Duello su Roma rinviato ma tra Salvini e Di Maio alta tensione su più fronti

Duello su Roma rinviato ma tra Salvini e Di Maio alta tensione su più fronti
di Alberto Gentili
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Domenica 11 Novembre 2018, 11:37
Festeggiano tutti, in casa pentastellata. Da Luigi Di Maio a Beppe Grillo ad Alessandro Di Battista. Ma a ben guardare, più che una festa è una sorta di respiro di sollievo collettivo: già alle prese con l'escalation di problemi nella coabitazione con Matteo Salvini nel governo nazionale, l'assoluzione di Virginia Raggi fa dileguare lo spettro di nuove elezioni a Roma. E di una probabile debacle.

Gli ultimi mesi non sono trascorsi però senza lasciare ferite. La sindaca, la cui gestione della città è palesemente insufficiente, un po' per volta è stata lasciata sola dai vertici 5Stelle. Tant'è che venerdì, alla vigilia della sentenza, Di Maio aveva ricordato che il codice etico dei grillini «parla chiaro». Una frase che nell'entourage del vicepremier era stata tradotta così: in caso di condanna, dimissioni da sindaco o espulsione. Di certo c'è che quando invece ieri è arrivata l'assoluzione, Di Maio e i vertici pentastellati si sono ritrovati costretti a dover individuare una via di uscita. A cercare un modo per ricucire con la sindaca. E non hanno trovato di meglio che prendersela con giornali e giornalisti, colpevoli di aver raccontato inchiesta e processo. Attacco che al Quirinale non è passato inosservato. Perché Di Maio ha importanti incarichi istituzionali: è vicepremier ed è due volte ministro (Lavoro e Sviluppo). E perché nelle ultime settimane per ben quattro volte Sergio Mattarella aveva già dovuto lanciare appelli in difesa della libertà di stampa e del pluralismo. «Principi difesi dalla Costituzione».

Ma c'è una ragione se a Di Maio, in un giorno di presunta festa, è sfuggita la frizione: la grande sofferenza e la montante rivalità del capo 5Stelle (azzoppato su reddito e prescrizione) nei confronti di Salvini. Lui sempre descritto dai media nei panni dello sconfitto e il leghista in quelli del vincitore. Con tanto di conferma dei sondaggi. Che la ragione sia questa lo rivela Di Maio in persona, quando accusa i giornalisti di «fare la guerra al governo provando a farlo cadere con un metodo ben preciso: esaltare la Lega e massacrare il Movimento sempre e comunque».

L'ESCALATION
Ebbene, di fronte a tanto nervosismo, Salvini reagisce gelido. Risponde non fermando, ma solo rinviando, la corsa della Lega alla conquista del Campidoglio: «Da cittadino e da amico di Roma sono contento che non sia una sentenza a porre fine all'amministrazione». Come dire: la Raggi sarà condannata dai romani. E non fa mancare, il capo leghista, una nuova punzecchiatura: «Da ministro sto cercando di dare una mano. Però si può fare molto meglio e molto di più per migliorare la qualità della vita dei romani». Parole che si sommano alla tensione crescente con i 5Stelle su ogni dossier (dalla sicurezza alla giustizia, dalla manovra alle grandi opere). E alla prova - dimostrata plasticamente a Torino dove in quasi quarantamila sono scesi in piazza per dire no al regresso grillino - che gli elettori della Lega e dei grillini sono divisi e inconciliabili. Avversari perfino. E Salvini, che trattiene ormai a stento la propria insofferenza, non fa nulla per ridurre le distanze. Anzi. Tant'è che a sera il capo lumbard mette a verbale: «Un'opera cominciata è meglio finirla». E snocciola tutte le grandi opere che Di Maio vorrebbe fermare: «La Tav, la Pedemontana, il Terzo Valico». Non ci mette la Tap, il gasdotto pugliese, perché i pentastellati l'hanno già dovuta ingoiare.

A questo punto si rincorrono due domande. La prima: Di Maio potrà mai accettare anche la Tav, perdendo altri voti? La seconda: quanto Salvini farà durare il governo, sapendo che se andasse al voto potrebbe finalmente fare a meno dei grillini? La teoria più gettonata: crisi dopo le elezioni europee di fine maggio, voto in autunno.
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