Riforma Giustizia, M5s alla resa dei conti: Conte tra scissione e uscita dal governo

Riforma Giustizia, M5s alla resa dei conti: Conte tra scissione e uscita dal governo
di Alberto Gentili
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Sabato 10 Luglio 2021, 13:48 - Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 14:49

Ciò che è accaduto nelle ultima quarantott’ore nel MoVimento 5Stelle rappresenta una sorta di momento della verità. Per la prima volta, sulla riforma della Giustizia, sono venute fuori le due anime del M5S. Mai era accaduto in maniera così chiara e limpida.  Giovedì, quando Giuseppe Conte a colpi di telefonata ha spinto affinché i ministri grillini si astenessero sulla riforma del processo penale presentata dalla Guardasigilli Marta Cartabia, Beppe Grillo si è mosso in direzione diametralmente opposta.

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Il garante del MoVimento - sollecitato da Mario Draghi che gli ha spiegato in una telefonata che era impensabile bocciare la riforma Cartabia in quanto essenziale per incassare le rate dei finanziamenti europei nel quadro del Recovery Plan - è intervenuto immediatamente. Grillo ha chiamato Luigi Di Maio per impartire l’ordine di scuderia: «Si vota sì, non è possibile l’astensione».

L’esatto contrario, appunto, di ciò che aveva comandato Conte, il capo politico in pectore del MoVimento che ora si interroga se potrà avere la pretesa «agibilità politica» e «autonomia di comando» che ritiene indispensabile per guidare il MoVimento senza una diarchia con il fondatore.

Di certo, agli occhi dell'ex avvocato del pololo, Di Maio ha compiuto un’insubordinazione, pur avendo in questa partita al suo fianco il contiano Stefano Patuanelli (Agricoltura). Ma Di Maio è riuscito a strappare che si allungassero i tempi della prescrizione per i reati contro la pubblica amministrazione: corruzione e concussione in primis. E si è vendute e si venderà questa concessione della Cartabia come un successo.

LE POSIZIONI NEL MOVIMENTO

Troppo poco invece agli occhi dell’ex avvocato del popolo. Un’«umiliazione» per l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Da qui il tam tam che vuole Conte determinato a uscire dal governo ad agosto, una volta che sarà cominciato il semestre bianco che precede l’elezione del presidente della Repubblica fissata a febbraio 2022 e impedisce a Sergio Mattarella di sciogliere il Parlamento. Del resto staccare il M5S dalle stanze dei bottoni, è il ragionamento di Conte, è forse l’unico modo per provare a strappare il MoVimento da un declino che appare inarrestabile. Da qui anche la scelta di cavalcare la vecchia linea giustizialista.

Questo caos e questa guerra per bande si tradurranno in Parlamento in una divisione dei gruppi parlamentari grillini. Sicuramente al momento del voto sui singoli articoli della riforma Cartabia, probabilmente anche con la nascita di gruppi contiani. C’è chi parla di 80 parlamentari fedeli all’avvocato.  La scissione, insomma.

LE TRUPPE DELL'EX PREMIER - Da vedere però quanto saranno numerose le truppe di Conte: andare allo scontro, uscire dal governo Draghi, renderebbe infatti probabili le elezioni nella prossima primavera, una volta eletto il nuovo capo dello Stato. Ed è difficile che i pentastellati vogliano rinunciare a un anno di stipendio: le simulazioni, infatti, dicono che tornerebbero in Parlamento circa 96 parlamentari, contro i 356 eletti nel 2018. Insomma, più di 3 grillini su 4 non tornerebbero a incassare l’indennità parlamentare. E, la storia ce l’ha insegnato, questo aspetto sta molto a cuore agli eletti del MoVimento. Per la verità non solo a loro.

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