Fontana, perquisizioni nell'azienda del cognato: si cercano i 25mila camici mai consegnati

Fontana, perquisizioni nell'azienda del cognato: si cercano i 25mila camici mai consegnati
di Valentina Errante
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Martedì 28 Luglio 2020, 21:46 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 13:43

ROMA Alla ricerca dei camici non consegnati. Adesso i militari del nucleo di polizia valutaria vogliono capire che fine abbia fatto la merce che la Dama spa non ha mai consegnato alla Regione Lombardia. Quei 25mila capi che dovrebbero ancora trovarsi nei magazzini della società. Lunedì i finanzieri erano tornati in Regione, ieri si sono presentati nei depositi dell’azienda per fare chiarezza sul pasticcio della commessa affidata dalla Regione Lombardia, con trattativa privata in via d’urgenza, alla società del cognato (e per il 10 per cento della moglie) del governatore Attilio Fontana.

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Obiettivo, stabilire se i 25mila camici mai arrivati, nonostante la necessità e l’urgenza di reperire il materiale sanitario avesse fatto saltare le ordinarie procedure di gara, siano ancora nella disponibilità della società o siano stati rivenduti. Ma c’è un altro fronte aperto nelle indagini dei pm milanesi ed è quello che riguarda il consistente patrimonio del governatore. Con 5,3 milioni di euro custoditi in Svizzera e gestiti da due trust alle Bahamas fino al 2015. Il sospetto è che quel denaro non fosse solo il frutto dei risparmi dei suoi genitori, (mamma dentista e papà medico condotto) visto che il presidente della Regione Lombardia, dal 1980, prima di dedicarsi alla politica e alla Lega, esercitava la professione di avvocato e dagli anni Novanta ha avuto diversi incarichi pubblici. La pietra tombale dello scudo fiscale, quello utilizzato da Fontana nel 2015 per legalizzare gli oltre 5milioni detenuti in Svizzera, e gestiti dai due trust, cancella automaticamente solo i reati fiscali. La “volontary disclosure” omessa dal politico del Carroccio, all’epoca sindaco di Varese, gli è costata una multa di mille euro dell’Anticorruzione. 

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IL PATRIMONIO
La procura di Milano, però, è decisa a chiarire quale sia l’origine del patrimonio del governatore e se, oltre ai reati fiscali, a monte, non ce ne fossero altri. Nel 2017 tra appartamenti, case, garage e magazzini, il presidente della Regione Lombardia possedeva 33 immobili (dichiarazione 2018). Oltre ai 5milioni e 300mila euro all’estero. Undici delle proprietà immobiliari sono state acquistate, o anche queste ereditate, nei tre anni precedenti. Perché nella dichiarazione dei redditi del 2015 (periodo d’imposta 2014) il governatore era proprietario solo di 22 immobili. L’anomalia rispetto ai soldi all’estero riguarda anche le date.

L’ultimo di quei conti è stato acceso nel 2005, ossia quando la mamma di Fontana, la titolare, aveva già 82 anni. L’altro risale al 1997. Il governatore non era solo beneficiario, di uno dei due è sempre stato “soggetto delegato”. I pm, attraverso la documentazione acquisita, stanno passando al setaccio le movimentazioni di quel conto collegato al trust «Montmellon Valley Inc.» sul quale nel 2013 c’erano 4.565.839 milioni, mentre due anni dopo quasi 200 mila euro. Dai dati della relazione allegata alla voluntary disclosure, e riportati dalla news letter di “Domani”, quotidiano in edicola a settembre, acquisita agli atti del fascicolo, nel 2009 la cifra depositata era di 4.565.839 milioni, l’anno dopo era cresciuta di 129 mila euro, mentre nel 2011 il saldo era di 4.162.911 milioni, con un calo di oltre mezzo milione di euro. Nel 2013 l’estratto raggiunge i 4.734.478 milioni, ma all’epoca la mamma di Fontana era già molto anziana.

In Svizzera, dove in un deposito Ubs, sono custoditi i 4,4 milioni rimasti dell’eredità, porta anche la Dama, la società del cognato del governatore finita al centro dell’inchiesta. L’azienda è controllata al dieci per cento, attraverso la Divadue srl, da Roberta Dini, moglie di Fontana, mentre il 90 per cento fa riferimento al cognato Andrea, ma attraverso una fiduciaria del Credit Suisse che la amministra: il “Trust Diva”. 

LA DONAZIONE
L’interruzione della consegna è costata a Fontana, che ha anche tentato di risarcire il cognato con 250mila euro, l’accusa di frode in pubbliche forniture. La fornitura trasformata in donazione, infatti, non è mai stata recepita dall’amministrazione. È stato l’ufficio legale di Aria, centrale acquisti della Regione, a “bloccare” la donazione di camici da parte della Dama. L’entità della fornitura era di «non modico valore», ma ha avuto un ruolo anche l’ostacolo del conflitto di interessi.

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