Regionali, Toscana (e Marche) «a rischio sconfitta»: la grande paura "rossa" del Pd

Regionali, Toscana (e Marche) a rischio sconfitta: la grande paura "rossa" del Pd
di Mario Ajello
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Venerdì 11 Settembre 2020, 15:54

«Compagni, qui butta malissimo». È allarme rosso al Nazareno. Nel quartiere generale del Pd, il segretario Nicola Zingaretti ha avvertito tutti i maggiorenti del partito: «Vi voglio tutti in Toscana, ventre a terra in campagna elettorale da qui al 20 settembre, perché laggiù rischiamo». Di perdere un’altra regione rossa, dopo l’Umbria già capitolata lo scorso anno e insieme alle Marche dove la sconfitta è data per scontata tra due settimane. Anche Matto Renzi è molto preoccupato per la Toscana, e non soltanto per le percentuali di Italia Viva che si preannunciano scarse ma per le sorti generali della partita: «Non la vedo affatto bene», dice l’ex premier ai suoi. Zingaretti e Renzi sono uniti da un destino comune: se si perde in Toscana, l’uno rischia la segreteria e l’altro, nel caso di flop di Italia Viva, verrebbe rottamato agli occhi di tutti, in quanto neppure nella sua regione il suo partito si dimostrerebbe vivo (lo davano al 10 e invece ora sarebbe al 4 per cento secondo i pronostici).

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Il problema, a detta di tutti, è che Eugenio Giani - candidato governatore zingarettian-renzista - viene considerato floscio dai suoi sponsor. Mentre la leghista Susanna Ceccardi “spacca”, come si dice in gergo. Che paura! E del resto la valanga verde in Toscana già esiste da tempo, con tutti quei Comuni già conquistati da Salvini nella ex regione rossa. Adesso il centrosinistra deve scongiurare il male peggiore: passi che il fortino comunista non sia più quello di un tempo, ma qui non si può perdere. Anche a costo che il centrodestra sbanchi in 4 delle altre 5 regioni al voto, la Toscana deve tenere. Motivo per cui il Nazareno, dopo l’allarme dei sondaggi, è stato coinvolto direttamente nella campagna elettorale di Giani, al cui soccorso si stanno muovendo - ma quo spostano pochissimo, non siamo in Emilia - pure le Sardine.

 

La strategia

Lo scorso fine settimana, Zingaretti ha inviato in Toscana due emissari, ovvero il coordinatore politico Nicola Oddati e il capo comunicazione Marco Furfaro, e da allora chiama i vertici del partito locale tutti i giorni. L’obiettivo è svoltare un campagna elettorale ritenuta finora debole, anche e soprattutto perché debole è proprio Giani: «Un conto è andare in giro a tagliare nastri e mangiare tartine – è la malizia di un big del Pd toscano – un conto è scaldare i cuori e prendere i voti». Come fa la Ceccardi. Insieme a Salvini in versione più moderata del solito: «Qui l’ideologia, optate per la Toscana», il suo furbo motto. Che si basa sulla stanchezza dei cittadini per un sistema di potere che vige dal dopoguerra. E che senza il vecchio radicamento e le antiche cinghie di trasmissione - le case del Popolo non ci sono quasi più, la Cgil non mobilità più come un tempo, le Coop fanno affari e non politica - non funziona più come prima. E così il Pd ha deciso una quattro giorni di mobilitazione dei vertici nazionali nelle Regioni – in cui la Toscana, va da sé, sarà appuntamento centrale – a cui parteciperà lo stesso segretario. Negli scorsi giorni, poi, un assist a Giani lo hanno provato a dare 180 sindaci – dal fiorentino Dario Nardella a Matteo Biffoni, sindaco di Prato – che hanno scritto una lettera in suo sostegno.
 

La mobilitazione

Con loro si è mosso anche Enrico Rossi, l’attuale governatore rientrato nel Pd dopo anni di militanza in LeU, che si è rivolto agli elettori di M5S e Toscana a Sinistra con un appello al voto disgiunto in favore di Giani. Basterà? Stasera, per dare impulso a questa campagna elettorale moscia, Renzi ha organizzato una mini Leopolda. Tre ore di kermesse e vediamo se gioverà. Il Pd un po’ teme questa Leopolda e sussurrano al Nazareno: «Se si risolve nei soliti attacchi di Renzi al governo o Conte non solo non serve alla causa Toscana ma sarà dannosa in generale». Le Sardine domani faranno la loro manifestazione a Cascina (Pisa) dove era sindaca la Ceccardi. Ci sarà un aperitivo a base di vino (“il vino della ragione”) e mozzarella di bufala (“come le bufale che racconta la Ceccardi”). Difficile però che si torni anche solo da lontano ai fasti delle piazze emiliane – decisive per la riconferma di Stefano Bonaccini – un po’ perché il coronavirus ha stroncato gli assembramenti, un po’ perché, anche potendo, quei numeri sono irripetibili. E naturalmente, a parte le Sardine, le paure di Zingaretti e l’appello antifascista ormai obsoleto (“Fermiamo le camicie nere-verdi di Salvini!”), per vincere in Toscana servirà ben altro. Ossia ricostruire quella che Antonio Gramsci chiamava la “connessione sentimentale” tra la sinistra e il popolo. Ma in appena una manciata di giorni questa operazione epocale non si può certamente fare.

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