M5S, Grillo furioso: non mollo. E Di Maio prova a mediare

M5S, Grillo furioso: non mollo. E Di Maio prova a mediare
di Marco Conti
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Venerdì 25 Giugno 2021, 22:32 - Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 00:51

«Vuoi più bene a mamma o papà?». Ritrovarsi da senatori o deputati - magari già al secondo mandato - a dover scegliere tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo non è facile. Soprattutto quando i sondaggi attribuiscono al primo percentuali interessanti di gradimento mentre il secondo ha il brand del Movimento e un’indubbia forza comunicativa.

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M5S, l'intesa da trovare

«Alla fine un’intesa i due dovranno trovarla», sostiene un ministro grillino sconcertato per come è andato il tentativo fatto da tre senatori (Patuanelli, Licheri e Taverna), che sono andati a casa di Conte non cavando un ragno dal buco e facendo irritare i colleghi deputati che non erano compresi nella delegazione. Eppure Grillo gli applausi più convinti li ha raccolti proprio incontrando gli eletti a Montecitorio, ma tutto ciò poco contava sino a ieri mattina quando il Garante e fondatore del Movimento ha letto le ricostruzioni riportate dai giornali vicino al Movimento e al Pd. Irritato ha annullato tutti gli impegni, fatto la valigia e tornato nella casa ligure da dove non ha risposto a quasi nessuno dei tanti che hanno provato a rabbonirlo e ad uscire dalla «sindrome del retroscena». Già, è proprio così che lo stato maggiore grillino più vicino all’ex premier prova a prendere le distanze dalla “narrazione” del “Grillo-sfasciatutto” e anche un po’ colpevole dell’appoggio al governo-Draghi e delle conseguenti percentuali del Movimento.

Liberarsi però del fondatore non è stato mai facile.

Ne sanno qualcosa in Forza Italia che ha visto avvicendarsi “numeri-due”, “eredi” e “delfini” finiti negli anni, uno dietro l’altro, nella polvere. A modo suo Grillo sente il Movimento come cosa sua alla stregua di Berlusconi con FI, ma con l’aggiunta di aver più volte sostenuto che «il Movimento è destinato a scomparire». Il problema è che sia Berlusconi che Grillo vogliono staccare loro la luce. Il secondo ha già avviato le pratiche lanciando l’idea del partito unico con la Lega. Per Grillo non è ancora venuto il momento e anche se si attribuisce il merito di aver spinto il M5S verso il Pd si irrita quando i dem lo ignorano e indicano Conte come «unico interlocutore» perché - sostiene - «anche loro non sanno nulla del Movimento».

IL SOSPETTO
Ai poteri da “garante” o “elevato” Grillo non intende quindi rinunciare e il sospetto che lo statuto - e la sua interpretazione - fosse il modo per fargli fare la stessa fine di Davide Casaleggio lo ha mandato su tutte le furie. Ma se Grillo non ci sta ad essere messo alla porta anche Conte non cede e ieri lo ha ripetuto ai tre senatori che sono andati a trovarlo proponendogli di chiudere un occhio, prendersi il Movimento e magari successivamente ricambiare lo statuto. Conte non ci sta e teme di finire come Angelino Alfano. Ha in testa un Movimento con poteri e gerarchie chiare, guidato da un leader - ovvero lui stesso - che non deve rischiare di essere ogni volta contraddetto dal Fondatore. Il tentativo più credibile di trovare una sintesi lo sta facendo Luigi Di Maio che resta l’unico che conosce il Movimento e sa fino a che punto è possibile “piegare” le diverse anime che lo compongono. Componenti variegate che hanno fatto nel 2013 e nel 2018 la fortuna del Movimento la cui base elettorale non ha ancora del tutto seguito l’evoluzione dei quadri dirigenti. Il dilemma di Conte, tra il piegarsi a Grillo e fondare un nuovo partito, sta anche qua oltre che nei sondaggi che prende con le molle visto i pronostici che nel 2012 fecero sul partito di Mario Monti. 

Il fine settimana di riflessioni e di trattative servirà a Grillo per sbollire la sue ira ,e magari tornare a Roma come gli chiedono i mediatori, e a Conte per prepararsi a dichiarazioni pubbliche che potrebbero servire o a tranquillizzare il Fondatore o a sancire la rottura avendo la convinzione di poter mettere insieme da subito consistenti gruppi parlamentari composti per lo più da fuoriusciti grillini.

Tensioni e fibrillazioni che scuotono il Pd anche perchè rischiano di complicare la strada del governo di Mario Draghi che in queste settimane a palazzo Chigi ha ricevuto tantissimi esponenti politici, sindacali e industriali tranne uno: Giuseppe Conte. E se alla fine il Movimento dovesse spaccarsi anche i dem rischiano di dover scegliere tra chi ha voluto il governo Draghi e chi, sostenendo la leaderhip di Conte, lo piccona ogni giorno.
 

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