsi carico dei problemi di questo paese». Stessi identici toni di Silvio Berlusconi che a sera chiosa: «Se Conte non ha i numeri, si ridia subito la parola al Colle perché assuma nel più breve tempo possibile le decisioni necessarie».
In presenza a Milano ci sono Antonio Tajani, Maurizio Lupi e Giovanni Toti. Collegati via Zoom Silvio Berlusconi (che Salvini dice di aver trovato «tonico», a dispetto del recente ricovero), Giorgia Meloni, Giancarlo Giorgetti e i due centristi Lorenzo Cesa e Antonio De Poli. Una presenza, la loro, che, insieme alla nota diramata poche ore prima per dichiararsi indisponibili a «giochi di palazzo», colloca l'Udc fuori dall'operazione costruttori'.
L'idea di mettere sul piatto l'opzione di un governo alternativo di centrodestra trova il leader di Forza Italia da sempre d'accordo, così come la linea della presidente di Fdi è coerentemente quella di ridare la parola al popolo.

Non a caso Meloni non ci mette la faccia, ma lascia fare.

D'altra parte, anche l'idea di creare una war room permanente nasce dalla necessità di controllarsi l'un l'altro ed evitare fughe di lato o in avanti più che dalla reale compattezza.

Per ora, comunque, la coalizione riesce a tenere una linea unitaria e a evitare di perdere pezzi, anche dai cosiddetti cespugli'. Domani verrà presentata una risoluzione comune per bocciare le comunicazioni di Conte.
Ma le ricette per il dopo restano diverse. Spiega un partecipante al vertice: «Fino a martedì siamo tutti sulla stessa barca perché tutti vogliamo che il Conte ter non vada in porto. Ma un minuto dopo comincerebbero i problemi, perché mezza coalizione punta al governo di larghe intese, l'altra metà ad andare a elezioni». E tuttavia, ammette un dirigente di FdI, se si dovesse aprire mai l'ipotesi di un governo a guida Salvini anche Giorgia Meloni farebbe fatica a tirarsi indietro.

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Arrivi da M5S

Poi ci sono i numeri, soprattutto quelli di un'operazione responsabili che stenta a decollare. La convinzione, tra le forze di opposizione, è che il presidente del Consiglio, una volta incassata la fiducia della Camera domani, voglia salire al Quirinale per dimettersi senza passare da palazzo Madama, puntando a ottenere un pre incarico e a guadagnare tempo.

Ma nel centrodestra pensano che neanche a Montecitorio il premier possa dormire sonni così tranquilli: i giallorossi dice il pallottoliere - senza Italia viva sono 316, poi ci sono 13 deputati non iscritti a nessuna componente i cui voti vanno verificati uno per uno. E questo, sottolineano, «vale per loro, ma anche per noi». Ed è per provare a far traballare ancora di più i numeri che Antonio Tajani alimenta il venticello del sospetti: quattro o cinque senatori eletti con il M5S, dice, «guardano con attenzione al centrodestra».

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