Giustizia, perché l'unico vincitore è Draghi (e nei partiti cresce l'insofferenza)

Riforma Giustizia, ecco perché l'unico vincitore è Draghi (e nei partiti cresce l'insofferenza)
di Diodato Pirone
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Venerdì 30 Luglio 2021, 10:28 - Ultimo aggiornamento: 13:16

A distanza di poche ore dalla chiusura del confronto politico sulla riforma della Giustizia firmata da Mario Draghi e Marta Cartabia si possono tirare alcune somme. Sul piano tecnico rispetto al testo originale presentato dalla ministra c'è una sola modifica sostanziale: il maggior tempo assicurato ai processi ai reati per aggravante mafiosa e per reati sessuali nel periodo transitorio che arriverà fino a dicembre 2024.

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Questo dato è naturalmente molto sottolineato dai 5Stelle, e fra costoro in particolare fra i sostenitori di Giuseppe Conte, decisi a trasformarlo in una vittoria politica, e naturalmente è poco valorizzato dagli altri partiti e dai loro tifosi.

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Draghi, il grande punto a favore

Il primo risultato è senz'altro a favore di Mario Draghi che porta a casa un risultato di grandissimo valore non solo sul piano interno ma su quello europeo in quanto la velocizzazione dei processi è una delle riforme più importanti inserite dall'Unione Europea fra le condizioni per rilasciare all'Italia i fondi del piano NextGenerationEu. Draghi tuttavia ha dovuto rinviare a settembre alcune misure come quelle sulla concorrenza anche per ottemperare al consiglio di alcuni partiti, come la Lega di Matteo Salvini, di "affrontare un tema per volta".

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Giuseppe Conte porta a casa un primo risultato in quanto leader in pectore. È molto meno di quanto aveva chiesto all'inizio della partita. Ma sul piano politico il messaggio è importante: i 5Stelle segnalano un disagio di fondo nei confronti dell'impianto complessivo del governo Draghi. E' probabile che l'impuntatura sulla Giustizia sarà seguita da altre iniziative di smarcamento durante il semestre bianco. Nel M5S c'è un'ala che preferirebbe arrivare alle politiche stando all'opposizione di Draghi. Fra i 5Stelle si è distinta però l'azione di mediazione di Luigi Di Maio che sta diventando un punto di riferimento dei pentastellati intenzionati a muoversi in un orizzonte di centro-sinistra.

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E il Pd? Anche qui i segnali che arrivano sono ambivalenti. Il partito non può non appoggiare Draghi ma una parte dei Dem sottolinea che questo "non è il governo che preferiremmo". Di qui l'appoggio sotterraneo a Conte ma anche la preoccupazione che le mosse dell'ex premier potessere in qualche modo mettere in difficoltà l'attuale presidente del Consiglio. Il futuro dei Dem si giocherà con le amministrative.

Nel centro-destra il vero vincitore appare accora una volta il "governista" Giancarlo Giorgetti che alla fine ha convito Matteo Salvini a concedere qualcosa ai 5Stelle sulla Giustizia pur di non far perdere ritmo alla tabella di marcia del governo Draghi. Ma anche qui durante ildibattito parlamentare sono emersi molti mal di pancia anche in Forza Italia e non solo nella Lega tanto che nei giorni scorsi si è sfiorato l'incidente parlamentare con un voto contrario alla riforma che non è passato per poco proprio perché appoggiato da Lega e Forza Italia.

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Alla fine della fiera la partita sulla Giustizia questo segnala: il rafforzamento della vena di insofferenza dei partiti di tutti gli schieramenti verso il premier. Che però al momento è inattaccabile. E mantiene un livello di gradimento presso l'opinione pubblica vicina al 70%. E' presto, anzi prestissimo, per immaginare altri equilibri politici a difesa dei quali, tra l'altro, c'è un altro bastione: il Quirinale. 

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