Regionali Emilia, i timori di Di Maio: col Pd ko governo a rischio

Regionali Emilia, i timori di Di Maio: col Pd ko governo a rischio
di Simone Canettieri
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Martedì 19 Novembre 2019, 09:34 - Ultimo aggiornamento: 10:31

La tensione corre sul filo della via Emilia, e non solo. Quando al Nazareno arrivano le notizie del vertice a vuoto di Luigi Di Maio con gli eletti in Emilia Romagna (pronti a correre da soli alle regionali) la reazione è piena di rabbia: «Se il M5S si presenta rischiamo di perdere. Se quest'estate abbiamo formato un governo anche per fermare Salvini, in questo modo gli spianiamo la strada, gli facciamo un favore. È un errore, un autogol», riflettono gli uomini più vicini a Nicola Zingaretti. A dire il vero, a metà mattina, davanti ai consiglieri regionali e parlamentari grillini era stato proprio Di Maio a prendere tempo: «Occorre valutare le ripercussioni di queste elezioni regionali sul governo». Un modo per dire: attenzione, ragazzi, se poi vince Salvini, il governo nazionale rischia.

LO SCONTRO
Il leader del M5S, davanti all'insistenza del vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni e del senatore Gabriele Lanzi è stato chiaro: «Rischiamo di non prendere più del 6%, se va bene. Poi ricomincia la corsa ad attaccarmi?». E soprattutto: cosa potrebbe accadere se proprio per pochi punti il governatore uscente Stefano Bonaccini dovesse lasciare la mano a Lucia Borgonzoni? In pubblico, chiaro, il ministro degli Esteri fa sempre la voce grossa: «Sono problemi del Pd». Ma in privato, come appunto durante la riunione di ieri mattina, non nasconde perplessità e timori sull'operazione dal punto di caduta molto, troppo incerta.

La situazione è anomala: per la prima volta tutti i big del M5S (da Spadafora a Taverna, da Bugani a Fico) sono per la desistenza. Dice uno di loro: «Erano anni che non ci trovavamo tutti sulla stessa linea, eppure...». Ma il problema, appunto sono le vertenze locali. I focolai di protesta. Al punto che Di Maio ha ventilato agli eletti la possibilità che a scegliere sia Rousseau (non proprio un'ammissione di forza). Terminato il vertice con «ci aggiorniamo nei prossimi giorni», tanti eletti, parlottando nei corridoi della Camera, hanno minacciato: «Siamo pronti a presentarci anche da soli, con una lista civica». Ipotesi remota, magari solo una sparata, che però segna molto bene il clima interno.

Discorso simile per la Calabria - dove si voterà sempre il 26 gennaio - con i parlamentari pronti ad esserci. Anzi, a Di Maio hanno dato anche un nome: Francesco Paolo Aiello, docente di politica economica a Cosenza. Ma l'attenzione del M5S è su mille fronti: dalla leggere elettorale (proporzionale con preferenze) alla manovra. Ecco, proprio su questo punto Di Maio ha riunito ieri sera ministri e sottosegretari grillini per il consueto vertice alla Farnesina del lunedì. L'occasione per serrare i ranghi e mandare tre messaggi agli alleati. Per quanto riguarda Italia viva e Matteo Renzi, il leader ha ribadito ai suoi «che se lo può togliere dalla testa: non creeremo mai nuovi esodati, né cambieremo le finestre».

Per quanto riguarda, poi la tassa sulla plastica è tornato a ribadire al Pd che «può essere modificata, ma non sarà cancellata: serve una battaglia culturale, altrimenti è facile scendere in piazza con Greta, dobbiamo dare l'esempio». L'ultima stoccata è stata per il premier Conte sul trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes): «Non voterò mai un meccanismo che possa danneggiare il nostro Paese a favore della Germania». Una strategia tutta d'attacco rivolta appunto alla Manovra, al vaglio del parlamento, con il M5S che si trova ancora senza un capogruppo. Ecco perché il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà ha lanciato un appello affinché si sblocchi la situazione: domani nuova votazione.

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