Elezioni Umbria, ora scatta l'assedio a Di Maio. E lui: battaglia sulla manovra

Elezioni Umbria, ora scatta l'assedio a Di Maio. E lui: battaglia sulla manovra
di Alberto Gentili
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Martedì 29 Ottobre 2019, 07:46 - Ultimo aggiornamento: 14:16

Finito al tappeto, Luigi Di Maio reagisce con la forza della disperazione. Con il Movimento ridotto in Umbria al 7,4% (un anno e mezzo fa lì aveva raccolto il 27%) e la base e gli eletti grillini pronti a spingerlo sul banco degli imputati, il capo 5Stelle non trova di meglio che provare a salvare la pelle bocciando senza se e senza ma, eventuali repliche dell'alleanza con il Pd, inquadrando nel mirino il premier Giuseppe Conte e annunciando (di fatto) un Vietnam parlamentare sulla legge di bilancio.

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I risultati? Scarsi. Il Pd l'avverte: «Così si va a elezioni». Epilogo che per i grillini equivarrebbe all'estinzione, visto il trend elettorale. Conte fa spallucce e prova a tirare dritto, nonostante la preoccupazione montante. E tra i parlamentari e gli attivisti pentastellati lievita il proposito di strappare al ministro degli Esteri lo scettro del comando.
Il primo atto di ostilità del leader grillino verso Conte e il Pd, è rilanciare l'idea del «contratto», mettere i dem sullo stesso piano della Lega («stare al governo con loro ci fa male quanto starci con i leghisti»), e terremotare l'accordo raggiunto faticosamente sulla legge di bilancio. In particolare il patto, caro al premier, contro l'evasione fiscale: «Dobbiamo fare chiarezza sulla manovra economica. Per noi la lotta all'evasione non è criminalizzare commercianti, artigiani e professionisti con Pos, carte di credito e abolizione del regime forfettario per le partite Iva. E poi c'è la questione legata alla plastic tax e alla sugar tax: anche gli interventi sulle entrate vanno visti bene, come bisogna decidere a chi va il taglio del cuneo». In realtà è stato stabilito che va ai lavoratori, ma il leader grillino sembra voler riaprire la partita.
Eppoi, ciò che Di Maio non dice lo dice il viceministro al Mise, Stefano Buffagni: «Conte si ricordi che è stato espresso dai 5Stelle e deve condividere maggiormente con noi». E aggiunge: «Il capo politico è stato votato ed è la persona migliore che abbiamo, questo però non vuol dire non allargare la catena di comando come chiedono in tanti».
Già, per evitare di essere decapitato, Di Maio accelera la formazione della segreteria politica convocando una riunione della squadra di Rousseau: «Le scelte, soprattutto a livello territoriale, vanno condivise. Sono stufo di fare il parafulmine. Tutti devono assumersi la responsabilità», si sfoga. E uno dei suoi aggiunge: «Ora il colpevole di tutto sembra essere Luigi. Ma lui era tra i più riluttanti a fare il governo con il Pd e in questa alleanza è stato spinto da Conte...».

TENSIONE CON IL PREMIER
Insomma, il solco tra il premier e il capo politico M5S si approfondisce. Allo stesso tempo però monta nel Movimento la ribellione. Tutti chiedono al leader di fare autocritica e di non scaricare la colpa del fallimento su Conte. Le chat dei parlamentari ribollono.
In prima fila, tra i ribelli, c'è chi non voleva l'intesa con il Pd. Ecco Gianluigi Paragone: «La disfatta in Umbria è dovuta alla mancanza di coerenza e linearità. E la sconfitta è di Conte, di Fico anche di Grillo che continua a insistere con l'alleanza con i dem». Ed ecco Barbara Lezzi: «Serve subito l'assemblea del Movimento. In Umbria non siamo stati il cambiamento. Vanno costruite alternative ormai indispensabili». Ancora più duro Elio Lannutti, un altro nostalgico del patto con la Lega: «Quando si tradiscono principi a valori si va dritti verso l'irrilevanza, se non l'estinzione. Va cambiata rotta». E in molti, assieme alla Lezzi, invocano il ritorno in campo di Alessandro Di Battista: «Abbiamo bisogno di lui», sospira l'eurodeputato Ignazio Corrao. Durissimo il senatore Michele Giarrusso che dà voce alla ribellione contro la squadra di governo: «Ogni volta che un attivista vede uno Spadafora, un Buffagni o una Castelli viene colto da conati di vomito e fugge via disgustato».

IL FRONTE A SOSTEGNO DI CONTE
Tra deputati e senatori in tanti (pare siano la maggioranza) difendono l'accordo di governo con il Pd e il premier Conte: l'ex tesoriere Sergio Battelli («abbiamo parlato di esperimento umbro come se gli elettori fossero cavie»), il deputato umbro Filippo Gallinella («per non restare all'opposizione bisogna allearsi») e i parlamentari vicino al presidente della Camera, Roberto Fico, come la senatrice Paola Nugnes: «La colpa di questa situazione è di Di Maio. E non è sensato dire basta, senza neppure un confronto, all'accordo con i dem. Se demolisci la sinistra e allevi la destra», come ha fatto Di Maio, «ti fai fuori da solo. La terza via di Di Maio? Non si può essere né carne, né pesce». E in molti, a taccuini chiusi, sibilano: «Se in Umbria è andata così male è anche perché Di Maio all'alleanza con i dem non ci ha mai creduto». Beppe Grillo? Il padre nobile del Movimento prima ha scritto un tweet ironico: «Pensavo peggio». Poi l'ha cancellato. Ma Grillo ha sempre detto che la strada dell'intesa con i dem «è giusta, ma molto lunga...»
 

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