Giustizia, il Csm rinvia il parere dopo le osservazioni del Colle. Rilievi anche sul Sostegni Bis

Giustizia, il Csm rinvia il parere dopo le osservazioni del Colle. Rilievi anche sul Sostegni Bis
di Marco Conti
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Sabato 24 Luglio 2021, 00:45 - Ultimo aggiornamento: 08:59

Anche nel giorno del suo 80esimo compleanno Sergio Mattarella non si è risparmiato e ha infilato un paio di “rampogne”. La prima, in ordine di tempo, ha coinvolto l’attuale Consiglio Superiore della Magistratura. Il Csm, a suo tempo composto con il “metodo Palamara” è costretto ad aggiustare il tiro e il calendario. Ovvero, a seguito delle richiesta della Guardasigilli ha diritto di esprimere un parere sull’intera riforma del processo penale e non su un unico aspetto. Non lo sapeva, forse, il presidente pentastellato della Sesta commissione Fulvio Gigliotti o voleva solo portarsi avanti con il lavoro, visto che in tutta fretta ha fatto votare una sonora stroncatura degli articoli che azzerano il “fine processo mai” voluto da Alfonso Bonafede. 

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L’ordine

Tocca al vicepresidente del plenum David Ermini spiegare in un comunicato che il parere «reso limitatamente all’istituto dell’improcedibilità dell’azione penale, approvato ieri dalla Sesta commissione non è stato inserito nell’ordine del giorno ordinario del prossimo plenum per consentire al Csm di esprimersi sull’intera riforma del processo penale».

In questo modo il vicepresidente Ermini recepisce le indicazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella «contenute nell’assenso all’ordine del giorno ordinario predisposto per il plenum».  Appuntamento quindi il 28 luglio quando il Csm potrebbe riunirsi per dare un parere sulla riforma complessiva e non solo sul tassello più indigesto ad una parte della magistratura. Se ne riparlerà quindi tra qualche giorno, anche se il parere di Palazzo dei Marescialli è solo consultivo e il giudizio sulla riforma del M5S è noto come è nota la difficoltà che ha il MoVimento a trovare al suo interno una sintesi in grado di non farlo saltare al momento del voto in Aula. 

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L’altra “rampogna” di Sergio Mattarella è indirizzata a governo e Parlamento, anche se l’obbiettivo principale sembra essere soprattutto quest’ultimo che continua ad “inzeppare” leggi e decreti con materie non omogenee. Oggetto dell’avvertimento il “Sostegni-bis”, che diventa legge con le modifiche apportate dal Parlamento. Basta però, è il succo dell’ultimatum quirinalizio, con le norme “fuori tema”, l’eccessivo ricorso alla decretazione d’urgenza, con i provvedimenti che confluiscono in altri provvedimenti e con i decreti che diventano omnibus e che, tra aggiunte, commi e revisioni, perdono di vista il loro intento originario. «Il testo che mi è stato trasmesso contiene 393 commi aggiuntivi, rispetto ai 479 originari», spiega il Capo dello Stato che mostra di non avere intenzione di cambiare passo anche nell’imminente arrivo del semestre bianco. 


La lettera è stata inviata ai presidenti delle Camere e a Mario Draghi ed in effetti tra le modifiche introdotte ve ne sono alcune curiose «non riconducibili all’esigenza di contrastare l’epidemia e fronteggiare l’emergenza» o «appaiono del tutto estranee» al provvedimento. È il caso, ad esempio, del contributo al settore dei treni storici della Fondazione FS Italiane, della riorganizzazione del sistema camerale della Regione siciliana o delle norme per l’autonomia dell’Istituto nazionale di Geofisica. 


Per Mattarella «inserimenti di norme con queste modalità, oltre ad alterare la natura della legge di conversione, recano pregiudizio alla qualità della legislazione, possono determinare incertezze interpretative, sovrapposizione di interventi, provocando complicazioni per la vita dei cittadini e delle imprese nonché una crescita non ordinata e poco efficiente della spesa pubblica». Quindi «valuterò l’eventuale ricorso alla facoltà prevista dall’articolo 74 della Costituzione». Non è la prima volta che dal Quirinale partono avvisi del genere al Parlamento, ma sembra l’ultima almeno per quanto riguarda il Settennato di Sergio Mattarella. Anche perché tale caos normativo sarebbe stato comprensibile nel momento di picco della pandemia, ma non certo ora.

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