Elezioni Quirinale, il dilemma del catafalco e la segretezza del voto: cabina rimossa per evitare contagi?

Elezioni Quirinale, il dilemma del catafalco e la segretezza del voto: cabina rimossa per evitare contagi?
di Mario Ajello
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Venerdì 7 Gennaio 2022, 06:57 - Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 19:15

Catafalco sì o catafalco no? Questo è il dilemma. E riguarda la sicurezza sanitaria ma anche la segretezza del voto. Insomma c'è il timore - in questa prima volta nella storia italiana che si vota per il Capo dello Stato in piena pandemia - che la cabina dove entreranno dal 24 gennaio i 1008 grandi elettori, ossia quel tubo di legno con tendine all'ingresso e all'uscita, soprannominato catafalco e piazzato sotto il banco del presidente di Montecitorio, possa trasformarsi nel passaggio della massa di votanti e a dispetto delle spruzzate di disinfettante in un temibile cluster. Quanti respiri, quanti sudori - dovuti magari alla paura che il candidato prediletto perda il big match - e quanti starnuti potranno verificarsi lì sotto, anche se ci sarà l'obbligo della mascherina Ffp2? Il catafalco nell'emiciclo per l'elezione del 92, che avrebbe portato Scalfaro al Quirinale.

L'OPPOSTO
Ora da strumento di protezione, adatto a non far vedere agli altri la scheda votata in cabina e da infilare poi nell'urna esterna detta l'insalatiera, può trasformarsi nel suo opposto: in un terreno fisicamente pericoloso, in un allevamento di germi, in un generatore di contagi.

La trasformazione virale del catafalco è insomma una delle insidie. Se i contagi a fine mese saranno molto alti, com'è probabile, oltre allo sbarramento del Transatlantico potrebbe verificarsi l'abolizione del catafalco. Che risponderebbe tra l'altro a una esigenza: quella di evitare che nella cabina i grandi elettori possano con lo smartphone immortalare la scheda votata per poi dimostrare di aver segnato il nome indicato dal partito di riferimento.

Non solo in Forza Italia gira l'idea di siglare con una foto della scheda l'atto di obbedienza alla corsa quirinalizia di Berlusconi. Ma anche tra gli stellati - dove i più non seguono la linea Conte che oltretutto non si capisce quale sia - avanza l'opzione d'immortalare la scheda sotto il catafalco in modo da evitare voti di dissenso nei confronti dei vertici M5S. Senza capire, sia loro sia tutti quelli che sottovalutano la gravità del fotografare la scheda, quanto sia profondamente deleterio per i principi democratici - e la libertà del parlamentare è uno di questi - rendere pubblica la propria scelta compiuta in quello che dovrebbe essere il segreto dell'urna. E pensare che questo vulnus democratico legalmente non è neanche rischioso, perché mentre il cittadino può essere condannato all'arresto da tre a sei mesi se fotografa la scheda nella cabina del seggio, nessuna sanzione è prevista dai regolamenti parlamentari per deputati e senatori che violano la segretezza del voto.

CATTIVI ESEMPI
L'ultima volta, nel 2015, diversi stellati - da Di Stefano a Dall'Osso, dalla Lezzi alla Bencini - uscirono dal tubo di legno e si precipitarono a postare su Facebook la scheda appena siglata, per farsi belli agli occhi della «ggente» per aver scelto candidati, da Rodotà a Imposimato, estranei al vituperato Palazzo.
Ora chissà che fine farà - ma una decisione andrà presa, come minimo quella proposta dal deputato dem Ceccanti e condivisa da tanti in maniera bipartisan: «Vanno lasciati i telefoni cellulari fuori dal tubo» - il catafalco possibilmente infetto e probabilmente usato come riparo per cattive pratiche politiche: come quella, costituzionalmente gravissima e da vero e proprio reato, di scatenare il mercato delle foto quirinalizie e la falsificazione di quello che dovrebbe essere un momento rispettatissimo della vita repubblicana. E insomma resta o sparisce il catafalco? Tra pochi giorni lo sapremo.

PARAGONI
L'ex ministro repubblicano Oscar Mammì, quando questa cabina comparve a Montecitorio, disse: «Mi sembra di entrare in una bara e in effetti c'è bisogno di bare in questo sistema politico in agonia». E in quel 92, il simpatico socialista Francesco Forte - scomparso pochi giorni fa - sbottò: «Quando entro nel catafalco mi tocco». Ora al catafalco potrebbe toccare di non esserci, ma restano purtroppo la pandemia e la delicatezza di una questione istituzionale rilevante: con il catafalco c'è l'insidia dello smartphone, senza catafalco c'è l'occhio tremendo dei tele-obiettivi che può scoprire qualsiasi nome vergato sulla scheda.

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