Calenda frena sull accordo con il Pd (che ottiene il via libera da Sinistra e Verdi): «No alla coalizione a tre punte»

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Calenda frena sull accordo con il Pd (che ottiene il via libera da Sinistra e Verdi): «No alla coalizione a tre punte»
di Andrea Bulleri
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Venerdì 5 Agosto 2022, 10:33 - Ultimo aggiornamento: 6 Agosto, 11:07

La girandola di incontri, telefonate e colloqui – in qualche caso annunciati, poi smentiti – va avanti fino a sera. Intervallati da tweet incendiari, tentativi di ricucire, dichiarazioni ora concilianti ora al vetriolo. La missione che si è dato Enrico Letta (tentare di tenere insieme sotto un unico ombrello elettorale la sinistra rosso-verde di Bonelli e Fratoianni e il centro di Calenda) somiglia sempre più a quello «sporco lavoro» di cui parlava John Wayne in “Ombre rosse”: «Qualcuno deve pur farlo».

Enrico Letta: «Un dovere stare insieme, ma patti separati con gli alleati». Più vicino l'accordo con Verdi e Si

 

 

Almeno se si vuol tentare di strappare la vittoria alla destra. «Fortuna che al nostro segretario non manca la pazienza...», commentano sardonici dal Nazareno. Perché nonostante gli sforzi di Letta, a due settimane dalla scadenza per la presentazione delle liste elettorali ancora non c’è un accordo che metta pace tra le diverse anime del centro-sinistra. Al punto che più volte ieri il banco è sembrato sul punto di saltare. «A queste condizioni – l’aut aut che a metà mattinata da Carlo Calenda indirizza a Sinistra Italiana – non c’è spazio per loro nella coalizione». 
A fine giornata, il bicchiere, per il segretario del Pd, non si sa se è mezzo pieno o mezzo vuoto.

Perché i dem incassano l’ok definitivo (almeno così sembra) dei verdi di Angelo Bonelli a far parte dei progressisti («l’unica alleanza che possa contrastare la destra», mette a verbale Europa verde). Mentre Calenda, che nel pomeriggio incontra di nuovo Letta insieme al numero uno di +Europa, Benedetto Della Vedova, si prenderà ancora qualche ora di tempo per riflettere. Ma dal Nazareno sono fiduciosi che alla fine l’ex ministro non romperà il patto col Pd. «Noi vogliamo confermarlo – ripetono i dem – E continuiamo a lavorare per una coalizione più larga e plurale possibile». 


LE BORDATE
A dare il via all’ennesima giornata di fibrillazioni, per il campo antimeloniano, è proprio Carlo Calenda. Che dopo l’intesa col Pd siglata nei giorni scorsi, dal suo profilo Twitter torna a sparare a palle incatenate contro l’asse Bonelli-Fratoianni alla sinistra del Pd. A fare da miccia, un cinguettìo altrettanto esplosivo del segretario di Sinistra italiana. «L’agenda Draghi non esiste – twitta tagliente Fratoianni – L’ha detto Draghi stesso. Povero Calenda, deve correre in cartoleria a comprarne un’altra». Replica il leader di Azione: «Direi che abbiamo raggiunto un punto di chiarezza. È evidente che il Pd, che ha siglato un patto chiaro con noi che dice l’opposto, deve fare una scelta netta. A queste condizioni, per quanto ci concerne, non c’è spazio per loro nella coalizione». Poi una bordata contro Bonelli: «Vorrei capire se si può pensare di lavorare insieme così», scrive Calenda, postando il video in cui il segretario dei Verdi lo apostrofa come un «bambino viziato». 


La tempesta è innescata. E i toni, da una parte e dall’altra, col passare delle ore assumono sempre più nettamente i contorni dell’ultimatum. «O noi o loro». Al punto che a spegnere l’incendio, dal Pd, scende in campo pure Dario Franceschini. Anche lui su Twitter: «Fermatevi! – scrive ai due alleati riottosi – Ci aspetta una sfida molto più grande dell’interesse dei nostri partiti: evitare che l’Italia finisca in mano alla destra sovranista». Replica Calenda: «Dario, il terzismo alla volemose bene con noi non funziona. Avete firmato un patto: Nato, rigassificatori, agenda Draghi. Chiarite». 


Ma la situazione, già piuttosto tesa così, si fa ancora più complicata quando in mezzo al fuoco incrociato si mette pure Luigi Di Maio, partner di minoranza che col suo “Impegno civico” rischia di restare ai margini della coalizione, a tutto vantaggio di Calenda. «È diventato un gregario del centrosinistra – affonda il ministro degli Esteri – e capisco le difficoltà di spiegarlo ai suoi elettori. Ma proprio lui che si innalza a paladino dell’anti-grillismo è diventato il più estremista di tutti. Così si fa un regalo alle destre». Poi, qualche ora dopo, una nuova sferzata che ha il tono dell’avviso al Pd: «Ci aspettiamo pari dignità e rispetto nella coalizione - mette in chiaro Di Maio – non accetteremo altri attacchi e discriminazioni da parte di nessuno». 


NERVI TESI
I nervi sono talmente tesi, nel campo progressista, che pure l’incontro tra Enrico Letta e il capo della Farnesina (che vorrebbe rassicurazioni sulla centralità della sua neonata lista e sulle candidature dei suoi) slitta di ora in ora, fino a tarda sera. Così come il nuovo vertice con Fratoianni e Bonelli, che alla fine viene rimandato. Ma dal partito verde, oggetto come Sinistra italiana del corteggiamento di Giuseppe Conte, alla fine arriva la rassicurazione: l’alleanza si farà col Pd, pur con il «rammarico» di non vedere l’M5S nello stesso campo. E sinistra italiana? La decisione finale verrà presa dell’assemblea nazionale, che già aveva dato il suo ok con una maggioranza schiacciante. Mancherebbe solo Calenda, insomma. I dem ci credono. Sempre che una nuova tempesta non sia dietro l’angolo. 

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