Fioramonti e il diritto di mandare il figlio a scuola inglese

Fioramonti e il diritto di mandare il figlio a scuola inglese
di Mario Ajello
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Venerdì 4 Ottobre 2019, 07:47 - Ultimo aggiornamento: 12:54

Basterebbe dire che i suoi miti, tra anti-capitalismo e ambientalismo da decrescita felice, sono Yanis Varufakis e Vandana Shiva. E basterebbe pensare a lui come il candidato più accreditato a diventare (do you remember Bertinotti?) il Parolaio Rosso, o meglio rosso-giallo, che mescola la pulsione da stupor mundi a colpi di sparate altisonanti con un radicalismo da consiglio alternativo di facoltà (non Sorbona o Bocconi ma Sudafrica, università di Pretoria da cui egli proviene). Ora Lorenzo Fioramonti, ministro dell'Istruzione, non passa giorno che non ne inventi una. Le merendine? Tassarle per dovere ecologico. Il crocifisso? Rimuoverlo dalle aule scolastiche (e poveretto quel piccolo corpicino sanguinante che «sta appeso a un muro e silenzioso ci guarda senza giudicare», come diceva la scrittrice super-laica Elsa Morante). E così via. Ieri però sono sbucati dal passato alcuni suoi vecchi post su Fb, quando Fioramonti non era un politico, e si è scesi addirittura più giù rispetto all'insensatezza della circolare per cui, parola di ministro, lo studente che sciopera contro il cambiamento climatico ha la giustificazione assicurata.

Fioramonti iscrive il figlio a scuola di inglese. Bufera politica, il ministro: «Io sotto attacco»

Insomma, il Fioramonti d'antan ha lanciato offese sessiste verso Daniela Santanché («Ha gli zigomi rifatti e se fossi una donna le sputerei in faccia»), improperi su Berlusconi a cui si attribuisce perfino il sisma dell'Aquila («Iettatore nano, imperatore della sfiga»), ingiurie alla polizia il cui sindacato giustamente è assai risentito: «E' solo un corpo di guardia del potere». Le gaffes del Parolaio rosso-giallo stanno preoccupando anche Conte e Di Maio, i quali da aspiranti neo-Dc ci tengono a non spaventare l'Italia moderata per colpa del Fioramonti-Rodomonte. Il quale è cresciuto alla scuola di Antonio Di Pietro di cui, negli anni 90, è stato collaboratore per l'Italia dei Valori. Giustizialismo e grillismo del resto si tengono. Ma guai ad applicare questa moneta così andante a un tipo, sia pure discutibile, come Fioramonti. Gli si rimprovera tra l'altro in queste ore di aver iscritto il figlio di 8 anni a una scuola inglese. Una cosa scandalosa? Non dovrebbe affatto essere così. E invece, si è andati giornalisticamente a indagare nell'istituto frequentato dal bimbo a Roma, a curiosare sul suo rendimento e sul comportamento scolastico con tanto di interviste anonime alle maestre.

LA SCELTA
E il Fioramonti che le sbaglia tutte ieri questa non l'ha sbagliata: «Difendo il diritto alla libera informazione, ma recarsi in una scuola elementare per mettere sotto la luce dei riflettori un bambino di 8 anni è un atto di violenza». E il ministro presenterà un esposto al garante della privacy. Intanto si difende dall'accusa di non aver fatto sostenere al bambino l'esame facoltativo d'italiano: «Io e sua madre, che è tedesca e lui parla 4 lingue, abbiamo deciso di non fargli sostenere il test d'italiano perché al tempo dell'iscrizione ancora non lo scriveva bene». E' cresciuto in Sudafrica il bambino. I genitori lo hanno iscritto a una scuola inglese a Roma, e non si vede davvero dove sia lo scandalo, anche se Fioramonti viene attaccato per questo. Per una scelta libera che andrebbe rispettata in quanto tale, al netto di tutti i difetti politici e parolai del ministro gaffeur. E potrà essere pure strano, agli occhi di qualcuno, che il titolare della Pubblica Istruzione iscriva il figlio in una scuola inglese. Ma non è affatto illegittimo. E magari potrebbe diventare un messaggio, alla scuola italiana, a impegnarsi di più nell'offerta dell'insegnamento delle lingue straniere. Se si infila un bimbo nel tritacarne politico-mediatico, se ci si scaglia - come ieri è accaduto da più parti - contro un genitore che usa il proprio diritto di libertà nella scelta della scuola, non si fa un favore all'Italia liberale. Ma si scade in quegli ideologismi di cui, per altri aspetti, Fioramonti è uno specialista.
 

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