Governo, Cassese: «Bene il contratto scritto, uscire dai personalismi»

Governo, Cassese: «Bene il contratto scritto, uscire dai personalismi»
di Diodato Pirone
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Lunedì 1 Febbraio 2021, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 11:12

Professor Cassese, Renzi lancia l'idea di un patto scritto per accettare il varo di un nuovo governo. I 5Stelle parlano di cronoprogramma. Le sembrano  buone idee?
«Le due proposte, patto scritto e cronoprogramma, mi paiono ottime per due motivi. Primo: questa crisi è quasi diventata una lotta tra galli. Ritornare alle cose da fare, ai programmi, è essenziale. Secondo: l'unico modo per tenere insieme forze politiche disomogenee è quello di mettere i programmi per iscritto e di stabilire anche la loro tempistica».

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I precedenti due governi sono nati entrambi su bozze di programma, più famoso quello contrattato da Di Maio e Salvini nell'estate del 2018, meno i 26 punti del programma rosso-giallo del 2019. Entrambi non hanno funzionato. Perché?
«Il mancato funzionamento di quei due accordi ha ragioni specifiche.

La prima sta nella loro brevità. Un solo esempio: il contratto di governo tra Movimento 5Stelle e Lega, del 2018, era lungo 58 pagine. Il contratto di coalizione tedesco tra Cdu/Csu e Spd del 2017 è lungo 179 pagine, più di tre volte quello italiano. Seconda ragione: non è stato fatto funzionare il comitato di conciliazione previsto nel 2018. Terza ragione: l'articolo 95 della Costituzione dispone che il presidente del Consiglio mantiene l'unità di indirizzo politico. Per due volte, con formazioni diverse, non è riuscito a mantenerla».

Altri governi italiani in passato sono nati su programmi ampi, quelli dell'Ulivo, ad esempio, presto ignorati. E' una cattiva abitudine della nostra politica o la forze delle cose è superiore ad ogni volontà politica?
«Le ragioni del mancato successo degli accordi di governo sono anche di sistema. Da un lato, il carattere magmatico delle forze politiche. Basta ricordare che solo una di quelle presenti in Parlamento conserva nella denominazione ufficiale la parola partito. Dall'altro, il carattere mutevole del sistema politico e l'instabilità dei governi. I partiti sono, al loro interno, coalizioni di forze spesso disomogenee. È quindi difficile tener fede agli accordi, perché insorgono conflitti, dopo che gli accordi sono stati firmati. E lo stesso accade tra i partiti».

In Germania le coalizioni di governo nascono su accordi scritti molto dettagliati. Sarebbe opportuno adottare questa pratica? Come? Introducendo la sfiducia costruttiva in Costituzione?
«Non c'è bisogno di una legge, quanto di una prassi o convenzione costituzionale. Per capire il funzionamento degli accordi di governo in Germania, ricordo che lì si fanno sia a livello federale, sia a livello regionale. E che hanno alle loro spalle una tradizione almeno sessantennale. Nel 1961 fu fatto l'accordo di coalizione tra Cdu/Csu e Fdp. Accordi tra cristiano democratici e socialdemocratici sono stati fatti nel 2005, nel 2013 e nel 2017. Questi accordi hanno avuto durata di legislatura. Persino nel Regno Unito, dove dominano il bipartitismo e l'alternanza al governo, con un sistema elettorale definito first past the post, vi sono stati quattro governi di coalizione tra il 1931 e il 1940. In Italia gli accordi durano poco ma abbiamo moltissime esperienze di governi di coalizione, sia nel periodo repubblicano, vi sia nel periodo prefascista. Ad esempio, il quinto governo Giolitti (1920) univa liberali, popolari, socialisti riformisti, radicali, democratici sociali e indipendenti».

L'Europa insiste sul fatto che l'Italia deve collegare il Recovery Plan ad alcune riforme. Non sarà il caso di inserire nell'eventuale accordo scritto anche una riforma istituzionale che se non altro limiti la durata delle crisi di governo? Questa è stata aperta di fatto da Renzi con un discorso in Senato di quasi due mesi fa. In un mondo digitale le sembra accettabile?
«Si può anche tollerare una mancanza di sollecitudine se almeno il risultato sarà un chiaro programma di legislatura, destinato a durare fino al 2023».

Tre cose essenziali che suggerirebbe di inserire nell'accordo di governo o nel cronoprogramma.
«Istruzione, pubblica amministrazione e Mezzogiorno. Istruzione perché l'Italia è tra gli ultimi paesi europei quanto al livello di istruzione. Pubblica amministrazione perché abbiamo bisogno di uffici pubblici efficienti. Mezzogiorno perché a 160 anni dell'unità politica del Paese, non siamo ancora riusciti a realizzare l'unità economica del Paese».
 

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