Lombardia, ipotesi rimpasto per “commissariare” Fontana

Lombardia, ipotesi rimpasto per “commissariare” Fontana
di Mario Ajello
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Sabato 1 Agosto 2020, 00:41 - Ultimo aggiornamento: 2 Agosto, 00:52

Le dimissioni. Nient’altro che le dimissioni. Questa - il ritiro di Attilio Fontana - resta la vera soluzione dell’affaire Lombardia. Ma la Lega, per evitare o per procrastinare la resa dei conti, sta affannosamente cercando una via d’uscita di altro tipo. Ovvero, vuole applicare una toppa, per non crollare insieme al Pirellone.
 

I camici

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Serve qualcosa per mettere da parte il governatore-disastro. Il quale intanto ha avuto una lieve indisposizione - «Il mio fisico mi ha avvertito: devo riposare e disdico gli appuntamenti pubblici di questi giorni» - e ieri ha dato forfait, se non in video-collegamento, alla festa della Lega a Cervia in Romagna, tradizionalmente la gran parata estiva del Carroccio, e così ha evitato di essere ingombrante. Ma ha precisato: «Onorerò il mio mandato fino alla fine». 
 
 


Salvini è consapevole che il crack del modello lombardo equivale a una sciagura importante. Perché significa,
anche in vista delle elezioni regionali a settembre, non poter più disporre del biglietto da visita di quello che un tempo era il buon governo targato Milano ed esportabile pure altrove come simbolo di un salvinismo non parolaio ma fattivo. Tutto questo viene meno con il caso Fontana. 
 


IL CHE FARE
Dunque? Il «che fare» è il tormento del segretario, sotto l’ombrellone di Milano Marittima, e del suo partito. Scaricarlo? No, significherebbe fare una plateale ammissione di colpa e creare una voragine nel tempio del Pil italiano. Commissariarlo? Sì. Con un rimpasto? Questa l’idea. Ma quando? Il tempo va trovato subito, «perché abbiamo anche l’urgenza - dice un big leghista lombardo, ex componente del governo gialloverde - di non fare la figura degli allocchi, guardando dalle macerie fumanti di Palazzo Lombardia il trionfo di Zaia».

Ossia il probabilissimo successo del governatore veneto, ormai dotato di fisionomia più personale che di partito, il quale alle regionali verrà plebiscitato con un 40-50 per cento dei voti per il bis da presidentissimo neo-doroteo. In una terra che amministra con abilità e che nella bufera Covid ha avuto i suoi successi che hanno fatto risaltare gli errori da matita blu, costati tante vittime, della Lombardia incapace di chiudere in tempo e di maneggiare l’emergenza. Basti pensare, per capire la differenza tra le due regioni e la profondità della preoccupazione del salvinismo lombardo, che Zaia starebbe cercando di dirottare alcuni dei suoi dalla lista civica a quella della Lega, per non far sfigurare troppo il partito che rischia di finire al 15 per cento. 

L’idea che si va facendo strada nei piani alti della Lega, dove Salvini è il primo a sapere che Fontana è un problema e il primo a temere un contraccolpo di consensi per l’affaire dei camici, non è soltanto quella di sacrificare al più presto l’assessore Gallera, ormai inviso a tutti come simbolo del disastro sanitario nel Covid, e di fatto già allontanato: posta foto dai luoghi di vacanza. E stiamo parlando di quello che, iper-presenzialista e proiettato prima dell’emergenza virus a voler essere il successore di Sala come sindaco di Milano, insieme al governatore ha escogitato la bella pensata dell’8 marzo: l’ordinanza per mandare i malati di Covid nelle Rsa senza prevedere percorsi separati tra gli anziati degenti e i nuovi infettati. E le conseguenze si sono tragicamente viste. 

LA GIRANDOLA
Il colpo grosso sarebbe, almeno così si va ragionando in casa Lega, commissariare Fontana affiancandogli un vicepresidente operativo, forte del consenso diretto di Salvini il quale, più che sceglierlo, Fontana se l’è ritrovato dopo che Maroni per «motivi personali» annunciò di non volersi ricandidare. Il nome che gira come vice da pieni poteri è quello di Davide Caparini, assessore al Bilancio, non strutturato come il suo predecessore Massimo Garavaglia poi viceministro dell’Economia ma perfetto trait d’union tra la vecchia Lega e il salvinismo. Suo padre è stato dirigente del partito e amicissimo di Bossi, proprietario dell’Hotel Mirella a Ponte di legno, che fu per l’Umberto in vacanza ciò che oggi è il Papeete per Matteo.

Salvini temporeggia. Spera che la bomba dei nuovi sbarchi collegata al riaffacciarsi del Covid d’importazione africana possa diventare la battaglia della riscossa e risollevare i consensi del partito. Oscurando via via l’enorme grana lombarda. Che però, al di là delle intenzioni del Capitano, è destinata invece a restare un cratere aperto, capace di produrre sconquassi profondi nei piani alti del partito e magari di mobilitare, quando sarà e se sarà, le possibili energie alternative chiamate Giorgetti e Zaia. 

L’ipotesi Caparini, che proprio Salvini volle in Regione spostandolo dal Parlamento, è un ragionamento che circola. E comunque, la pratica rimpasto è stata affidata al responsabile per il partito degli enti locali, il trentaseienne Stefano Locatelli, sindaco di Chiudono nel Bergamasco. E conferma un big della Lega: «La carta Caparini va vestita bene. Con alcuni cambi ad hoc capaci di rafforzare il quadro». Sarebbero da sostituire - oltre all’azzurro Gallera - Melania Rizzoli come assessore al Lavoro, Lara Magoni al Turismo, e qualche altra pedina anche leghista. Ma non è affatto detto che una girandola da Pirellone possa far ripartire il Carroccio andato a sbattere nel cortile di casa.
 

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