Bannon-Calenda, scintille su Europa e Trump

Carlo Calenda e Steve Bannon a confronto sul sovranismo e sull'Europa
di Marco Ventura
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Lunedì 25 Marzo 2019, 21:13 - Ultimo aggiornamento: 21:29
Un incontro-scontro. Sulla Cina posizioni ravvicinate tra Steve Bannon e Carlo Calenda, rispettivamente campioni sovranista ed europeista sul ring di Comin & partners intervistati da Lucia Annunziata. Ma pugnaci e lontani su tutto il resto, a cominciare dal futuro dell’Europa, l’economia e Trump.



Chi vincerà tra il principe del sovranismo americano che è stato consigliere del presidente repubblicano e il campione della cultura del rilancio europeista? Bannon, 65 anni, Carlo Calenda, 45 anni: ognuno ha il suo modello di democrazia e vinca il migliore.

L’ex stratega di The Donald e guru del populismo mondiale immagina «un terremoto» dopo il voto di maggio per l’Europarlamento. «La scorsa estate si prevedevano il 22 per cento di voti ai sovranisti, adesso il movimento può raggiungere il 50 per cento e la Lega di Salvini potrebbe diventare il primo partito europeo». Ribatte l’ex ministro Pd Calenda: «I populisti potranno raggiungere il 10-15 per cento tra 5 Stelle, Lega e Le Pen, non potranno combinare assolutamente nulla in Europa e questo è il loro obiettivo: l’Italia entrerà in una recessione fortissima e loro diranno che è tutta colpa dell’Unione». All’opposto Bannon: «Non penso a una dissoluzione dell’Europa con la vittoria sovranista, ma al potere che torna alla gente, a cambiamenti necessari, allo sfoltimento delle 30mila pagine di regole di Bruxelles, allo sblocco per le piccole imprese. Salvini oggi è il più importante politico europeo e fra i 3-4 del mondo. La contro-narrativa di Macron è debolissima».
Diverge anche la lettura del passato. Per Calenda, è stata la BCE a salvare l’Italia con il quantitative easing, e il problema è proprio che oggi non ci sono gli Stati Uniti d’Europa ma «l’Europa delle nazioni, quindi se dovessero mai vincere Salvini e Orban, non dovranno far altro che lasciare le cose come stanno, perché a parte il commercio, non c’è una singola competenza, dalla politica estera a quella migratoria, che Salvini possa volere indietro perché avrebbe già tutto». Per Bannon, al contrario, la responsabilità del crollo italiano e della mancata crescita del reddito pro capite in 25 anni è «di Bruxelles e delle decisioni prese dai governi che si sono succeduti, soprattutto quelli tecnici, e questa è la ragione per cui il 60 per cento degli italiani ha votato contro i partiti dell’establishment, per la Lega e i 5 Stelle. L’UE è stata una catastrofe e ha calpestato la volontà dei popoli. Il partito di Davos vede l’Italia solo come un’altra potenziale Grecia».
Scintille su Trump. Calenda incalza accusando gli USA di isolazionismo. «L’America – di rimbalzo Bannon - non è mai stata così impegnata nella politica internazionale come adesso. Il nostro isolazionismo significa solo che non siamo imperialisti, che non vogliamo protettorati sul Corea, Giappone, paesi del Golfo… Mai un presidente è stato così attivo in Corea. Basta con nebulose operazioni transnazionali, oggi gli USA badano ai propri interessi vitali, vedono nella dittatura e nel capitalismo predatorio cinese una minaccia per tutto l’Occidente, e hanno interesse a dialogare e allearsi con singoli Stati nazionali forti». Una contraddizione secondo Calenda, per il quale non si può essere fautori di un Occidente assertivo contro la Cina senza credere in una forte UE. «Come possiamo contrastare Pechino se l’Unione e l’Occidente vanno a pezzi? Non puoi avere un’America isolazionista e un Occidente forte. È proprio l’Europa delle nazioni che non funziona».
Qualche sintonia invece sulla Cina.
Critico Bannon verso l’accordo, un po’ in linea con Salvini ma non con i 5S. «Prima di firmare avrei posto non cento ma mille domande». Anche qui, però, Calenda è netto: «Dove l’Europa è unita, sul commercio, riusciamo a contrastare Pechino. Non ci riusciamo dove siamo divisi: in politica estera». Ma che la Cina sia una minaccia, ne sono convinti tutti e due. Ed è quasi l’unico gancio comune. Sulla Brexit, infine, Bannon a differenza di Calenda fa ricadere sulla durezza della posizione negoziale europea lo stallo attuale. Da moderatrice, la Annunziata discute più con Calenda che con Bannon, al quale riconosce delle ragioni e di avere ben interpretato la percezione popolare su molte questioni. Perché per esempio «lo sappiamo tutti, che Davos è uno schifo».
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