Draghi: «L’Italia ce la farà con qualsiasi governo però non deve isolarsi». Standing ovation a Rimini per l'ex premier

il primo congedo del premier. «Siamo più forti se stiamo con l’Europa»

Draghi: «L’Italia ce la farà con qualsiasi governo però non deve isolarsi». Standing ovation a Rimini per l'ex premier
di Francesco Malfetano, nostro inviato
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Mercoledì 24 Agosto 2022, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 10:05

«L’Italia è un grande paese e ce la farà, qualunque sarà il governo e il suo colore politico». Per il suo primo commiato Mario Draghi ha scelto parole rassicuranti e senza acrimonia. Travolto dal rincorrersi di applausi, consensi, cori e standing ovation, sul palco del Meeting di Rimini il premier ieri ha infatti invitato tutti - specie i giovani che sono «la speranza della politica» - a «guardare avanti con immaginazione e pragmatismo, per ragionare sul Paese che siamo e vogliamo diventare». Un tono da “nonno delle istituzioni” apprezzatissimo dal palcoscenico ciellino che, solerte nel mostrargli affetto (si è sentito anche qualche «bis!» urlato in sala), ha costretto più volte il Presidente del Consiglio a fare i conti con l’emozione. 
 

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I SASSOLINI
Certo qualche sassolino dalle scarpe del premier esce comunque quando - nella stessa cornice in cui 24 ore prima Matteo Salvini sollevava dubbi sulle sanzioni alla Russia - rimarca la collocazione italiana «ancorata alla Nato, al G7, all’Unione europea».

Del resto, chiarisce a chi fino a qualche mese fa inneggiava all’uscita dall’euro, alla vicinanza al Cremlino o alle «illusioni autarchiche del secolo scorso», «isolazionismo e protezionismo non coincidono con i nostri interessi». «L’Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola, il nostro radicamento nella Ue coincide con la visione dei nostri padri e dei nostri nonni». Ma questo, chiarisce ai più scettici, non significa non continuare a riformarla. Tant’è che tornando al documento redatto assieme al presidente francese Emmanuel Macron lo scorso anno, Draghi invoca un cambiamento delle regole di bilancio attuali della Ue perché «sono poco credibili e poco efficienti», «non permettono di gestire delle fasi di crisi così come non permettono di un costruire un necessario sovranismo europeo». E ancora: «L’Italia ha bisogno di una Europa forte tanto e quanto un’Europa ha bisogno di un’Italia forte».

 

Inevitabile quindi che un parte dell’intervento toccasse direttamente il tema dell’invasione russa dell’Ucraina, rimarcando come il paese abbia avuto «una posizione chiara, al fianco del popolo ucraino e del suo diritto a difendersi. Una posizione concordata con l’Ue e gli alleati».  In pratica, se da un lato Draghi prova a non tradire eccessiva preoccupazione per l’immediato futuro, dall’altro invece non solo tiene a rimarcare il lavoro fatto e il metodo utilizzato ma soprattutto ciò che resta da fare «in un momento estremamente complesso per l’Italia e l’Europa». Cita le crisi (e le risposte offerte) legate alla guerra, alla siccità, alla pandemia, ai cambiamenti climatici. Una sorta di monito per chi gli succederà. «Tocca ai governi rassicurare i cittadini, con sfide concrete», perché «Le decisioni che prendiamo oggi sono destinate a segnare a lungo il futuro dell’Italia» dice appena prima di invitare anche i cittadini a prendersi le proprie responsabilità: «Tra poche settimane gli italiani sceglieranno il nuovo parlamento. Vi invito tutti ad andare a votare».

L’ENERGIA
E così, alla sua terza partecipazione al Meeting (la prima nel 2009 da governatore della Banca d’Italia, la seconda nel 2020 con il famoso discorso sul «debito buono»), il premier schiaccia senza indugi il tasto della crisi energetica. Con ogni probabilità la prima emergenza che il nuovo esecutivo si troverà a fronteggiare. Fino ad ora, a fronte di «un cambio radicale della politica energetica», l’Italia ha beneficiato di «effetti immediati» che, però, vanno rafforzati. Quindi ecco l’ennesima spinta per un tetto massimo al prezzo del gas di matrice europea che appare sempre più irrealizzabile («Alcuni si oppongono perché temono che Mosca possa chiudere le forniture, ma gli eventi hanno evidenziato che questa possibilità ha dimostrato dei limiti») e qualche altro auspicio: «La commissione europea studierà la possibilità di slegare costi dell’energia elettrica da quelli del gas - ha attaccato, avallando la misura - è un legame che non ha più senso». Il cosiddetto “disaccoppiamento” però, va di pari passo con la necessità di continuare a riempire gli stoccaggi di gas liquefatto (oggi all’80%) e, con una stoccata ai partiti che hanno manifestato a Piombino, terminare i rigassificatori. «Se sarà realizzata nei tempi l’installazione dei rigassificatori l’Italia sarà in grado di diventare indipendente entro il 2024».  Il premier - accolto a Rimini dal presidente del Meeting Berhard Scholz - strappa applausi anche quando parla di fisco e tasse. «Il governo non ha aumentato le tasse - rivendica - eliminare ingiustizie non significa aumentare le tasse». Il riferimento in questo caso è alla riforma del catasto, concepita «per far emergere le case fantasma», e alla scelta di non approntare nuovi condoni. «Perché l’evasione non può essere né tollerata, né incoraggiata».

I PROGRAMMI
Per quanto Draghi provi a non politicizzare il suo discorso per evitare di entrare direttamente nella campagna elettorale appena iniziata, il gioco di sponda con cui punta il dito sulla pace fiscale cardine dei programmi del centrodestra appare piuttosto evidente. E lo diventa ancora di più quando l’ex governatore della Bce sciorina i provvedimenti della sua «agenda sociale» (sostegno delle famiglie con il taglio dell’Irpef e l’assegno unico, riforma dell’assistenza ai non autosufficienti e tutele per i giovani under36 che hanno potuto acquistare casa grazie alle garanzie dello Stato) sottolineando come per realizzarli non sia stato necessario «alcun scostamento di bilancio». «Prevediamo che il debito pubblico, dopo essere calato nell’ultimo anno calerà ancora del 3,8%» aggiunge. «Si tratterebbe del maggior calo di un biennio a partire dal dopoguerra». Il messaggio è chiaro: perché i mercati ci aiutino servono conti in ordine e credibilità. Proprio per questo del resto, spiega, «Centreremo gli obiettivi» del Piano nazionale di ripresa e resilienza «prima del cambio di governo». È l’eredità del premier. Una base importante da cui partire che però, inevitabilmente, non proteggerà il Paese da nuove avverse congiunture economiche, ambientali, sociali e geopolitiche. Senza drammatizzare troppo però: «Mi auguro che chiunque avrà il privilegio di guidare il paese sarà ispirato da spirito repubblicano - conclude - L’Italia ce la farà anche questa volta».

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