Governo, Orlando attacca Conte: «Così non si dura, sulla manovra sbaglia anche il premier»

Governo, Orlando attacca Conte: «Così non si dura, sulla manovra sbaglia anche il premier»
di Fabrizio Nicotra
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Venerdì 8 Novembre 2019, 09:16 - Ultimo aggiornamento: 13:56

Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, siete esasperati da Matteo Renzi e Luigi Di Maio? Fino a che punto? Siamo alla vigilia di una crisi di governo?
«No, semplicemente siamo preoccupati. Il punto è questo: se ci sono un patto solido e un orizzonte temporale lungo, allora i problemi si risolvono. Se invece i nostri alleati non indicano nessun respiro, nessuna ambizione che non sia quella del giorno per giorno, allora qualunque problema rischia di trasformarsi nell'incidente fatale. Decidiamo serenamente insieme: Italia Viva e M5S ritengono che la strada di un orizzonte lungo non è perseguibile? Bene, accorciamo lo sguardo e chiudiamo prima questa esperienza. Patti chiari, legislatura lunga. Anche noi abbiamo ben presente l'esigenza di arrivare a scadenze istituzionali importanti, come quella dell'elezione del prossimo presidente della Repubblica, e al 2023, ma il problema è che così a quelle scadenze non ci sia arriva».

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La grana Ilva è la più urgente. Governo e maggioranza non hanno una posizione unitaria.
«La posizione del premier ha tenuto conto della questione posta dal Pd. Conte ha detto che se Arcelor Mittal toglie dal tavolo il tema dei 5.000 esuberi, il governo ripristina lo scudo penale. Non si poteva firmare una cambiale in bianco all'azienda, che deve confermare gli impegni assunti al momento dell'aggiudicazione della gara. L'appello del ministro Patuanelli è condivisibile: ci deve essere un sussulto nazionale. E se Arcelor Mittal rinuncia agli esuberi, contestualmente riporteremo lo scudo».

La vicenda dello scudo penale è stata gestita male?
«Senza dubbio: non si mette e poi si toglie una norma come questa senza avere un disegno chiaro in testa, soltanto per esigenze di equilibri interni».

Il Pd è stato troppo morbido con i 5Stelle? Siete andati a rimorchio dei grillini?
«Probabilmente si sono sottovalutate le conseguenze della rinuncia allo scudo: è stata data a Mittal una copertura di immagine, un alibi per fare quello che probabilmente aveva in mente di fare comunque. Però andrebbe almeno riconosciuto che le responsabilità sono diffuse perché questo balletto è cominciato ai tempi del governo giallo-verde. Che quelli che hanno tolto lo scudo accusino noi di non averlo rimesso è quanto meno singolare».

L'azienda chiede anche il rinvio di 16 mesi della messa a norma dell'altoforno 2.
«E' la prova della malafede di Mittal: le condizioni di quell'impianto erano note a tutti già dai tempi dei Riva, ben prima del bando di assegnazione: se chiedi oggi 16 mesi in più, vuol dire che stai proponendo un altro piano industriale rispetto a quello che hai proposto al tempo della gara».

La manovra arriva in Parlamento dopo settimane di mediazioni e polemiche interne alla maggioranza. Siete in grado di reggere?
«Il problema non è se la maggioranza regge numericamente in Parlamento, io credo che questo problema non si ponga. Abbiamo fatto una manovra che ha evitato l'aumento dell'Iva e che dà segnali in direzione dell'equità, ma siamo stati sui giornali per questioni marginali sulle quali si sono montate polemiche che hanno avuto come risultato quello di far passare questa manovra come la manovra delle tasse. Il problema è rivedere il modo in cui si sta insieme, altrimenti qualunque cosa si riesca a realizzare rischia di passare in secondo piano. L'obiettivo del Pd è quello di incidere sulla diminuzione della pressione fiscale per i lavoratori. Alla fine la manovra dovrà portare a una busta paga più pesante».

A proposito di tasse, Italia Viva parla del Pd come del «partito delle tasse». Una convivenza complicata.
«Se IV ritiene che il Pd è il partito delle tasse e M5S ritiene che con il Pd non si possono fare accordi di ampio respiro, bisogna trarre le conclusioni: facciamo lo stretto necessario e la finiamo qui».

Il Pd è insoddisfatto del ruolo che sta giocando Conte?
«No noi lavoriamo con lui con lealtà. Va segnalato però un passaggio critico: una volta che la manovra è stata consegnata al Parlamento, il presidente del Consiglio non può avviare una trattativa parallela a quella che faranno i gruppi parlamentari perché così si dà l'idea di smentire il giorno dopo quello che hai fatto il giorno prima: si dà un'idea di precarietà e di fragilità. Tutto si può cambiare, ma si fa con il confronto tra le forze politiche, attraverso emendamenti sui quali poi il governo dà un parere».

Le elezioni in Emilia sono lo spartiacque della legislatura? In caso di sconfitta staccherete la spina al governo?
«Non credo che andranno male. La riflessione sull'alleanza Pd-M5S non deve nascere da quel passaggio, la riflessione va fatta adesso perché altrimenti sarà proprio la mancanza di un disegno strategico chiaro a pesare negativamente su quelle elezioni. Parliamone ora perché ci sono le condizioni per fare un percorso comune e per giocare una partita che può essere vinta. Lo spartiacque non sarà l'Emilia, per il Pd lo spartiacque è stata la sconfitta del 2018. Noi non abbiamo ancora risolto, assediati dalle emergenze, i problemi che quella sconfitta ha aperto».

Il Pd deve andare a congresso?
«E' la via più lineare. Le ultime primarie sono state fatte troppo tardi, troppo a ridosso delle Europee e noi ci siamo sforzati di evitare qualsiasi discussione che potesse lacerare. Questo a scapito di un processo di rinnovamento sia organizzativo che della cultura politica. Il Pd ha bisogno di un momento di riflessione strategica».

Quando?
«Lo dovremmo aprire già da adesso. Noi dobbiamo riposizionare completamente il partito e questa è un'operazione che va iniziata subito: al di là dell'apertura formale del congresso, la discussione dovrebbe partire ora».


 

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