Gas calmierato, la sfida che allarma il Cremlino: la richiesta alla Ue di Draghi minaccia Putin

Il ricordo degli aiuti russi per il Covid punta a dividere l’opinione pubblica

Gas calmierato, la sfida che allarma il Cremlino: la richiesta alla Ue di Draghi minaccia Putin
di Marco Conti
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Domenica 20 Marzo 2022, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 00:14

Le minacce dirette ad un membro del governo non se l’aspettavano a Palazzo Chigi. La sorpresa è però relativa perché già nei primi giorni dell’invasione russa in Ucraina il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov se l’era presa direttamente con il collega italiano al quale aveva ricordato, un po’ stizzito, che la diplomazia non si limita a partecipare a cerimonie.

L’ISOLAMENTO

In questa strana idea della diplomazia, che pretende intese mentre si sganciano bombe, si avverte un bel po’ di impotenza e Alexei Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, la esplicita in maniera disordinata mettendo insieme la pandemia e la guerra in Ucraina. Ma la sortita svela anche un altro problema che la nomenclatura russa ha cercato sinora di minimizzare. Ovvero che le sanzioni funzionano e Paramonov lo dice esplicitamente quando mette in guardia l’Italia dal porne delle nuove insieme ai Paesi della Ue nel prossimo Consiglio europeo. Un avvertimento destinato a cadere nel vuoto ma che sembra guardare anche alla proposta italiana di porre un tetto al prezzo del gas che rischia di “deprimere” i margini delle imprese russe.

Eppure l’Italia - prima dell’avvio dell’invasione e dopo il riconoscimento fatto da Mosca della due sedicenti repubbliche del Donbas - era stata insieme alla Germania fautrice di quelle “sanzioni graduali” che Vladimir Putin ha travolto attaccando l’Ucraina.

Nei giorni che precedettero l’invasione russa dell’Ucraina Mario Draghi aveva ben compreso quali sarebbero state le conseguenze del mancato accordo e, insieme al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha tentato di evitare lo scontro sino a darsi disponibile ad incontrare Putin a Mosca.

Un viaggio che non è mai avvenuto per la scelta di Putin di invadere l’Ucraina ma che avrebbe voluto dare seguito alla posizione dell’Italia esplicitata in Parlamento l’8 febbraio. In quella occasione il ministro degli Esteri Di Maio parlò di sanzioni graduali, ribadì che l’Italia non avrebbe mai riconosciuto l’annessione della Crimea alla Russia, ma ricordò anche che l’articolo 10 dell’Alleanza Atlantica prevede che per l’ingresso di un nuovo Stato occorre l’unanimità degli alleati e infine sollecitò Kiev all’attuazione degli accordi di Minsk. L’ultimo tentativo per evitare il conflitto lo fece il 17 febbraio lo stesso Di Maio che incontrò Lavrov a Mosca, ma tre giorni dopo Putin riconosce le due repubbliche separatiste del Donbas confermando di fatto quanto da tempo andava sostenendo l’intelligence americana.

LA NOMENCLATURA

Nelle parole del responsabile dei rapporti con l’Unione Europea del ministero degli Esteri russo si coglie la frustrazione per la compattezza dei Ventisette perché di fatto se la prende un po’ con tutti i Paesi europei che, come tali, rientrano nella sua competenza. All’Italia però - forse per essere stato console a Milano - riserva un trattamento “speciale”. Prova a dividere l’opinione pubblica italiana ricordando la missione umanitaria russa di marzo 2020 mossa, a detta di Alexei Paramonov, dal «senso di compassione, un desiderio di aiutare il popolo italiano in uno dei momenti più difficili della sua storia postbellica». Nel tentativo di uscire dal palese isolamento il direttore del ministero degli Esteri russo riesce ad annoverare tra «i falchi» il ministro Guerini minacciando anche l’Italia di chiudere i rubinetti del gas. Ed è su questo punto, più che sulla decisione italiana di aumentare la spesa per la difesa, che probabilmente si addensano le preoccupazioni della nomenclatura vicina al Cremlino. La proposta, tutta italiana ma condivisa da Spagna, Portogallo e Grecia, di porre un tetto al prezzo del gas rischia infatti di decurtare i lauti guadagni lasciando a Putin meno risorse per la guerra.

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