Giorgetti non sarà ministro, arriva il passo indietro. La delusione per un anno in solitudine

Il suo nome non compare nell'elenco fornito dai leghisti e lui ha già deciso che non vuole insistere

Giorgetti non sarà ministro, arriva il passo indietro. La delusione per un anno in solitudine
di Ernesto Menicucci
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Giovedì 29 Settembre 2022, 00:06

Il lavoro al Mise, fino all’ultimo giorno, per il tavolo Whirlpool e per sbrigare gli ultimi dossier caldi rimasti sul tavolo. E poi? Poi anche niente, grazie fa capire Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, numero due della Lega. Nel toto-nomi del futuro governo, il suo (di nome) entra ed esce, tra sussurri, mezze smentite, retroscena, indiscrezioni. C’è chi racconta che Matteo Salvini non lo vorrebbe («nessuno dei ministri che c’erano nell’esecutivo Draghi», il pensiero espresso in questi giorni dal segretario leghista), chi dice che invece Giorgetti sarebbe in ballo per la presidenza della Camera.

Lui, al momento, non si scompone.

Anzi, a chi glielo ha chiesto in questi giorni, ha già fatto capire il suo punto di vista: dopo un anno e mezzo al governo e dopo la rielezione in Parlamento, meglio fare il deputato semplice. Senza incarichi: di governo, istituzionali o di partito. In molti, da più parti, cercando di tirarlo per la giacchetta: è con Salvini o è contro Salvini? È rimasto draghiano o non lo è più? Sul congresso o congressi della Lega come si schiera? Lui ha già deciso: tolgo tutti dall’imbarazzo, il suo pensiero.

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LA POSIZIONE

Giorgetti, per ora, mantiene il suo proverbiale riserbo. Ma la posizione, nelle ultime ore, non è cambiata. Fosse stato per lui, forse, non si sarebbe neppure ricandidato al Parlamento. Di certo, da quanto trapela, non è una cosa che ha chiesto lui. Ha risposto alla chiamata, come altre volte gli è capitato in passato e come probabilmente gli capiterà ancora. Ma adesso è pronto a ritirarsi, come un novello Cincinnato.
Anche perché, come ha confidato recentemente a chi gli sta vicino, questi ultimi due anni sono stati piuttosto faticosi e impegnativi. Dal punto di vista fisico, sicuramente. Ma anche da quello psicologico.

In diverse circostanze, sempre in privato per carità, Giorgetti aveva espresso la delusione per essersi sentito lasciato solo, spesso dal suo stesso partito che nei momenti di frizione con l’esecutivo Draghi sembrava viverlo più come un problema che come una risorsa. Un appoggio che in diverse circostanze è mancato, sia nel sostegno pratico in alcune vertenze complicate, sia nella “pubblicizzazione” di quelli che erano dei successi. Situazioni che hanno creato malumori, insofferenze, fino alle voci – circolate più di una volta a cominciare da gennaio di quest’anno, all’indomani dell’elezione di Mattarella al Quirinale - su possibili dimissioni dal governo Draghi.

IL FUTURO

E ora? Cosa fare? Giorgetti farà il parlamentare. Stop. Chi lo conosce sa che – se proprio avesse dovuto accettare una proposta – avrebbe preferito un ruolo istituzionale, la cifra stilistica che – dopo aver fatto parte di un governo di larghe intese e aver dimostrato più volte un equilibrio apprezzato anche da suoi avversari politici – si sente più vicina. Ma, se parlasse, sottolineerebbe che non chiede nulla, che non vuole nulla. Anzi, che è meglio che si faccia da parte. La campagna elettorale è finita, un passo di lato – ormai – non danneggerebbe nessuno. Certo, in un’altra situazione restare allo Sviluppo economico, per portare avanti la parte del lavoro che ancora non è riuscito a completare, non gli sarebbe dispiaciuto. Ma i tempi sono quelli che sono e ormai è andata così. Salvini e i leghisti non lo vogliono, lui non brama per avere un ruolo. Game over. E i congressi leghisti? Giorgetti è alla finestra. Ma quella è un’altra storia.

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