Elezioni regionali, Berlusconi deluso: «Speravo di più». Forza Italia arretra ancora al Sud

Elezioni regionali, Berlusconi deluso: «Speravo di più». Forza Italia arretra ancora al Sud
di Barbara Acquaviti
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Martedì 22 Settembre 2020, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 10:41

Questa volta non si può provare nemmeno a camuffare il magro risultato ricorrendo a grafici o somme di liste. Perché la fotografia resta comunque impietosa: nemmeno nella Regione in cui esprimeva un proprio candidato, Forza Italia riesce ad essere il primo partito del centrodestra. Ma la notizia è ancora più eclatante, perché la Regione è la Campania, negli anni d'oro del berlusconismo uno dei regni azzurri. Altri tempi, è vero, ma mai finora il partito del Cavaliere in quella Regione era sceso sotto il 10%. Alle Europee, per esempio era al 13,6%. Appena un anno e mezzo fa. Lo stesso Cavaliere con i suoi ha ammesso: «Era una sfida difficile, ma mi aspettavo di più».

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Certo, era complicato ottenere risultati clamorosi contro un candidato come Vincenzo De Luca che si riconferma con oltre il 60%, ma è altrettanto vero che era stato proprio Silvio Berlusconi a volere che lo sfidante fosse (ancora una volta) Stefano Caldoro, nonostante a un certo punto la Lega di Matteo Salvini avesse tentato di rimettere in discussione il patto con gli alleati già firmato dal notaio in nome del rinnovamento.

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LA DELUSIONE
L'ex premier, raccontano, ha seguito i risultati da Arcore in isolamento, in attesa ancora di avere l'esito del secondo tampone negativo. Appunto, la recente malattia. È una facile giustificazione individuata per spiegare il tonfo. «È stata una campagna elettorale molto difficile. Per noi di Forza Italia ancora di più, perché il presidente Berlusconi non è potuto scendere in piazza tra la gente», spiega il fedelissimo Sestino Giacomoni.
 

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Il fatto è che è vero anche il contrario: la preoccupazione per i giorni trascorsi in ospedale, la conseguente centralità mediatica, non sono serviti a riscaldare i cuori di quegli elettori che da tempo si sono allontanati da Forza Italia. Vista la situazione, comunque, il Cavaliere sceglie di non fare commenti ufficiali a caldo. A dettare la linea del partito è il vice presidente Antonio Tajani: «Forse le cose potevano andare meglio. Sarebbe stato meglio vincere ma a conti fatti la sinistra ha perso una Regione, il centrodestra ne ha guadagnata una».
D'altra parte, aggiunge, in Campania e in Puglia c'erano «due candidati che non hanno vinto con le liste di partito, ma con decine di liste civiche, che servivano a raccogliere capibastone e capipopolo nel Sud e si sa che quell'elettorato va seguito in quella maniera».

In realtà, la Puglia è l'unica Regione in cui Forza Italia sembra destinata a stare ancora sulle due cifre, peraltro sopra la Lega, mentre altrove si attesta su percentuali tra il 4 e il 7%. La versione ufficiale, però, è che il partito «tutto sommato tiene» e che il centrodestra ha comunque bisogno di Fi per vincere, che il sovranismo da solo non sfonda, che serve comunque la sponda moderata. Meno ufficialmente, tuttavia, la pessima performance di questa tornata ha rianimato la preoccupazione di chi guarda al futuro avendo ben chiaro che il partito non può essere soltanto quel (poco o molto) che riesce a fare il Cavaliere.

RIFLESSIONE
L'attuale gestione, dunque, è già finita nel mirino: ora che è finita la pax elettorale è già ripartito lo scontro tutto interno tra chi guarda a destra e chi, invece, pensa che la strategia debba puntare proprio a emanciparsi da Salvini.
Come nel resto della coalizione, si punta il dito contro il M5s, considerato il vero sconfitto di questa tornata elettorale. Dentro Forza Italia, infatti, non ci stanno a lasciare campo libero alla soddisfazione dei pentastellati nemmeno per l'esito del referendum. Berlusconi aveva lasciato libertà di coscienza, ma più volte ha pubblicamente manifestato i suoi dubbi sul taglio dei parlamentari. Per la capogruppo alla Camera, Maria Stella Gelmini, la vittoria del sì «non è certamente la vittoria di Di Maio o del Movimento 5 Stelle» visto che «in Parlamento, pur rilevando moltissime criticità, un largo schieramento di forze ha approvato la riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari».
 

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