Enrico Letta: «Gualtieri in Campidoglio. A Roma e Torino nessun accordo con M5S»

Enrico Letta: «Gualtieri in Campidoglio tutto il Pd unito per Roma»
di Massimo Martinelli
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Mercoledì 12 Maggio 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 15:13

«Ci avevo riflettuto anche io, che sono romano di adozione. Volevamo dare un segnale di discontinuità rispetto all’amministrazione attuale, poi ho pensato che se uno deve fare il sindaco deve farlo nella sua città natale, e io sono pisano. Però, per rispondere alla sua domanda, se governare Roma fa paura, dico che no, almeno a noi non fa paura».

Enrico Letta è segretario del Pd da 50 giorni e - almeno finora - il nodo più grosso lo ha sciolto tre giorni fa, di domenica, indicando Roberto Gualtieri per puntare al Campidoglio nelle prossime amministrative di ottobre. 

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Segretario Letta, avevate due opzioni: Roberto Gualtieri e Nicola Zingaretti, come è maturata la scelta?
«Ecco, partiamo da qui. Io credo che il fatto che su Roma si sia ragionato su due pesi massimi come Gualtieri e Zingaretti denoti l’attenzione massima del Pd per la Capitale. Che io ricordi, mai prima d’ora un ex ministro dell’Economia che aveva ricoperto incarichi di prestigio anche in Europa, si era candidato a sindaco di Roma. Quindi nessuna paura: ci sarà una sfida di carattere nazionale, di grande importanza e molto più impegnativa di quella del 2016. E questa è una buona notizia per la città».

Roberto Gualtieri è un candidato di grande peso, ma Zingaretti è quello che ha portato la Regione Lazio in cima alla classifica di efficienza nella risposta sanitaria alla pandemia e nella campagna di vaccinazione. Non è che poteva avere una marcia in più?
«Con questa intervista voglio ringraziare Nicola Zingaretti, perché in qualche modo siamo fratelli gemelli, ho avuto il piacere di raccogliere il suo testimone e di completare il suo lavoro nella segreteria nazionale. E anche per aver guardato e condiviso con me all’opzione legata a una scelta che non terremotasse la giunta regionale del Lazio, una giunta che ha portato avanti una politica sulla pandemia che ha reso orgogliosi tutti i romani e i residenti nel Lazio e che ha tenuto la Regione in zona gialla per più giorni rispetto al tutto resto d’Italia. 

Quale scelta avete condiviso?
«Il ragionamento fatto con Nicola Zingaretti è stato che il suo impegno per la Capitale non poteva sconvolgere la giunta regionale, impegnata nella missione di portare a termine la campagna vaccinale. Lui ha condiviso, ed è stata una dimostrazione di unità del Pd, che viene rappresentato invece come il partito delle divisioni: abbiamo giocato come una squadra».

Hanno influito sulla scelta anche le minacce di far cadere la giunta, avanzate da esponenti M5S?
«Devo dire che nel verificare tutte le opzioni, abbiamo considerato anche le ricadute sulla regione Lazio.

Ora non so se la giunta sarebbe caduta o meno, ma ho capito che ci sarebbero state turbolenze. E una volta compreso questo, abbiamo detto: i vaccini prima di tutto. Spero che i romani capiscano che abbiamo fatto una scelta forte perché Zingaretti e Gualtieri sono due pesi massimi, e alla fine facciamo una scelta che tiene conto dell’esigenza di garantire una campagna di vaccinazione che non si poteva mettere in discussione».

Il Campidoglio si vince con i voti delle periferie. Lei pensa che Roberto Gualtieri sarà attrattivo dalle parti del Grande Raccordo Anulare?
«Andrà bene anche lì. Perché l’idea che Roberto Gualtieri porta avanti è l’idea della svolta del centrosinistra che io ho impresso nel discorso del 14 marzo: quella del partito di prossimità, non più della Ztl e del centro storico. È la grande sfida, e il progetto partirà proprio da Roma. La Capitale ha un milione di cittadini fuori da quel Grande Raccordo Anulare che dice lei, e la necessità vera è quella di dare senso unitario a questa metropoli».

Mi spieghi meglio.
«Dopo anni in cui Roma è stata lasciata un po’ a se stessa, noi siamo in grado di dare alla città una struttura unitaria, di respiro internazionale. E Roberto Gualtieri, che è stato ministro dell’Economia e presidente della commissione economica e monetaria della Ue, è la persona che può far ritornare Roma a essere capitale del mondo. Perché questo ruolo internazionale, la nostra città lo ha ormai disperso in mille rivoli».

Che tipo di rivoli?
«Le racconto un aneddoto. Di recente, mentre preparavo il primo discorso da segretario nazionale, mi sono ritrovato in mano il dossier di quando, da presidente del Consiglio, decisi di candidare Roma per le Olimpiadi del 2024. Ho riflettuto sui casi della vita, che dopo quella decisione mi portarono ad andare a vivere a Parigi. Ed è lì che ho visto come Parigi ha sapientemente sfruttato l’occasione delle Olimpiadi del 2024. Per Parigi sono state uno straordinario volano. Ecco che cosa intendo per disperdere in mille rivoli il significato di Roma: la nostra Capitale non ambisce più ad avere un ruolo di capitale mondiale, cosa che invece la sindaca Hidalgo a Parigi ha voluto fortemente. È una storia parallela, quella di Roma e di Parigi. Ed è brutta per Roma. C’è bisogno di un sindaco globale per questa situazione. La scelta di Roberto Gualtieri è la scelta di una persona che è in grado di interpretare questo senso di Capitale del mondo. Perchè Roma deve riprendere il suo ruolo, non può lasciarsi andare ad una logica domestica».

Gli ultimi due sindaci della Capitale, Virginia Raggi e Ignazio Marino, arrivarono in Campidoglio senza una squadra forte. Roberto Gualtieri avrà uno staff tecnico a supportarlo?
«Marino ebbe il Pd contro di lui; la Raggi ha avuto i suoi problemi con il M5S. La differenza di fondo è che Gualtieri avrà un Pd compatto a sostenerlo. E il Pd sarà il partito dell’ascolto, dei diritti, del protagonismo dal basso, dei civismi, dei comitati di quartiere, delle associazioni. Penso al prezioso lavoro fatto da Monica Cirinnà da anni in questa direzione. Mi ci gioco molto anche io personalmente».

Mi riferivo al supporto tecnico. Gualtieri avrà assessori del calibro di D’Amato, che sta guidando la campagna vaccinale nel Lazio?
«Gualtieri è stato ministro dell’Economia, è in grado di scegliere i migliori. Avrà una squadra composta da personalità importanti e che durerà, mi auguro, tutti e cinque gli anni del mandato. Senza i turnover ai quali siamo stati abituati ultimamente».

Della società civile fa parte anche Carlo Calenda?
«Ho passato settimane - essendo amico di Carlo e avendolo avuto nel mio governo - a cercare di convincerlo a partecipare alla primarie del centrosinistra. Lui ha deciso di no. Ma io lo considero un interlocutore locale e nazionale del centrosinistra. Ho molto rispetto per lui, vorrei che lui ne avesse un po’ di più per la comunità del Pd. Ma so per certo che le nostre strade convergeranno sia a livello romano che livello nazionale».

Parliamo di questa alleanza con il M5S. La Appendino, proprio ieri, ha detto che quello tra Movimento e Pd è un matrimonio combinato, che non funziona e che in caso di ballottaggio a Torino non appoggeranno il candidato Pd. Lei che dice?
«Stiamo parlando di una convergenza che ha portato l’Italia a governare la pandemia con risultati positivi, dopodiché lei ha citato Roma e Torino, due città dove nel 2016 il Pd ha straperso e dove sono andate al governo due sindache sul cui operato il nostro giudizio è negativo. Quindi non c’è possibilità di nessuna convergenza. Mentre ad esempio Sala, che è un sindaco non iscritto al Pd, noi faremo di tutto per sostenerlo».

Anche la Raggi non le piace.
«Il giudizio è molto negativo. Roma ha perso veramente tante occasioni, è scesa nella scala italiana, europea, globale. Lo dico da cittadino, in primo luogo. È per questo che abbiamo deciso che non potevamo che andare al voto da soli, vista la volontà - legittima - di Virginia Raggi di candidarsi. Detto questo continua in nostro rapporto con il M5S. Ma è evidente che queste amministrative potevano aiutare a fare passi avanti più solidi. Ora bisogna semplicemente e con grande pragmatismo prendere atto, e andare avanti pensando che abbiamo fatto la scelta migliore».

Immaginiamo che la Raggi riesca ad arrivare al ballottaggio contro il centrodestra. Il Pd la appoggerebbe?
«È un’ipotesi che non prendo in considerazione perché non accadrà. Semplicemente andremo noi al ballottaggio e saranno loro a porsi il problema di quali scelte fare».

A destra chi è il più temibile, Bertolaso?
«Non dico nulla, aspettiamo che prendano le loro decisioni, non si capisce bene cosa sta succedendo. Ma qualunque sarà il loro candidato, Gualtieri è in grado di batterlo».

Rifiuti, trasporti, strade, Qual è il primo problema di Roma?
«È la parola che anche sul web è la più associata al nome di Roma: “emergenza”. L’obiettivo è togliere la parola emergenza vicino al nome di Roma. Vogliamo metterci altre parole, come lavoro, uguaglianza, sostenibilità. E ovviamente risolvere le questioni rifiuti e trasporti. Penso al completamento della Metro C, ad un sistema di trasporti e metro leggere che tolgano le auto dalle strade».

Eppure la Metro C, come altre opere infrastrutturali, è ancora in attesa del perfezionamento della nomina dei commissari, dopo un lungo iter governativo. Se la sente di impegnare il suo partito, se resterete al governo, a prestare la massima attenzione alla città di Roma?
«Non ho nessun dubbio a impegnarmi e avere come sindaco un ex ministro che conosce ogni ufficio faciliterà le cose. Noi ci candidiamo a guidare il Paese e a essere ancora più presenti al governo e a fare il massimo per Roma».

Gualtieri presenterà un piano per governare la città prima del voto?
«Credo che una parte di dettaglio sarà necessaria, poi deciderà lui a che livello di profondità. Penso che per lui ci sia il problema inverso, di limitare le informazioni. È decisamente un “secchione” che stupisce tutti per la sua capacità di conoscere nei dettagli i dossier di cui si occupa. È l’unico che sarà in grado di dire quale sarà la Roma del 2030. Io penso che il candidato sindaco debba dire questo». 
 

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